Capitolo 4/That bloody guy

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- Goccie, pioggia, lampi, tuoni.

Lacrime, pianti, tremiti, urla.

Thomas era una tempesta: arriva lentamente ma poi distrugge il territorio su cui passa.

Non importava che avesse tutto, non importava che la sua vita sembrasse la migliore di tutte.

Sembrava,infatti. Perchè era l'esatto contrario.-

*

-Crepe sui muri della sua stanza. Quante volte aveva passato le sere a tirargli pugni, in qualche modo la violenza lo aiutava.

Quando colpiva quel muro immaginava suo padre, sua madre. Chiunque gli stesse rovinando la vita.

"Se la vita è fatta per vivere, Thomas, perchè alla fine si muore?" era stata sua sorella a fargli quella domanda e ancora lui non trovava risposta.

Un pugno, suo padre e il suo fantastico modo di nascondere le armi.

Un secondo pugno, sua madre e la sua incessante voglia di spendere soldi in qualche nuovo gioco.

Un terzo, perchè si muore?

Rispondi Thomas.

"Perchè non si vive mai realmente." -


Tutte le storie che si sentono sui boschi sono vere.

Il buio, la sensazione di essere seguiti, il vento che soffia come se parlasse, gli alberi tutti dannatamente uguali.

A Thomas sembrò di girare intorno da più di tre ore. In effetti era così.

Aveva visto lo stesso albero più o meno dieci volte. Ma non volle arrendersi.

Doveva tornare indietro. Doveva tornare da Newt.

Continuò a pensare a lui, ai suoi occhi neri e profondi, ai suoi capelli così luminosi da far invidia al sole.

Ogni suo passo diventava un passo in più verso di lui.

Doveva farcela.

*

Una sirena.

Nonostante fosse lontanissima Thomas potè sentire quel suono fastidioso e piacevole, in quel momento.

Si fermò.

Il suono vicino, sempre più vicino.

Le sue gambe si mossero da sole e in un attimo stava correndo verso quel suono.

Voleva soltanto andarsene da lì.

Una figura, che riconobbe come lo sceriffo si avvicinò a lui e lo fece riprendere fiato.

"Ehi, ragazzo. Calmati. Ora ti portiamo in centrale e chiamiamo tua mamma, va bene?"

"No,no. Mia madre no. Io devo andare da Newt." Thomas respirava appena, la gola stretta, il cuore che batteva all'impazzata, un espressione a dar paura sul volto.

"Mi dispiace, ma vieni in centrale con noi." lo sceriffo lo prese per un braccio e lo indirizzò verso la macchina, per poi farlo salire.

Thomas potè soltanto eseguire ciò che gli veniva detto.

*

La centrale era il solito caos degli altri giorni: migliaia di persone correvano da una parte all'altra delle stanze cercando di risolvere chissà quale caso.

Thomas rimase colpito dalla quantità di incidenti che avvenivano in quella città che per lui era sempre risultata la meno pericolosa della Terra.

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