"L'ultimo bacio"

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3 mesi dopo

Michael era steso sul letto e guardava il soffitto da almeno un quarto d'ora. Erano quasi le undici, aveva le prove alle tre e non aveva chiuso occhio. Stava impazzendo. Il suo corpo sembrava non appartenergli più. Il dottor Murray gli prescriveva delle medicine che sembravano peggiorare solo la situazione, ma si fidava di lui.
In quel momento entró Meg, seguita da Prince, Paris e Blanket.
"Ciao amore mio" lo salutó Meg allegramente.
"Ciao stella..." rispose.
"Papá, come ti senti stamattina?" Chiese Paris. Era una meravigliosa bambina di undici anni. Il rapporto tra lei e Michael era indistruttibile.
"Sto bene piccola, sono solo stanco"
Blanket e Prince erano saliti sul letto, seguiti poi da Paris. Tutti e tre si accoccolarono vicino a lui, e Meg se ne andó in bagno per lasciarli un po' soli.
Prince prese la mano della sorella "Ahaha, quanto é brutto questo smalto"
"Zitto Prince! Guardati tu" rispose Paris, offesa
"Hai lo smalto che mette la nonna..."
Paris aveva perso la pazienza e diede un calcio al fratello.
Michael li rimproveró un pò scherzosamente, ma all'improvviso si fece serio.
"Non voglio che facciate così. Litigate per sciocchezze e adesso siete grandi" poi prese il visetto di Paris avvolgendolo nella mano: "Tu sei una piccola donna adesso amore mio... e voglio che tu mi prometta una cosa. Io non ci saró per sempre. E voglio essere sicuro che se mi dovesse succedere qualcosa tu ti prenderai cura dei tuoi fratelli. Me lo prometti Paris?"
"Si papá..." Lei lo guardava quasi intimorita: il pensiero che suo padre potesse lasciarla sola non aveva mai oltrepassato la sua giovane mente.
I tre bambini scesero dal letto, a turno gli diedero un bacio sulla guancia e andarono a giocare in salotto.
Meg aveva sentito dal bagno quella strana conversazione.
"Perché hai detto quella cosa alla bambina?"
"Perché volevo che me lo promettesse"
"Si ma perché le hai messo un problema che non esiste?"
"Non ci sarò per sempre Meg. Io sto male e davvero... potrebbe succedere qualunque cosa"
Meg si sedette sul bordo del letto al suo fianco: "Tu stai bene Mike. É solo un periodaccio"
"Un periodo molto lungo direi"
"Non importa la durata. Cos'é, pensi di morire? Beh, questa é una delle tue solite stronzate e non voglio che ti venga in mente un pensiero del genere. Hai un dottore che ti controlla 24 ore su 24 e dice che la tua salute é buona. Non ti basta?"
Lui sembrò essersi rincuorato e sorrise.
"Si, hai ragione. Che stupido che sono, andrá tutto bene, mi preoccupo per niente"
Forse non ci credeva davvero, ma sentirselo dire lo faceva star bene.
"Bravo. Sono qui con te sempre, non devi aver paura di nulla"
Le fece poggiare la testa sul suo petto e le massaggiò i capelli con una lentezza dolcissima.
"Lo so che ci sei. Poco fa stavo pensando... a tutte quelle volte in cui mi sono svegliato nel cuore della notte in preda agli incubi, all'angoscia, al dolore... aprivo gli occhi e tu eri giá sveglia per me, pronta ad accogliermi tra le tue braccia senza provare fastidio.Quando di notte ti vedo penso: Ogni volta che apro gli occhi, c'é sempre quest'angelo vicino a me"
Quelle ultime parole fecero commuovere Meg: " Davvero lo pensi?"
"Sempre"
Rimasero cosí abbracciati per un po'. Poi Meg si alzó per andare a fare un po' di shopping nattutino.
"Torna presto" si lamentò Michael.
"Torno in frettissima amore..."
Dopo un ultimo bacio la vide uscire.
Prese una penna e un foglio che si trovava sul comodino e iniziò a scrivere una lettera per Meg. Non c'era motivo di farlo, ma era un modo per sfogarsi e poi voleva che le rimanesse qualcosa di scritto. Terminato di scriverla la ripiegò e la poggió sul comó.
Poco dopo entrò il dottor Murray.
"Allora Michael, tutto bene?"
"Non molto. Lo sai, ho passato una nottataccia. Mi sento stanchissimo e tra un paio d'ore ho le prove, non so come farò"
Il dottore prese un respiro profondo e la luce nei suoi occhi cambiò: "Beh in questo caso... ho trovato la medicina che fa per te, la userò per farti addormentare un po'" teneva in mano una bottiglietta piena di liquido bianco latte con una targhetta blu che portava la scritta Propofol.
"Il propofol? Si ne ho sentito parlare. Lo usano in sala operatoria, é molto forte. Sicuro che io possa prenderlo?"
"Oh si, sicurissimo. Te ne inietteró giusto qualche goccia, così sará innocuo ed efficace"
Michael annuì. L'idea di dormire un paio d'ore gli piaceva.
Gli allungó il braccio e quando il dottore gli infilò l'ago nella vena strinse un po' gli occhi per il dolore.
"Ecco fatto"
Murray fece cadere nella siringa tre goccie di medicinale.... poi quattro, cinque, sei, un grammo intero.
"Conrad... é troppo..." biascicò Michael.
Guardò quell'uomo negli occhietti diabolici. Il viso era contratto in un ghigno: "É la quantitá giusta per un sonno molto lungo"
Le pupille di Michael si dilatarono per la paura. Capì tutto. Strappò la siringa dalla vena. Il respiro si fece pesante e le labbra aride. Il suo sguardo vagava in ogni angolo della stanza. Pensò ai suoi figli, li immaginó a giocare serenamente al piano di sotto. Pensò a sua madre, ai suoi fratelli e sorelle. Poi... pensò a Meg. Per ultima gli comparve davanti agli occhi. Gli sembrava di vederla ridere, di vederla felice, di vederla mentre lo chiamava... si voltò e vide anche la statuetta di bronzo della ballerina, che le piaceva tanto.
Poi non vide più niente.

Afraid|| A Michael Jackson story.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora