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Le giornate mi sembravano interminabili, il tempo scorreva a rilento rendendo tutta quella solitudine insostenibile, ed iniziavo a provare nostalgia per vecchi tempi. Tutto quel tempo libero aveva permesso ai miei pensieri di volare in libertà. Nessuno a parere mio poteva resistere a tutto quel silenzio, probabilmente non giocava a mio favore il fatto che avessi sempre vissuto da sola, era diventato con il passare degli anni sempre più difficile convivere con la solitudine. La situazione iniziava a pesarmi. Erano passati diversi giorni da l'ultima volta che avevo parlato con qualcuno. Nell'ultimo periodo era quasi diventato in possibile mettermi in contatto con la mia miglior amica e così pian piano mi ero arresa.
Chissà se c'è qualcuno su questo stramaledetto pianeta che si preoccupa per me?
Ero stufa di essere tratta come una ruota di scorta, quella da cercare quando le cose vanno male e nessun'altro è disposto ad ascoltarti, avevo terminato tutte le mie riserve di pazienza.
Porca miseria ho una dignità anch'io!
Ero sempre stata convinta che mettendo sempre il bene altrui dinnanzi al mio qualcuno un giorno avrebbe ricambiato allo stesso modo e allora mi sarei sentita amata e accetta. Fino ad oggi avevo collezionato solo delusioni ed ora anche l'unica persona in cui avevo riposto la mia fiducia si stava allontanando da me. Mi sentivo tremendamente sola. Non ero mai riuscita a liberarmi dei miei scheletri nell'armadio e ora non sapevo come affrontare la vita senza ignorare la loro presenza opprimente. La mia mente vagò dolorosamente verso alcuni ricordi che avevo preferito seppellire affondo nella mia memoria.

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"Le lacrime sono per i deboli, Beatrice, a noi persone di un certo spessore non è concesso mostrarsi deboli perciò smettila di frignare e inizia a crescere" sentii l'eco della voce rabbiosa di mia madre rimbombarmi nelle orecchie e ancora adesso quelle parole dette con una tale freddezza mi danno i brividi.

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Non sarei mai potuta essere una persona normale. Avevo sofferto tantissimo a causa del loro atteggiamento e ancora oggi non conoscevo le motivazioni che li spingevano a respingere l'affetto  della loro unica figlia. Ero così assoggettata al loro perenne controllo che da quel giorno non ho più versato neanche una lacrima. Provavo una rabbia cieca impossibile da ignorare e sentivo il disperato bisogno di sfogarmi ma nessuno era pronto ad ascoltarmi. Mi avvicinai alla finestra per controllare la situazione perché ormai erano passate diverse ore da quando la pioggia aveva cominciato a cadere incessantemente. Mi sembrò che il tempo fosse migliorato e decisi di approfittarne per uscire un po' a leggere. Ormai era diventato un rito quotidiano. Raggiunsi la mia postazione e mi dedicai esclusivamente a me stessa. Immergermi in un altro mondo sortì l'effetto desiderato e il dolore si allontanò lentamente dal mio petto. Ricomiciai a respirare. Nonostante i miei tentativi non riuscii a tenere il cervello impeganto molto a lungo.
Non sono io quella depressa ma è la mia vita a deprimermi.
Se neanche isolandomi dal mondo esterno riuscivo a sentirmi leggermente meglio significava che qualcosa non andava. Sentivo i nervi a fior di pelle e le mani erano in preda ad un tremolio incontrollabile. Cercai di darmi una calmata e concentrarmi su qualcos'altro. La prima cosa che mi passò per la mente fu capire come mai avevo scelto di leggere romanzo rosa.
Neanche so come ci si sente ad essere amati
La tempie martellavano, le vene pulsavano velocemente, sentivo che stavo perdendo il controllo della situazione. Non era da me.
Come posso sapere cos'è da me in un momento del genere? Abbandonai la mia inesorabile lotta contro le mie emozioni e lasciai che mi travolgessero. Sentii i miei occhi farsi pesanti e qualcosa di caldo pulsarmi sotto le palpebre socchiuse. Quando mi accorsi il mio viso era bagnate da calde lacrime salate mi sentii immediatamente più leggera. Iniziavo finalmente a comprendere perché alcune persone trovavano conforto nel pianto. Ogni lacrima portava via con se una parte dei miei problemi. Improvvisamente provai un sentimento di puro odio verso la donna che mi aveva fatto tutto questo. Quella donna che si definiva mia madre ma che non si era mai comportata da tale. Mi aveva costretta a vivere nella menzogna e nel dolore.
Come ha potuto farmi questo?
Mi aveva spinta credere che tutto ciò che faceva era volto al mio interesse, al mio bene, eppure ero sempre stata infelice.
Forse abbiamo un'idea diversa del bene
Sentivo le mani fremermi dalla rabbia e con un urlò disumano scaraventai il mio libro verso un albero. La rabbia mi abbandonò e improvvisamente sentii solo un enorme vuoto. Mi lasciai cadere sulla panchina continuando a singhiozzare rumorosamente. Affondai il viso tra le mani e mi concentrai sul mio respiro. Restano lì a considerarmi per un'eternità.

Vietato amarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora