//Cuatro//

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-Non hai segnato, quindi niente focaccine.-
Affermó Diana, con decisione.
-Ehi, così non vale! Il patto diceva che mi avresti dato le focaccine nel caso di una vittoria del Manchester City, e guarda caso, abbiamo vinto 1-0.- Sbuffó Sergio, corrucciato.
Quando aveva vinto la partita, la prima cosa che aveva fatto, era stato scrivere a Diana.
Era stato piuttosto divertente ricevere la sua risposta indignata, ed era ancora più divertente constatare che la ragazza non aveva nessunissima intenzione di cambiare atteggiamento.

-Avete sicuramente barato! Dai, dovevano dare un rigore a Schweinsteiger!
Arbitro venduto.- Borbottò la ragazza, con ancora indosso la maglia di Rooney.

Sergio non riuscì proprio a trattenere una risata di frinte alla serietà della vicina.
Sembrava proprio uno di quei ragazzi che se la prendeva con l'arbitro se la proprio squadra perdeva.
Risata per cui si beccó un'occhiataccia da parte di Diana.

-Vedi? Non te le meriti le focaccine!-Esclamò, osservandolo con aria truce.
Poi sbuffó, chiaramente infastidita, e rientró in casa per prendere le focaccine.

[...]

-Spiegami una cosa, perchè ti chiamano el kun?- Domandò Diana, passandosi una mano nei suoi capelli color argento.

Sebbene fosse una tifosa del Manchester United, e del calcio in generale, proprio non riusciva a seguire tutti i clichè che c'erano dietro.

Proprio non le interessava sapere i soprannomi, la vita amorosa o le intolleranze dei calciatori, ma ora che parlava spesso con Sergio, aveva imparato a vederlo più come un probabile amico che come un calciatore.

Sergio diede un morso alla deliziosa focaccina alle olive,e deglutì.
Gli avevano fatto quella domanda così tante volte, che quasi si stupì che la ragazza non sapesse la risposta.

- Fin da bambino mi chiamavano "El Kun", dal nome del protagonista del cartone animato giapponese Kum Kum l'uomo delle caverne.- Spiegó il ragazzo con una scrollata di spalle.
In quel momento, Diana scoppiò in una fragorosa risata.
Sergio poté giurare che quel suono era terribilmente simile ad una cascata, tanto che ne rimase affascinato.
Si riscosse poco dopo, quando si rese conto di avere gli occhi di Diana puntati addosso.

-Beh, dai, pensavo di avere un soprannome ridicolo, ma fortunatamente ho trovato qualcuno messo peggio di me.- Borbottò lei, incrociando le braccia sotto il seno.
-Non é ridicolo, é semplicemente fantastico!- Esclamò Sergio, piuttosto colpito sull'orgoglio.
Adorava il suo soprannome, tanto che ormai era quasi non era più abituato a sentirsi chiamare con il nome.

-Mi chiamano Didí...ed è osceno, quasi quanto 'Oh cazzo, mi sta bruciando la focaccia'.-Spiegó Diana, con una smorfia di disgusto dipinta sul volto.
Stavolta toccò a Sergio ridere.

-Diciamo che a soprannomi non sei messa molto bene, Norvegia.- Commentó il ragazzo, con un sorriso dipinto sul volto.

-Ecco quale soprannome mi ero dimenticata.
Norvegia.- Bofonchiò lei, emettendo un suono che era una via di mezzo fra una risata e uno sbuffo.
Non era legata al suo paese di origine, ma a causa del suo aspetto fisico, nessuno si beveva la palla che lei fosse inglese.
Inoltre, non era dotata del classico humor inglese.

-Suvvia, di che ti lamenti? Potresti andare in giro a vantarti che il kun ti ha dato un soprannome!-
Il vicino chiaramente scherzava, ormai era risaputo che lui non aveva affatto problemi di autostima.
Perché avrebbe dovuto averceli?
Poteva avere tutto ciò che desiderava solo schioccando le dita.
O meglio, quasi tutto.

-Idiota.- Borbottò Diana, senza nessuna traccia di cattiveria nella voce.
-Però mi vuoi bene.- Ribattè Sergio, con uno strano sorriso.
-Forse.-
E con questa ultima parola, Diana rientró in casa.
Dargliela vinta al vicino non era nei suoi piani.

-Senza forse, ne sono convinto!-Le gridò dietro Sergio.

Diana non si voltò ma sorrise.
E quel sorriso, valeva più di mille parole.

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