Capitolo 6

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Capitolo 6

- Scomoda -

Giro attorno a Venerdi accarezzando la corteccia con la mia piccola mano, il contatto con la corteccia umida non mi fa rabbrividire, è fredda come le mie mani. Lo sto aspettando, lo aspetto tutti i giorni perché ora ho paura, se ne andrà e io starò male, non voglio star male perché lui se ne andrà, non penso di dovermi sentire in colpa. Ho solo otto anni diamine perché penso a tutte queste cose? Infatti la mamma mi dice sempre che mi perdo troppo nei miei pensieri, non dovrei farlo, dovrei essere dolce e carina, con un sorriso sulle labbra e i capelli ben pettinati. A me non piacciono i capelli ben pettinati, mi si incollano alla fronte. Conto quanti giri faccio attorno alla mia quercia preferita fino a che non arriva Zack.

- Gira la testa dopo un po', prova - La mia voce è stridula e Zack sorride al mio tono di voce e mi si mette di fianco seguendo i miei passi, giriamo insieme attorno a Venerdì finché non sentiamo entrambi una sensazione di vomito pizzicarci la gola.

- Perché mi fai fare sempre queste cose? Un giorno mi ritroverò morto stecchito come queste foglie e la nostra povera Venerdì si sentirà in colpa - Rimango seduta a terra con le gambe distese, noto solo ora che tengo le ginocchia sbucciate, anche Zack ce le ha, sono carine le sue ginocchia, peccato che si sono rovinate, forse dovrei metterci dei cerotti.

- Venerdì non si lamenta delle attenzioni che le diamo, anzi ne è felice - Apro il mio zainetto rosso e caccio due cerotti da una piccola taschina che la mamma riempiva di cerotti e varie medicine, sa che sono una bambina che salta nelle pozzanghere.

- Alza il ginocchio - Sussurro facendogli notare che ho due cerotti in mano, lui capisce al volo ed alza il ginocchio verso di me, fa sprofondare le mani dentro le tasche del giaccone e poggia la testa contro il tronco. Ha tutti i ricci sparati verso l'alto e i dentoni da coniglio che si notano molto quando sorride. I miei sono piccoli, forse non sono normali.

- Ti sei messa a fare anche l'infermiera? - Scherza, io poggio la parte appiccicosa contro la sbucciatura e lui sospira per un attimo, gli brucia ma io sorrido dolcemente sperando di trasmettergli sicurezza.

- Tranquillo non ti stacco una gamba - Ridacchio io allungando l'altro cerotto verso la seconda sbucciatura, la sua mano mi ferma ed io alzo lo sguardo verso di lui.

- Anche se mi curi non rimarrò qui lo sai? - I miei occhi improvvisamente diventano lucidi, le lacrime spingono per uscire ma io mi strofino la mano contro al naso e lo guardo cercando di rimanere serena.

- Potrei staccartela sul serio la gamba così non te ne andrai - Soffio stringendo di poco la sua mano, la sua mano a differenza della mia è calda, guardo gli occhi di Zack che sono lucidi come i miei ed il naso rosso mi fa pensare a Rudolf la renna di Babbo Natale, quel pensiero mi fa sorridere, ma alcune lacrime mi scivolano sulle guance.

- Poi non ti piacerei più senza una gamba, non giocheresti più con me - Smuovo la testa e incominciamo a singhiozzare entrambi, ci stringiamo le mani forte, uno di noi dovrebbe essere forte abbastanza per affrontare questa situazione, ma non ci riusciamo siamo troppo piccoli.

- Giocherei sempre con te Zack, gamba o mano mancante sempre - E lui sorride, è strano come la nostra mentalità sia così differente da quella degli altri bambini, loro pensano a cose così inutili mentre noi siamo in un mondo tutto nostro, ce lo siamo creati e portati avanti ed è il mio posto preferito in cui passare il tempo.

- Ti voglio bene Astrid - I suoi occhi sono puntati nei miei, sono del colore dell'oceano, l'oceano che vedo sempre nelle cartoline che ci manda per posta la zia Macy, l'oceano che vorrei attraversare con Zack.

- Io di più - Gli faccio la linguaccia e lui mi si butta fra le braccia e ci stringiamo, io nel suo giaccone e lui nei miei capelli troppo ingombranti, ci stringiamo e ci aggrappiamo l'un l'altra, sentire che il suo calore mi fa stare così bene mi fa soltanto sorridere ancora di più, ma l'idea che tra poco non sentirò più questo calore mi terrorizza.

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