~Capitolo 10~

2K 148 61
                                    

Capitolo 10

Io ti amo, Scott. Ti amo da sempre, dal primo giorno che ti ho visto seduto in classe, ma prima di oggi non mi sono mai resa conto di quanto fosse forte questo sentimento. Se ti fosse accaduto qualcosa, io ti avrei seguita perché la mia vita senza di te non esiste.

Quelle parole si ripetevano ancora e ancora nella mente di Scott, lasciando al loro passaggio milioni di emozioni e sensazioni sconosciute. Si sentiva stranamente felice, incredibilmente euforico ed anche leggermente sollevato ma non riusciva a capire da cosa fosse scatenata quest'ultima emozione. Dawn era ancora avvinghiata al suo petto, il suo corpo era scosso da leggeri tremolii e dovette combattere con tutto se stesso l'impulso di stringerla tra le braccia e farle promesse che non avrebbe potuto mai mantenere. Il desiderio di arrendersi a lei, al suo profumo di camomilla, alla dolcezza della sua pelle era forte ma non poteva e non doveva cedere alla tentazione che lei era.

Una parte di lui gli stava gridando che invece poteva, dopo tutto quello che aveva passato nella vita si meritava la ragazza che lo stringeva così forte da toglierli quasi il respiro, si meritava il suo amore ed i suoi sentimenti. Ma l'altra, quella a cui Scott aveva sempre dato ragione, gli ordinava di spingerla via e rifiutare quei sentimenti perché avrebbero portato solo altro dolore e lui ne portava addosso ancora troppo.

Un tossicchiare imbarazzato gli fece alzare di scatto la testa. Le porte dell'ascensore erano aperte e tre persone, un medico e due anziani, li stavano fissando sorridendo. Scott allontanò gentilmente Dawn da sé e tendendola per mano la trascinò fuori.

«Scott?» la voce dolce e calma della ragazza arrivò come vento carezzevole alle sue orecchie, si sentiva parecchio strano in quel momento nei suoi confronti, avrebbe potuto fare qualsiasi tipo di sciocchezza e deglutì intimorito. Dopo tanti anni in un limbo grigio, era come se milioni di colori fossero esplosi davanti ai suoi occhi confondendolo e meravigliandolo al tempo stesso. Nonostante avesse fatto finta di nulla, l'incidente di qualche ora prima aveva scosso anche lui; nell'istante in cui il furgone era passato accanto al suo corpo e a quello di Theresa si era chiesto cosa sarebbe successo se lui fosse morto e ciò che aveva capito l'aveva scioccato. Solo qualche mese prima avrebbe alzato le spalle, pensando che morire lo avrebbe soltanto reso libero, invece quando aveva pensato a Dawn e al bambino... pensare di non poterli più vedere e proteggere lo aveva terrorizzato, al punto da fargli sentire le lacrime pungergli gli occhi dopo anni. Si era dato dello stupido per quello, del poppante, ma insultarsi non cambiava ciò che provava.

«Scott, dove stiamo andando?» di nuovo la sua voce lo scosse.

«In un posto» rispose vago, cercando con lo sguardo la direzione che avrebbe dovuto prendere.

Capì di essere nella direzione giusta quando si ritrovò in un corridoio pieno di donne in evidente stato interessante. Molte di loro erano accompagnate dai mariti o dai compagni, altre dalle proprie madri o amiche. Solo una ragazza se ne stava in disparte, completamente sola, aveva lo sguardo chino ma riuscì comunque ad intravedere due vistose occhiaie. Era evidente che non riposasse bene ed era anche piuttosto magra, a Scott fece pena ma si ammonì subito: lui odiava la pena altrui quindi odiava anche provarne. Di sicuro non avrebbe aiutato la ragazza con quella e la poverina aveva un evidente bisogno di aiuto.

Probabilmente era stata scaricata appena aveva scoperto di aspettare un bambino, il classico ragazzo stronzo. Certo, lui non poteva giudicare nessuno, ma almeno si era assunto le proprie responsabilità. Immaginare che al posto di quella ragazza avrebbe potuto trovarsi Dawn gli contrasse dolorosamente lo stomaco e automaticamente strinse la mano della ragazza.

Aveva fatto bene a non dare ascolto alla vocina che gli aveva suggerito di fregarsene, la sua coscienza non avrebbe retto ad una vista simile. Fu riportato alla realtà quando si rese conto che tutti stavano fissando sia lui che Dawn, in piedi al centro del corridoio come due allocchi, e per la prima volta in quindici anni si sentì arrossire. Tossicchiò imbarazzato e si accomodò con la bionda su una delle panche libere, lasciò la mano della ragazza ed iniziò a schioccarsi le dita per concentrarsi su altro che non fosse lui, al centro di una sala d'aspetto circondato da donne con gli ormoni impazziti peggio di una maionese fatta coi piedi. Stava già iniziando a pentirsi di quella scelta impulsiva, ma non poteva andarsene né l'avrebbe fatto perché ormai le sue scelte non riguardavano solo lui e le conseguenze che avrebbe potuto scatenare non sarebbero ricadute solo sulle sue spalle. Sospirò ormai arreso e si massaggiò il collo, stravaccandosi sul sedile in plastica, scomodo e freddo.

Call from HeavenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora