"La casa degli orrori"

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Sentiva nella testa il rimbombo del cuore che le impazziva nella gola. Temeva che quelli sarebbero stati i suoi ultimi battiti. Accasciata sul pavimento, schiena contro la porta, teneva il conto dei suoi respiri, che mai le erano sembrati così preziosi.

"Meggie, piccola Meggie, esci di lì" disse canticchiando una voce cupa che proveniva da fuori.

Quella cantilena le aveva agghiacciato il sangue. Anche se si trovava al buio, a Meg sembrava di vedere chiaramente davanti a sè il sorriso perverso e deturpato di suo marito Craig. Aveva fatto appena in tempo a chiudersi a chiave in quella stanza, mentre lui la inseguiva con un coltellaccio da cucina. Quante cose erano cambiate.

"Piccina non pensare di sfuggirmi o butterò giù la porta."

Meg pregò che questo non succedesse, o sarebbe stata davvero la fine. Scappare era la sua unica via di scampo. Non che non avesse mai tentato di fuggire fino ad allora, anzi, ma il risultato di quei tentativi ce l'aveva impresso sulla pelle sottoforma di cicatrici. Riprovare a scappare dalla pazzia di suo marito le incuteva un timore paralizzante, ma non aveva altra scelta. Così si avvicinò alla finestra e la aprì lentamente, ma le vecchie ante scricchiolarono sotto i suoi tocchi. Proprio quello che temeva. La voce di Craig tuonò in una risata folle:

"Scappa, scappa topolino, che tanto ti prendo"

"Oh Craig, ti prego, non scapperò, metti giù il coltello e verrò da te".
Pensava che in quel modo ci sarebbe cascato e avrebbe recuperato un po' di tempo. Infatti non aveva nemmeno finito di parlare che già si era lasciata cadere sull'erba del suo giardino: la finestra si trovava poco più in alto e saltare giù non le era stato difficile. Quella notte pioveva e tuonava forte. Il vento gelido fischiava impetuoso e le si insinuava nelle ossa. Ma era il suo animo a essere in tempesta, il resto non lo percepiva. Iniziò a correre. Sentiva in lontananza la voce odiosa di suo marito: "Ma certo, il coltello l'ho messo giù, ora esci"
Povero sciocco, aveva abboccato. Pensava che Meg si trovasse ancora in quella stanza buia, tremante di paura. Ma Meg correva verso la strada più veloce del vento. Libera.

Correva da più di tre quarti d'ora, senza sosta. La sua casa, la casa degli orrori, era ormai lontana. Si guardava alle spalle di tanto in tanto, sicura di aver sentito la voce di Craig che la minacciava, ma in realtà si trovava incredibilmente sola nella notte.
Era arrivata a una strada più larga, dove passavano molte macchine. Sentendosi più sicura rallentò il passo, fino a fermarsi sul marciapiede. Si sedette e prendendosi il viso tra le mani pianse lacrime di dolore. E pianse e pianse, finchè la testa non le fece male e cadde in un sonno inquieto ma profondo, conciliato dal picchiettio della pioggia intorno a sè:
non si accorse di due braccia forti che la sollevavano e la stendevano sul sedile di una macchina.

Si svegliò poco tempo dopo in un morbido, enorme letto, avvolta dalle coperte. Non ebbe nemmeno il tempo di pensare, che una voce vellutata arrivò alle sue orecchie: "Signorina?". Meg si mise a sedere di soprassalto, impaurita. "Dove sono? Chi s..." ma le parole le morirono in un attacco di tosse. Un uomo alto, dagli occhi scuri e i capelli ricci come i suoi le si sedette accanto: "Calma, calma. Rimettiti giù, hai la febbre alta" e le sorrise. Gli occhi verdi di Meg lo scrutavano sospettosamente, ma adagiò nuovamente la sua testa sul cuscino. "Ti ho trovata mentre dormivi sul bordo della strada sotto la pioggia, non potevo lasciarti lì tutta infreddolita e ti ho portata a casa mia. Come ti chiami?". L'aveva salvata. Quell'uomo l'aveva portata via dalla violenza, via dalla paura, via da tutto. Gli doveva la vita. "Meg. Mi chiamo Meg Stone." disse. Lui sorrise e le spostò una ciocca di capelli dal volto. "Io Michael, Michael Jackson".
Michael Jackson? Il cantante? Oh doveva aver preso una botta in testa. Michael, come se le avesse letto nella mente, rise: "Tornavo a casa da un concerto. E' stata una fortuna averti notata. Ti ho misurato la febbre, è a 39 e mezzo. Penso che non potrai tornare a casa subito". A Meg non importava chi fosse, l'unica cosa che le importava era che quell'uomo era il suo salvatore. Mai nella vita si era sentita così protetta. Istintivamente gli prese la mano e se la portò alle labbra: "Non tornerò mai più a casa. Non voglio"
"Adesso dormi. Mi racconterai tutto domani, quando starai meglio"
"Resta con me" pronunciò quella frase come una supplica.
"Resterò".

*ANGOLO AUTRICE*

Eccoci alla fine del primo capitolo! Spero che la storia vi incuriosisca. E' la prima volta che scrivo su wattpad, quindi mi piacerebbe essere incoraggiata con i vostri commenti! In caso contrario, le critiche e i consigli sono ben accetti!
Se volete contattarmi, il mio twitter è @chiaret99

Grazie!

-TERRY

Afraid|| A Michael Jackson story.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora