CHAPTER 8.

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Così il silenzio fu riempito dai ripetitivi scocchi delle nostre bocche. Che ci volevamo l'avevano capito pure i muri, tranne noi. Noi eravamo ignari del fatto, che ne bastava uno, un altro respiro, e il modo di far toccare le nostre labbra, sarebbe diventato una dipendenza. Dipendenze, ne esistono milioni, dalle più rare alle più comuni. Penso che quella nostra, facesse parte di una dipendenza rara. Il modo in cui le nostre labbra si scontravano, come si allontanavano per poi riprendersi, tutto ciò, era stupefacente, come ciò che lo suscitava. E non so perchè, ma dal primo giorno in cui i miei occhi incontrarono quelli del soldato, pensai che avessi ancora molto da scoprire su questi. Forse per il modo in cui camminava con quella sua uniforme, sicuro di se, portando fiero i distintivi di una scelta malsana e alquanto sbagliata per l'umanità, ma ero sicura che ci fosse qualcosa di più sotto quella corazza, spaventosa agli ebrei. Ne ero sicura, e forse questo sarebbe stato un inizio per scoprire ogni suo piccolo particolare, ora, ora che indossa solo dei pantaloncini ed una semplice maglietta nera, si beh, magari visto senza quella giacca e quei pantaloni, potrebbe sembrare un ragazzo veramente attraente. Peccato che io lo pensavo anche nelle sue vesti di soldato tedesco.

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Le scarpe di tela di Louis pestavano la strada, producendo un rumore ovattato che rieccheggiava insieme al vento di Varsavia. Ogni tanto qualche foglia si posava sul suolo, distraendomi dal cammino ogni volta che pensavo a quelle sui miei polsi. Pensai e ripensai al perchè dei rami sulla mia pelle, e mentre il mio sguardo si rivolgeva al suolo, cercavo di trovare una spiegazione a ciò, a cosa potrebbe essere successo per far si che avvenisse una cosa così strana. Soprattutto a me. Ma a non tutte le domande si può trovare una risposta. Ed io non ne avevo, e, penso nemmeno il soldato accanto a me.
"Louis?" sussurrai.
"Si?" chiese guardando avanti a se, non distogliendo lo sguardo quando per sbaglio gli calpestai un piede.
"Ehm, tu, sai per caso cos'è?" e mi schiarii la voce prima di pronunciare quella frase.
"Cos'è cosa?"
Come poteva cambiare umore in un battito di ciglia? Fino a poco fa stava quasi per strapparmi i vestiti di dosso!
Ma cercai di far finta di niente e mostrai il braccio, infreddolita.
"Oh, no, non lo so."
Mi morsi il labbro inferiore, sentendo il sapore del sangue quando lo strinsi più forte al suono delle sue parole. Posai gli occhi sul suo viso, per caso, e vidi la mia figura nei suoi occhi, più umidi degli oceani, sembrava quasi che stesse...Piangendo. Cercai di capire di più, portandomi a passo con le sue gambe, e guardandolo finalmente in quelle iridi. Ma non capivo, nessun singhiozzo, nessun respiro irregolare, nessun battito di ciglia, un'altra persona l'avrebbe scambiato per pietra o qualcosa del genere.
"Louis, ma stai..." azzardai.
"Non è vero." rispose deciso.
"Ma, cioè si, sembrava veramente che tu stessi piangen-"
"Ho detto che non è vero Hazel, cazzo, ascoltami quando parlo." Tuonò, voltandosi di scatto verso me e puntando i suoi occhi di fuoco nei miei spenti.
"Si, si, scusa."

Non mi sentì.

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Aprii con mano tremante la porta di casa mia, ripensando che da li a poco non lo sarebbe più stata. E quando il mio occhio cadde sulla chiazza rossa di sangue a terra, quello in circolo nelle mie vene si gelò, e un'altra fitta si fece spazio sul mio polso che presi con l'altra mano, per calmare il dolore. Louis mi guardava attento dalla soglia, non proferendo alcuna parola quando vide una lacrima solcare il mio viso fino a posarsi sul pavimento. A lui non importava, ne ero certa. Ero certa che una volta usciti da Varsavia sarei rimasta da sola, definitivamente questa volta. Ancora una volta cercai di farmi forza e mi spostai verso la mia piccola camera, subito notai il letto di mia sorella, ancora disfatto, presi un lembo di stoffa e l'avvicinai al mio viso, respirando ancora il suo odore. Quando anche il lenzuolo si macchiò di lacrime, mi diressi al mio armadio e afferrai quei pochi vestiti che avevo, infilandoli nella ridimensionata valigia di cuoio. Misi anche qualche fotografia della famiglia, e il libro che la mamma mi leggeva sempre da piccola, "The Green' story.". Lentamente la richiusi, sentendo il rumore grattato della cerniera. Tolsi le lacrime secche rimaste sulle mie guance con il dorso della mano, poi camminai ancora per quel corridoio che non avrei rivisto mai più.

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Ecco a voi il Capitolo 8.
Mi raccomando di votare per far salire Green in classifica.
Vi voglio bene ಥ ಥ

Green {Louis Tomlinson}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora