Il primo sollievo giunse con la certezza di non essere del tutto morta.
O almeno, non ancora.
Quando mi risvegliai, fui investita da una piacevole sensazione di calore, che mi sfiorò tutto il corpo, come in un abbraccio.
Sarebbe stata una sensazione ancor più piacevole, certo, se non avessi scoperto troppo presto che il tutto si trattava di una torcia accesa, le cui fiamme si avvicinavano disastrosamente al mio volto.
Mi alzai velocemente, allontanandomi da quella situazione.
Abbacinata dalle fiamme della torcia, un'enorme piattaforma di pietra liscia si distendeva sotto di me, per interrompersi bruscamente nel nulla, al di là della luce fioca del fuoco.
Un brivido gelido mi attraversò la spina dorsale quando valutai l'ipotesi che quella spianata di roccia potesse essere davvero sospesa nel vuoto: ai miei lati non c'erano pareti, e sotto di me, oltre quel sottile strato selce, si propagavano gli abissi.
Afferrai il manico della torcia, alzandomi dal pavimento levigato.
Mi sentivo stranamente riposata, priva di dolori, come se avessi dormito per tre giorni interi.
Mi lanciai uno sguardo sulle mani e sulle braccia; neppure un graffio. Nulla che ricordasse il labirinto, né le sagome oscure e allungate, simili a rettili dagli occhi di fuoco intenti ad avventarsi contro di me... nulla di tutto questo sembrava essere davvero accaduto, a giudicare dall'ottima situazione fisica in cui mi ritrovavo.
Probabilmente, potevo persino essermi sognata tutto.
Sospirai, guardandomi attorno: sembravo esserci soltanto io. Ancora una volta, dei ragazzi neppure l'ombra.
«Grenn!!» Urlai, le fiamme della torcia che, torcendosi come serpenti in trappola, illuminavano quello spazio buio. «Laila!»
La mia voce riecheggiò in un eco lontano, che si disperse nell'oscurità.
Faceva parecchio caldo, lì, mentre avanzavo lentamente.
Il tutto era dominato da un'atmosfera di candida purezza, che sembrò riuscire a disinfettarmi la mente da ogni offuscamento. L'aria sembrava, infatti, essere davvero eterea, incorporea: non aveva odore, non era appesantita da altre puzze o checchessia.
Sapeva soltanto di... be', di aria. Come quella dei paesi incantati narrati nelle favole.
Peccato che tale circostanza non assomigliava neppure lontanamente ad una fiaba, mi dissi quasi divertita dall'idea.
Ad un tratto, persa fra i miei pensieri, notai che il terreno sotto di me iniziò a presentare sottili ed alti rilievi appuntiti, simili alle squame di un drago.
Quelle scaglie di roccia formavano una circonferenza ad imbuto, concentrandosi sempre di più verso il centro di quello spazio indefinibile, come se qualcosa di magnetico stesse attraendo a sé la roccia.
Sbuffai: iniziando a scalare quella montagnetta di piastrine tanto sottili quanto robuste, avvertivo l'aria appesantirsi ad ogni passo, fino a divenire quasi irrespirabile. Persino gli stessi rilievi divennero più caldi, come se in essi ribollisse sangue fluido e disumano.
Deglutii, alzando lo sguardo per farmi coraggio; dinnanzi a me, iniziavo finalmente ad intravedere il centro, seppur celato dietro molteplici riflessi di ombre maligne.
Un passo, due passi, e così via. Valutando bene dove mettevo le mani, salivo sempre più in alto, lasciandomi il terreno alle spalle, fin quando non giunsi finalmente a destinazione.