~Capitolo 3~

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Anche quella giornata era meravigliosa, pensò Dawn, ammirando dalla finestra l'alba che si rispecchiava nelle acque cristalline del lago. Erano passate ormai due settimane dal suo arrivo in quel paese e per fortuna aveva legato con tutti i dipendenti di Caroline ed anche con la donna, per quanto questa si sforzasse di non darlo a vedere. Tutto andava per il meglio, nausee mattutine a parte, anche se non riusciva a dimenticare le parole di Scott. Aveva udito tutto ciò che lui e Caroline si erano detti il giorno in cui questa lo aveva scacciato imbracciando il fucile, ed anche se non l'avrebbe mai ammesso apertamente, era rimasta molto ferita dal comportamento del ragazzo. Certo, sapeva che sarebbe stato difficile, soprattutto perché il rosso non aveva ancora realizzato appieno di star per diventare padre e le responsabilità che ciò comportava. Ma anche quando l'avrebbe realizzato, sarebbe cambiato qualcosa? Lei pregava la madre terra di sì, perché voleva davvero che suo figlio crescesse con un padre.

Si portò un mano al ventre e sospirò. «Farò del mio meglio, piccolino.» Promise.

Non si sarebbe arresa alla prima difficoltà ed alla fine l'amore l'avrebbe spuntata, se tutto fosse andato per il meglio... no!
Andrà tutto bene!, si disse.
Caricata della sua solita positività, scese in cucina per preparare la colazione. In quelle settimane lei e Caroline avevano trovato un equilibrio abbastanza solido, lei preparava tutti i pasti della giornata ed in cambio la donna le permetteva di continuare a soggiornare lì. Non era stato facile convincerla, visto che ogni volta che aveva tentato di aprire bocca per parlare la burbera anziana le ordinava di stendersi o sedersi, senza ascoltarla.
Ma alla fine era riuscita a spuntarla, come sempre.
Lanciò un lungo sguardo alla cucina, trovandola ancora deserta e senza traccia di un qualunque recente passaggio, quindi Caroline stava ancora dormendo e lei si era di nuovo svegliata presto a causa della nausee che, puntuali, ogni mattina la tiravano giù dal letto alle cinque.
Si avvicinò al frigo e tirò fuori un po' di pancetta, delle uova ed iniziò a trafficare con i fornelli. Le sarebbe piaciuto cucinare anche per Scott, ma difficilmente lui sarebbe stato d'accordo. Be', prima o poi avrebbe ceduto, ne era certa. E poi... lei cucinava davvero bene!

***

C'erano tantissime cose che infastidivano Scott, i ratti che camminavano per la cucina ad esempio, o la mancanza di birra in frigo; come in quel caso. Diede un calcio alla porta dell'elettrodomestico e masticò qualche imprecazione, aveva bisogno di alcol per superare quella giornata che di bello aveva ben poco.
Non aveva quasi chiuso occhio quella notte, la mente era stata di nuovo invasa da pensieri che riguardavano Dawn, il bambino e di quanto lui fosse uno stronzo senza spina dorsale. Inoltre, sapere che in paese non si parlava d'altro lo rendeva furioso e nervoso, non poteva evitare di recarsi lì per sempre e prima o poi avrebbe dovuto scontrarsi con le vecchie megere che aspettavano solo l'occasione buona per rimbeccarlo. Come se ora, dopo anni, si preoccupassero della sua educazione. Patetiche.
Si passò stanco una mano tra i capelli, e decise di recarsi alle stalle per dar da mangiare a quei poveri e pochi animali che ancora possedeva. Gli unici che non lo guardavano con disprezzo o giudicavano, anche perché a loro interessava solo ricevere la propria razione di cibo e poter brucare in pace l'erba che cresceva nei suoi campi abbandonati, non interessarsi della sua vita privata - comportamento che molti avrebbero dovuto imitare -. Per fortuna di erba lì ce n'era davvero molta...
Afferrò velocemente il cappotto dall'appendiabiti ed uscì di casa per dirigersi nelle stalle, e come al solito la decadenza di quel posto amplificò il suo cattivo umore. Ricordava ancora lo splendore di quella fattoria, da bambino si sentiva così felice e fortunato di vivere lì nonostante i suoi genitori, prima che ogni traccia di candida gioia lo abbandonasse.
Sua madre e suo padre non si erano minimamente preoccupati della gestione di quel posto, spendendo tutti i loro soldi in viaggi, alcol, gioielli ed altri vizi che sicuramente non avevano mai potuto permettersi. Ed alla fine, erano arrivati al punto di non riuscire nemmeno a pranzare. Il risentimento per i suoi genitori era palese e molte volte aveva pensato di lasciare quel posto, ma per andare dove se non aveva un solo spicciolo? Era già tanto che avesse convinto i suoi a mandarlo a Toronto per il suo ultimo anno di liceo. Aveva lavorato mesi per racimolare la somma necessaria al viaggio, ed una volta lì si era mantenuto facendo qualche lavoretto part-time. Non era stato facile lavorare per poter pagare l'affitto e studiare per riuscire a diplomarsi, ma ce l'aveva fatta - con buoni risultati, tra l'altro -. Ed era proprio lì che aveva conosciuto Dawn, ricordava ancora l'esatto momento in cui i suoi occhi si erano posati su di lei; quel giorno era in ritardo per l'inizio delle lezioni ed aveva percorso il vialetto alberato della scuola con una fretta che aveva tentato inutilmente di celare. Era sempre stato brillante negli studi, anche se negli ultimi anni i suoi voti erano calati visibilmente e solo in quella città così lontana era riuscito ad impegnarsi di più, nonostante il lavoro, e non voleva rischiare che un ritardo influisse sulla sua media. All'improvviso, un lucente raggio di sole - così insolito per quel freddo giorno di dicembre - aveva attraversato le pesanti nuvole scure per posarsi sulla familiare testolina bionda che più volte aveva visto aggirarsi per il liceo. Ed era stato allora che i suoi occhi avevano incontrato la figura angelica della ragazza. Dawn se ne stava seduta contro un albero, gli occhi chiusi e l'espressione serena illuminata da quel raggio di sole sfuggito dal cielo. Le era sembrata un angelo, una creatura eterea scesa in terra per portare la pace. Era rimasto fermo a fissarla per molto tempo, dimenticandosi del ritardo, fino a quando lei non aveva aperto i suoi occhi grigi puntandoli su di lui e regalandogli un sorriso così dolce da ferirlo. Si era sentito sporco, indegno di quel sorriso così caldo e sincero, troppo corrotto per essere fissato da una tale creatura. Così, spaventato da simili emozioni, era scappato via sperando di non incontrarla mai più. Ma così non era stato, perché entrambi frequentavano il corso di botanica e si era ritrovato a parlare con lei più volte, troppe volte, scoprendo quanto la ragazza fosse forte nonostante il suo aspetto fragile. Come lui, anche lei era un'emarginata, tutti la etichettavano come "la squilibrata delle auree" proprio perché la ragazza affermava di poter leggere l'aura di una persona. L'aveva provato sulla sua pelle quello strano "potere" e doveva ammettere che la bionda aveva visto cose del suo passato che nessun altro sapeva, inquietandolo. Questo era stato uno dei motivi per cui aveva iniziato a trattarla con più freddezza del solito, riprovando per la prima volta dopo anni l'orribile sensazione del rimorso, ma Dawn non si era lasciata intimidire ed aveva continuato a parlargli e stargli vicino. Era così dolce e pura, ma allo stesso tempo forte e consapevole del male umano.
Non poteva restare lì, lui non aveva nulla da dare né a lei né al bambino, a parte i guai. E quel piccolo esserino che cresceva dentro di lei sarebbe stato etichettato come un poco di buono solo perché figlio suo, quindi l'unica cosa di veramente utile che poteva fare per loro era tenerli lontani da se stesso e da tutto ciò che lo riguardava. Ormai non era più in grado di amare ed alla fine quel bambino avrebbe finito per odiarlo, proprio come lui odiava i suoi genitori. Dawn, buona com'era, credeva davvero che sarebbe potuto essere un buon padre, ma si sbagliava. Doveva farle capire che la cosa giusta da fare per lei ed il bambino era andare via, lontano da lui e dall'oscurità che lo logorava dentro.
Entrò nelle stalle con un macigno nell'anima, ma si disse che era causato solo dall'amarezza e dal disgusto verso se stesso. Non era mai stato in grado di farsi amare, per quanto ci avesse provato, ed avrebbe trasmesso quella maledizione anche a suo figlio, l'avrebbe corrotto e non poteva. Il muggito delle mucche gli ricordò che aveva un lavoro da fare e non poteva perdersi in simili pensieri in quel momento e né mai, in verità.

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