Capitolo 7

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Capitolo 7.

- Panico –

Esco fuori dall'aula come se non avessi più ossigeno nei polmoni, mantengo una mano contro al petto e respiro con la bocca spalancata, tengo lo sguardo fisso sui piedi perché sento tutti girare, ogni cosa gira, i piedi sembrano sdoppiarsi e il pavimento non si sta per un secondo fermo. Cammino via, lontano fuori dalla scuola, forse l'aria riuscirà ad entrarmi nel petto. Chiudo gli occhi e mi fermo davanti ad un muretto di mattoni respiro col naso e quando apro le palpebre la testa non gira più, forse ho avuto un attacco di panico, non ne ho idea, mi ricordo che la settimana dopo l'incidente ne aveva uno al giorno e sono stati i giorni più brutti di sempre.

- Astrid! – E' la voce di Olivia, ora cosa vuole? Dio lasciami in pace.

- Cosa!? – Mi giro verso di lei con prepotenza e lei smette di correre, rallenta e si ferma a due metri di distanza da me, penso che abbia notato il mio viso sconvolto, mi gratto le nocche della mano sinistra con rabbia, ogni volta che mi sento nervoso mi viene da prudere alle mani, come se avessi delle formiche sotto pelle.

- S... Stai bene? – Stringe la cinghia della borsa a tracolla e mi osserva, sembra lo sguardo di Roger quello che mi sta rivolgendo, il fatto è che non è Roger, non sono questi i suoi occhi.

- Perché non dovrei esserlo uhm? –Rispondo scocciata e ritorno a guardare per terra ritrovandomi una ciocca sul viso. Olivia fa tre passi verso di me e mi si ritrova proprio di fronte, mi poggia le mani sulle spalle ed io alzo il viso.

- Hai il ciclo per caso? – Sbatto più volte le palpebre non riuscendo ad afferrare il suo umorismo in questo momento, quindi mi strattono via da lei ed incomincio a camminare lontano. Fanculo, fancuto tutto io me ne vado, fanculo lo Psicologo, fanculo Olivia, fanculo Roger, fanculo a tutti quanti. Voglio correre a casa e farmi la valigia, andarmene il più lontano da questo posto. Perché devo star così male? Davvero merito tutto questo dolore? Tutto questo senso di colpa che mi tiene atterrata a terra. Mi ritrovo sotto a Venerdì a cui le do un calcio contro la corteccia, mi dispiace ma devo pur sfogare la frustrazione contro qualcosa. Tutta colpa di Trevor mi viene da pensare, è soltanto colpa sua, soltanto colpa sua. Mi accascio a terra e mi mantengo la testa, sembra uno di quei crolli nervosi che mi sono venuti i primi giorni dopo l'incidente. I pensieri mi stritolano il petto, stringono il cuore e mi spezzano le costole una ad una, dio e come brucia il petto, brucia così tanto che penso che qualcuno lo stia davvero perforando, ma ormai ho il petto bucato da tanto tempo il problema è che me ne sto accorgendo soltanto ora.

***

Do a calci un sassolino, una foglia mi vola proprio all'altezza del mio viso ma lo schiva, osservo il modo in cui finisce per terra ed infine sotto la scopa dell'uomo delle pulizie della scuola, non so perché sta spazzando le foglie in pieno autunno, dovrebbe essere proibito raccogliere le foglie ad Ottobre, servono per rendere il paesaggio più confortevole e toglierlo significherebbe lasciare soltanto il freddo e il gelo a farla da padrone. Nascondo il naso sotto la sciarpa a quadroni di Zack che mi riscalda per metà il collo e il viso quando vedo una testa bionda a me familiare e finalmente è arrivato. Lo aspetto di fronte ai muretti dietro alla palestra dove normalmente si gioca a squash, lui mi guarda e mi sorride, con la sua camminata troppo fiera mi fa sentire a disagio ma c'è la sua faccia che mi fa sentire un po' meglio, perché il suo sorriso mi fa sentire a mio agio.

- Su vieni che ti porto al caldo – Ridacchia Trevor notando che sto tremando e io gli vado subito incontro agganciando il braccio con il suo, cercando più calore possibile.

- Devi chiedere a tuo fratello di comprarsi una sciarpa di lana e non una di cotone, sto per morire di ipotermia – Gli rispondo imbronciata, lui ha un ghigno sulle labbra, penso che ci sia nato con questo ghigno, non ho mai visto la sua espressione cambiare.

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