New place, new life

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settembre era alle porte, e nonostante siano già passati tre mesi dal mio arrivo in questo piccolo paese del sud, ancora non mi ero ambientata. mi mancava tutto della mia vecchia vita: la mia casa, la mia stanza arancione pastello ricoperta di poster della mia band preferita, la mia scuola, ma soprattutto mi mancava la mia migliore amica.

chloe ed io ci siamo conosciute all'età di tre anni poichè frequentavamo lo stesso asilo, ma non avrei mai immaginato che saremmo state cosi vicine l'una con l'altra nel corso della vita. ricordo ancora quando mi chiamò in lacrime dopo la separazione dei suoi o quando mi ospitò a casa sua per un paio di settimane dopo la morte di mia madre; e come potrei scordare quando ci siamo tinte i capelli di nascosto, io di rosso e lei di nero, o quando la prima volta in discoteca ci siamo prese una tale sbronza che i nostri rispettivi genitori decisero insieme la punizione che avremmo dovuto scontare a casa.

una lacrima percorse il mio viso cadendo proprio sulla pagina del libro che avevo appoggiato sul letto, ancora costellato di vestiti da mettere in ordine nel nuovo armadio. stavo per afferrare un fazzoletto dal pacchetto sul comodino quando un urlo mi fece sobbalzare.

"skylieeee! vieni un secondo perfavore!"

era papà. tirai su col naso, mi asciugai gli occhi con il palmo della mano e lo raggiunsi in cucina.

"che c'è papà?"

"senti tesoro, per cena vorrei ordinare delle pizze visto che è sabato. vai tu alla pizzeria? quella di john che la fa buonissima" mi disse mentre preparava la tavola.

"mmh okay per me va bene. spero di non perdermi" dissi impacciata.

"troppe responsabilià eh sky? nuovo posto nuova vita, ora che non c'è grace credi che sarà diverso?"

abbassai lo sguardo per un istante per impedire alla valanga di lacrime di ricoprirmi il viso, poi alzai la testa e dissi:

"si credo che sarà molto diverso, ma dovrò farci l'abitudine"

poi mi fiondai fuori di casa.

grace era mia sorella maggiore, aveva qualche anno più di me, ma a differenza mia lei aveva un ragazzo, un lavoro, una casa, una macchina e stava per laurearsi a pieni voti. per questi motivi lei non partì con noi, ma rimase al nord per raggiungere l'apice della sua carriera di chirurgo. come sorelle non eravamo il massimo, litigavamo molto spesso, ma quando dovevamo collaborare eravamo due socie perfette. ogni quattro mesi grace veniva a trovaci, forse è per questo che sentivo meno la sua mancanza, anche se non mi ero ancora inoltrata nella parte della figlia unica.

mi tolsi le cuffie dalle orecchie ed entrai in pizzeria.

john, il proprietario, mi accolse calorosamente. sorrisi ed ordinai due margherite.

durante l'attesa osservai la sala da pranzo, era ricca di tavoli ma c'erano solamente due famiglie e un gruppetto di amici seduti vicino a delle piccole piante grasse che circondavano la finstra.

guardai le due famigliole con grande invidia; mi ricordai quanto mi piaceva cenare al ristorante con mamma, papà e grace. tutti insieme. ma da quando mamma era morta tutto ciò non era più possibile.

visto che di tristezza ne avevo già accumulata troppa, girai lo sguardo verso il gruppo di ragazzi. erano nettamente diversi da quelli del nord, forse più semplici. li scrutai uno ad uno di nascosto, facendo la disinvolta con il telefono, sfogliando la galleria stra colma di foto di zac efron. quando rivolsi nuovamente gli occhi verso il gruppo, incrociai lo sguardo con uno di loro. era un ragazzo dai capelli castano chiaro, un accenno di barba e due occhi azzurri penetranti.

l'attimo imbarazzante fu interrotto da john, che mi consegnò le pizze come su richiesta. pagai il conto il più in fretta possibile e in un baleno fui fuori dal locale, notando però che gli occhi del ragazzo ancora mi seguivano.

mi avviai verso casa con i cartoni delle pizze nella mano destra, il cellulare nella mano sinistra e quei maledetti occhi blu in testa.


The sky in our eyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora