Quel barista affollò tutti i miei pensieri per giorni. Ero davvero molto arrabbiata con me stessa per essermi permessa di pensare a lui così tanto, ma purtroppo avevo scoperto che non potevo fermare o cambiare direzione al flusso dei miei pensieri.
Sono davvero patetica!
Il giorno in cui l'avevo incontrato era nata in me la consapevolezza che dovevo stargli lontana. Nonostante le avessi detto che per me era meglio star lontana da quel tipo Deborah non aveva demorso. Aveva continuato ad insistere perché andassimo a far colazione tutti i giorni nel bar in cui lui lavorava. La sua testardaggine non aveva fatto che alimentare la mia curiosità. La mia maledettissima curiosità.
"Bea smettila di fare la bambina! Ti ho solo chiesto di accompagnami al bar per fare colazione" urlò dando a pugni sulla porta della mia camera.
Aveva così tanto insistito da costringermi a chiudermi a chiave in camera per impedirle di trascinarmi lì con la forza.
"Deborah sii ragionevole"
"Porca miseria Bea quando hai intenzione di cominciare a vivere e comportarti come una ragazza normale"
Che male può farmi vivere un paio d'ore come facevano i miei coetanei?
"Ok ci vengo".
"Finalmente ti sei decisa"
Ora non esageriamo!
"Dammi un secondo per vestirmi e scendo"
Cercai nell'armadio un paio di jeans strappati che lei mi aveva regalato per lo scorso compleanno e ci abbinai una camicetta che avevo comprato in saldo da H&M. Raccolsi i capelli scuri in uno chignon disordinato e afferrai la borsa fiondandomi fuori prima di ripensarci.
"Andiamo!" le urlai avviandomi verso la porta mentre lei mi saltellò accanto.
"Sono così felice di rivederlo"
Beh...non mi entusiasmerei più di tanto
"Sei una pazza!"
"È per questo che tu mi adori" disse baciandomi e sporcandomi la guancia con il suo rossetto.
"Mi hai sporcata tutta la faccia"
"Esagerata"
Entrammo nel bar e mi sembrava già di avere addosso gli occhi di tutti i presenti.
"Datti una calmata! Sembri una maionese impazzita"
"È soltanto colpa tua"
"Non osare farmi sentire in colpa"
Mi trascinò al nostro tavolo e mi costrinse a parlare per un'altra mezz'ora di quel tipo. Non lo conoscevo neanche e già provavo un odio profondo verso di lui.
Devo per forza odiarlo con tutta me stessa.
Eppure qualcosa non mi sembrava andare per il verso giusto quando c'era lui nelle vicinanze.
Può essere solo odio quello che provo, giusto?
"Cosa volete ordinare?" chiese il belloccio disturbanti i miei pensieri.
"Vorremmo due brioche alla crema. Molta crema!" rispose ammiccando la mia amica.
"Torno subito" disse sorridendo.
Tornò qualche minuto più tardi con due ciambelle stracolme di crema per l'immensa gioia di Deborah.
"Che bontà!" esclamò la mia amica dandomi un calcetto.
"Piccola guarda che sei sporca" disse in tono scherzoso il ragazzo del bar.
Rimasi per un secondo sorpresa ma poi la rabbia mi assalì. Mi alzai e gli puntai un dito contro il petto. Il mio cervello non ragionava più lucidamente.
"Permettiti di chiamarmi di nuovo in quel modo e puoi ritinerti un uomo morto" urlai in preda ad un isterismo.
"Beatrice te la vuoi dare una calmata" mi urlò Debby tirandomi a sedere.
"Non è successo niente" disse il barista cercando di tranquillizzare i clienti del bar che si erano avvicinati per intervenire.
"Forse per te non è successo niente" urlai.
Ma cosa cavolo mi prende!
Perché non riesco più a controllare le mie emozioni?
"Piccola modera i termini" disse puntando i suoi occhi verdi nei miei "Ci siamo capiti?"
"Ti ammazzo" dissi iniziando a tirare pugni all'aria cercando di colpirlo.
"Beatrice datti una regolata" mi urlò la mia amica.
Avevo davvero esagerato se l'avevo spinta ad assumere il ruolo di quella matura e responsabile che di solito toccava alla sottoscritta. Tornai a sedermi con la coda fra le gambe sentendomi umiliata dal mio stesso atteggiamento.
"Scusala solitamente è una persona cordiale ma non so che le sia preso" si scusò Debby chiaramente in imbarazzo.
"Non ci sono problemi! Solo un favore cerca di tenermela lontana altrimenti mi dimentico che è una ragazza e le do una lezione" disse lui fissandomi in cagnesco e stringendo i pugni.
Il mio corpo mi costrinse ad alzarmi ed accettare la sfida.
"Forza andiamo fuori e vediamo chi da una lezione all'altro" gli urlai in faccia.
Sul suo viso comparve un sorrisetto compiaciuto che mi fece ribollire il sangue nelle vene.
"Ma fai sul serio? Bea non ti riconosco" disse la mia amica preoccupata.
"Tu non centri è una questione fra me e lui" le urlai.
L'espressione sul volto di Deborah mi fece rinsavire per un istante. L'avevo ferita e mi dispiaceva. Mi dispiaceva sinceramente molto.
"Ok andiamo allora"
Uscimmo dal locale seguiti da Deborah palesemente angosciata dall'evolversi della situazione. Solitamente non ero una ragazza favorevole alla violenza ma quel tipo riusciva a cacciare fuori il peggio di me. Mentre mi preparavo ad attaccare il mio sguardo fu catturato dal braccialetto. Quel dannatissimo filo di cotone mi ricorda qualcosa ma non riuscivo a ricordare con chiarezza dove l'avessi visto. Il barista mi colse impreparata e mi placcò ma non fu abbastanza intelligente da non permettermi di colpirlo al basso ventre. Allentò la presa per il dolore e io mi allontanai con passo svelto raggiungendo Deborah.
"Gli avrai fatto male" urlò la mia amica raggiungendolo.
"Meglio che gliene abbia fatto io a lui anziché lui a me"
Lei mi guardò confusa e cercai di farle comprendere le mie ragioni. La trascinai lontano per poter parlare in santa pace.
"Ecco ora che ha scoperto che sei una psicopatica penserà che lo sia anch'io" mi disse sconvolta.
"Davvero ti interessa così tanto quel ragazzo?".
"Sì mi interessa".
"Ok"
Mi avvicinai a lui seguita a ruota dalla mia amica iperprotettiva e paranoica.
"Senti tu non mi stai particolarmente simpatico" gli sbuffai con tono acido a poi chi centimetri dal viso.
"Me ne sono accorto".
"Ma sorvolando su ciò che è successo volevo sapere..." mi voltai verso la mia amica "Ti andrebbe di uscire con la mia amica?"
Deborah divenne paonazza.
"Certo" disse rivolto a lei.
"Mitico" urlò lei di gioia.
Una sensazione strana mi invase lo stomaco e dovetti allontarmi di corsa lasciandoli soli. Avevo bisogno di stare un po' sola per pensare con chiarezza a ciò che mi era successo. Spensi il cellulare e decisi di farmi una corsetta per scaricare la tensione. In realtà feci una vera e propria maratona dato che camminai velocemente per circa due ore. Non tornai a casa neanche per pranzare e non pensai minimamente di far avere mie notizie alla mia famiglia.
Tanto neanche si accorgeva della mia presenza
Rimasi seduta sotto un salice piangente e mi addormentai vinta dalla stanchezza. Il sogno che feci era vivido e reale come se fosse un ricordo. Stavo andando in bicicletta su una strada poco fuori città e il sole mi riscaldava la pelle. Doveva essere primavera perché l'aria era piacevolmente tiepida e i campi era in fiore. Qualcosa attirò la mia attenzione costringendomi a distrarmi per un secondo e la mia bici si bloccò in una buca facendomi cadere violentemente sull'asfalto. Non riuscivo a muovere la caviglia perciò rimasi seduta lì nell'attesa che il dolore si attenuasse o che qualcuno passasse di lì. Non mi toccò aspettare molto tempo perché qualche minuto dopo su quella strada passò un ragazzino più o meno della mia età. Aveva una bicicletta anche lui e appena mi notò accellerò pedalando più violentemente.
"Stai bene?" mi chiese quando mi raggiunse
"Sì ma la caviglia credo si sia rotta"
Lui mi afferrò la caviglia esaninandola attentamente. Sembrava così serio mentre mi toccava insistentemente in alcuni punti.
"Ti fa male qui?" chiese stringendo la caviglia.
Scossi la testa e continuai a fissarlo con adulazione. Era davvero il bambino più gentile che avessi mai incontrato. Alzò lo sguardo verso il mio viso e mi sorrise. Il mio cuore accelerò e poi si fermò di colpo.
"Come ti chiami? Io sono Christopher".
"Io mi chiamo Bea...mmm... il mio nome è Beat..." balbettai spaventata.
"Tranquilla non fa niente me lo potrai dire più tardi" disse cercando di mettermi a mio agio.
"Quanti anni hai?" chiesi di getto mossa da un'improvvisa curiosità.
"Ho dieci anni" rispose passandosi una mano tra i riccioli corvini.
"Anch'io"
"Vuoi che ti riaccompagni a casa?"
"Sì grazie".
"Riesci ad alzarti?"
"No non ci riesco"
Senza neanche pensarci le sue braccia mi circondarono e mi ritrovai sospesa da terra.
"Puoi mettermi giù!? Bastava solo che mi aiutassi ad alzarmi e sarei riuscita a zoppicare fino alla bici".
"Non fa niente e poi sei così leggera"
"Sono sicura di essere abbastanza pesante da farti male"
"Guarda siamo arrivati non hai bisogno di lamentarti".
"Ma..." mi interruppi improvvisamente perché mi stava fissando.
Sembrava trovare qualcosa di davvero affascinante nel mio viso. Mi veniva quasi da ridere per tutta quella strana situazione. Le sue dita scivolarono sul mio braccio mentre mi appoggiava delicatamente sul sellino della bici. Mi lasciò ma nonostante tutto non riuscivo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
"Posso?" chiese indicandomi le labbra e mi accarezzò la guancia mentre spostava una ciocca dei miei capelli.
Non ebbi il tempo di rispondere perché le sue labbra si posarono sulle mie. Fu un dolcissimo sfiorarsi di labbra, non nulla di più che un bacio a stampo, ma ancora adesso ho i brividi ripensando a quel ragazzo. Quello era stato il mio primo ed unico bacio ed era era una cosa importantissima per una ragazzina. Quando lui mi accompagnò alla porta di casa gli regalai un braccialetto di cotone rosso. Volevo ringraziarlo per la gentilezza che aveva mostrato nei miei confronti.
"Che carino"
"Ne ho uno uguale" dissi mostrandogli il polso sentendomi a disagio.
"Saremo legati per sempre"
"Per sempre"
Il giorno seguente ritrovai la mia bici ne la giardino. Sapevo che era stato lui a riportarla lì ma non l'avevo incontrato. Così spinta da una insulsa speranza ero tornata tutti i giorni, per un'intera settimana, nel posto in cui ci eravamo consciuti e avevo aspettato il suo arrivo. Ma non tornò mai. Pian piano capii che mi aveva abbandonto come tutti gli altri. Quella era solo una stupida promessa di due bambini che ancora non avevano fatto i conti con la vita reale eppure in tutti questi anni non ho fatto altro che sperare incosciamente che lui tornasse da me. Ma non avrebbe mai potuto rintracciarmi perché non gli avevo mai detto il nome. Mi svegliai singhiozzando e con la testa pesante. Il sogno sfumò lentamente lasciandomi intimorita.
È lui
Christopher era tornato dopo otto anni di completo silenzio. Ma non era più il mio Christopher. Per la precisione non era più lo stesso ragazzino che abitava i miei ricordi perché ormai era un uomo.
Uno stupendo e stupido esemplare del genere maschile
Era diventato uno stronzo, arrogante e prepotente.
Cosa mi succede?
Non potevo essermi presa una cotta per quel ragazzo.Spazio dell'autrice
«[...] Il controllo è solo una parola flessibile per me
qualcosa che pensavo di possedere [...]»Beatrice aveva affinato la sua tecnica del controllo per evitare di incappare in ostacoli inutili. Nessuno poteva farle perdere il controllo sulle sue azioni e su i suoi pensieri. Lei era in grado di controllarsi e controllare. Quel controllo le permetteva di non andare definitivamente in pezzi. In tutta la sua vita mai nulla l'aveva turbata al punto da farla esplodere. Mai nulla le aveva impedito di continuare a camminare per la sua strada infischiandosene dei giudizi delle altre persone. Nulla poteva scalfirla. Nulla tranne quei due occhi verdi che avevano fatto crollare il suo autocontrollo. Quando tutti i muri che hai costruito in torno a te iniziano a crollare puoi startene lì a guardare i pezzi distrutti della tua vita o provare a costruire qualcosa di nuovo. In entrambi i casi qualcosa di certo non sarà più come prima.
Spero con tutto il cuore che la storia vi piaccia ❤... Un bacio con affetto la vostra kelalem
P.S.: Scusatemi per gli eventuali errori presenti nel testoLa citazione riportata è tratta dal testo tradotto della canzone che ho scelto di abbinare a questo capitolo che è «My Love» di Jess Glynne
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Vietato amarsi
RomanceCompiere una scelta potrebbe compromettere per sempre i piani che Beatrice ha per il suo futuro. Futuro che comprendeva una relazione stabile, un marito amorevole, una famiglia numerosa, una casa da sogno, un lavoro gratificante. Tutto ciò che di p...