"Signorina! Signorina si svegli, siamo arrivati!". Sentivo qualcuno che con delicatezza strattonava la mia spalla. Di colpo mi svegliai spalancando gli occhi come se fossi da poco uscita da un sonno lungo decenni. Credo proprio di aver dormito per tutto il viaggio, la rivista era per terra assieme alle cuffiette. Mi sentivo alquanto disorientata, era quasi buio e non riuscii a vedere nulla dal finestrino. La mia borsa era ancora li, gettata alla rinfusa sulla poltrona accanto alla mia.
"Finalmente si è svegliata! Ancora qualche minuto e avrei chiamato i soccorsi!" Disse l'autista tirando un respiro di sollievo.
"Mi scusi, non volevo recarle disagio. Scendo subito" dissi con aria imbarazzata.
Ancora per una volta ero riuscita a creare confusione come al mio solito. Scesi dall'autobus e indossai il giubbotto a jeans, presi le valigie e uscii dalla stazione degli autobus di Seattle.
Quando misi piede fuori iniziai a guardarmi attorno, era tutto completamente diverso dalla mia piccola oasi. Non c'erano prati, ne alberi, sabbia o mare. Ovunque mi girassi vedevo solo giganteschi grattacieli, maxischermi e colate di cemento. Negozi di tutte le entità per le strade e gente che correva qua e la, tutti di fretta, in giacca e cravatta o in vestiti alquanto bizzarri. Mi sembrò la città degli imprenditori e delle segretarie e per qualche minuto mi sentii smarrita e disorientata, quello non sembrava affatto essere il mio posto. Io ero abituata al caldo, al sole, agli spazi verdi e aperti. Dov'erano le piccole oasi che tanto amavo? Pensieri su pensieri si accumulavano dentro la mia testa, non riuscivo a pensare ad altro se non al fatto che Seattle non era il posto in cui sarei voluta essere in quel preciso momento. D'un tratto iniziai a sentire delle piccole gocce d'acqua cadere dolcemente sui capelli, ma dopo pochissimi secondi venne giù il diluvio. Era solo settembre e veniva giù una pioggia tremenda come se già si fosse in pieno dicembre. Il sole era completamente scomparso, il cielo era grigio e non vi era luce se non quella artificiale. Cercai un riparo in attesa che la ragazza che mia madre aveva contattato venisse a prendermi.
Il tempo passava ed ero sempre più sicura che questa ragazza si fosse dimenticata di venirmi a prendere, alla fine non sapevo niente di lei, ne chi fosse ne come si chiamasse. Mamma era alquanto spaventata all'idea che andassi a vivere da sola, iniziò a pensare che potessi smettere di mangiare, diventare magra, deperire, non curarmi e intraprendere relazioni occasionali una sera sì e l'altra pure. Lei ha sempre viaggiato tanto di fantasia, avrebbe potuto fare la scrittrice, così per poter stare più tranquilla decise di cercare qualcuno che come me si trovasse a frequentare la mia stessa Università. Si misero in contatto telefonicamente e dopo pochi giorni decisero tutto, sembravano grandi amiche che si risentivano dopo tempo.
I miei pensieri vennero bruscamente interrotti da uno spintone.
"Ai!" Dissi barcollando.
"Scusami, non mi ero accorto della tua presenza." Disse questo ragazzo con aria alquanto sicura.
Feci un cenno con la testa come a volergli dire che non ci faceva nulla. Ricordo che Milly disse che non avrei dovuto dare confidenza agli sconosciuti, non potevo rompere la promessa in così breve tempo.
"Tu non sei di Seattle, vero?" Chiese sempre con aria sicura di se.
Non lo fissai in viso, ero troppo imbarazzata, così fissando la strada dissi: "Non sono di queste parti."
D'un tratto vidi un buffa ragazza correre sotto la pioggia. Indossava una tuta da ginnastica e devo dire che il suo abbigliamento sapeva tanto da ora di educazione fisica negli anni ottanta. Tra i capelli un'enorme fascia rosa che le teneva i capelli, tutti bagnati per via della pioggia. Si avvicinò a me, aveva il fiatone come se avesse fatto una gran maratona.
"Occhi verdi, capelli biondi.. Tu devi essere Ginevra! Vero?" Disse analizzandomi dalla testa ai piedi.
"Si esatto!" risposi titubante.
"Piacere, io sono Nina Wail, la tua compagna di casa e di vita da ora in poi! Vieni ti mostro la strada per andare a casa" si sporse dal marciapiede e portando due dita alla bocca fece un gran fischio. "Taxi!"
Un taxi giallo si fermò e salimmo in macchina, sembrò tanto una scena da film Hollywoodiano. Mi voltai per vedere se quel ragazzo fosse ancora li, ma era misteriosamente scomparso.
"Tua madre mi ha detto tutto di te sai? Mi ha anche mandato una tua foto e devo dire che dal vivo sei molto più bella! So che sei allergica alla soia e che non mangi le pere, odi i tubetti di dentifricio senza tappo, ti piace la cioccolata la domenica e che spesso accendi un bastoncino d'incenso. So anche che ti piacciono gli ambienti luminosi ed essenziali, ecco perché casa nostra ti piacerà!"
Ero sbalordita, sapeva più cose lei sul mio conto che io stessa.
"Vedo che hai parlato a fondo con mia madre." Dissi imbarazzata.
"Non potevo farne a meno, tua madre parla solo di te. Ti vuole molto bene immagino." Mi guardò negli occhi.
"Credo di si. Io e lei non tendiamo a dirci ti voglio bene molto spesso, però ognuna delle due sa che può contare sull'altra e viceversa." Dissi fissando fuori dal finestrino "Piove sempre qui?" aggiunsi ironicamente.
"Diciamo che quel po' di tintarella che ti ritrovi la perderai ben presto" Disse sorridendo.
Il taxi si fermo e scendemmo dall'auto, prendemmo le valigie e percorremmo un piccolo vialetto.
"Questa è casa nostra!" Disse aprendo la porta d'ingresso.
La casa era piccolina con un piccolo prato attorno. Sembrava di non essere più a Seattle, una piccola casetta con un prato e dei fiori. Sogno o son desta?
Entrai e rimasi a fissarla bene da dentro. Era piccolina ma nello stesso tempo molto spaziosa. Gli arredamenti erano belli e molto essenziali. Nel salone d'ingresso vi era un grande specchio a parete con un piccolo tavolinetto accanto, più in la poi dei divani e un televisore, ed in fine ma non meno importante una grande libreria piena zeppa di libri.
"Quanti libri!"
Lei tornò con un asciugamano avvolto sulla testa. "Mi piace molto leggere" disse fissando anch'ella i libri, poi si avvicino a me e tese la mano "Poco fa non ci siamo presentate per bene. Nina" le strinsi la mano "Gin".
"Gin?" Disse facendo una faccia buffa. "Si, nessuno mai mi ha chiamata col mio nome per esteso, hanno sempre abbreviato tutti così" dissi togliendomi il giubbotto.
"Vieni ti mostro la tua stanza". Presi le valigie e la seguii. Salimmo al piano di sopra e apri la porta infondo ad un piccolo corridoio. "Eccoci qua. E' molto essenziale ma portai arredarla come meglio credi, reputala casa tua." Disse appoggiandosi sull'uscio.
Entrai e posai le valigie per terra, inizia a guardarmi attorno. La stanza non era molto grande ma in compenso era molto bella. Era stata sicuramente ricavata da una piccola soffitta. Le finestre erano incavate nel tetto che finiva per toccare il pavimento. Il letto era posizionato tra le due finestre della mia camera e nella parete accanto alla porta vi era posizionata una grande scrivania angolare. Una porta poi mi collegava ad un bagno tutto mio. "Io adesso vado a preparare la cena, tu rilassati pure e fai come fossi a casa tua" Disse Nina chiudendomi la porta.
Mi gettai sul letto e iniziai a fissare il soffitto. I pronostici non avevano di certo messo in calcolo una casa così simile alla mia. Certo non c'era il mare e la sabbia, ma aveva comunque un suo perché, varcando quella soglia mi sentii improvvisamente, per un attimo lunghissimo, a mio agio. Doveva essere soltanto questione d'abitudine. Presi il cellulare e composi il numero della mamma.
"Oh Gin! Finalmente! Ero in pensiero!" mamma sembrava in preda ad uno dei suoi soliti attacchi d'ansia.
"Tranquilla mamma, sono da poco arrivata a casa."
"Allora? Com'è Seattle? E Nina? E' gentile con te? Cosa ne pensi della casa?" Iniziò a sparare domande a raffica.
"Calmati mamma, mi sembra di essere ad un interrogatorio della CIA. Comunque Seattle è molto diversa da lì. Qui piove ed il cielo e grigio come il piombo e poi tutti vanno sempre di corsa senza fermarsi mai, e ci sono grattacieli altissimi.
Nina è una ragazza molto simpatica, ma non ho ancora avuto modo di parlarle in maniera approfondita, la casa invece è molto confortevole e ricorda tanto la nostra."
"Sono felice! Sai, avevo paura che stessi ritornando a casa"
"Mamma! Non sono così codarda!" Dissi con tono seccato. Sbuffò in una risata.
"Hai già raccontato tutto a Milly e Alex?" Chiese incuriosita.
"Non ancora, anzi adesso chiudo, avviso loro e disfaccio le valigie."
"D'accordo, allora a presto. Ti voglio bene" disse con voce un po' tremante.
"Te ne voglio anche io" Dissi riagganciando.
C'eravamo lasciate senza versare una lacrima e parlando della mia verginità e adesso stavamo per piangere al telefono come quando facevamo le maratone di film con Titanic e Ghost.
Provai a chiamare Alex e Milly, ma entrambi avevano il cellulare staccato così mi feci una foto con la mia nuova camera alle spalle e allegai un messaggio: "Visto che avete staccato il cellulare vi mando una mia foto per dirvi che si, sono a Seattle, non sono scappata, nessun maniaco ha approfittato di me, gli alieni non mi hanno rapito e la matematica continua a non piacermi. Con affetto, Gin."
Posai il cellulare e iniziai a disfare le valigie. Posai i nuovi libri sugli scaffali accanto alla scrivania, misi i vestiti nell'armadio, attaccai le mie foto preferite alla tetto spiovente sopra il mio letto, posai la sveglia e la luce di lettura sul comodino accanto a letto, sistemai il mio bagno come piace a me e posai il mio pc sulla scrivania. Adesso che quella stanza era piena di cose mie mi sentivo ancora più a casa mia. Tolsi le scarpe e scesi giù, Nina era in cucina e canticchiava una strana canzoncina.
"Hai già sistemato tutto? C'hai impiegato solo un'ora!" Disse stupita.
"Credo di aver sistemato tutto si." Dissi imbarazzata sedendomi su di uno sgabello di fronte a lei.
"Vivi qui da molto?" Chiesi con voce un po' tremante, avevo paura mi rispondesse che non fossero affari miei.
"E' una storia un po' complessa. Vivo qui già da 5 anni." Disse continuando ad affettare la cipolla. Feci un cenno con la testa, non volevo essere invadente.
"Sei anni fa mia madre scopri che mio padre la tradiva da tempo con molteplici donne. In preda allo sconforto si mise al volante completamente ubriaca. Quella notte pioveva ed è finita fuori strada precipitando da una scogliera. Mio padre non si assunse mai la responsabilità dei suoi gesti, ansi, non si riteneva affatto responsabile ma in cuor mio sapevo che era tutta colpa sua se quella notte la mamma era ubriaca al volante. Con i mesi che passarono iniziai ad essere per lui una palla al piede ed essendo schifosamente ricco decisi di andare via di casa e lui accettò. Credo proprio che per lui sia stata più una liberazione. Vivo qui da quando avevo 14 anni. All'inizio avevo una domestica tutto il giorno, poi quando diventai più grande decisi di mandarla via e restare sola. Qui non mi manca nulla e adesso che sto per intraprendere la Seattle Pacific University voglio dare una svolta alla mia vita, riscattarmi. Per me, ma soprattutto per mia madre."
Wow. Era stato un racconto alquanto toccante. In poco tempo si era completamente aperta a me mettendo a nudo il suo terribile passato.
"Immagino non sia stato facile per te." Dissi completamente spiazzata da quel terribile racconto.
"All'inizio è stato difficile, ma adesso è acqua passata. So che mia madre non voleva abbandonarmi e proprio per questo la porto sempre con me. Prendi questo medaglione aprilo"
Senza esitare presi il medaglione che portava al collo e lo aprii. All'interno c'era la foto di una donna veramente bella. Nina e sua madre si assomigliavano molto. La loro carnagione era quasi dello stesso colore, olivastra direi. Anche il taglio degli occhi era molto simile, anche se quelli di Nina erano blu come il mare mentre i capelli erano identici, neri come la notte. Quasi due gocce d'acqua.
"Era proprio una bella donna, tu le somigli molto!" Dissi guardandola fissa negli occhi.
"Ti ringrazio. E tu? Tuo padre e tua madre sono felici della tua scelta?"
Rimasi in silenzio qualche secondo.
"in realtà io non avrei voluto lasciare la mia vita e le mie abitudini. Ma mamma ha insistito tanto e quindi spinta da lei ho deciso di affrontare e vivere questa nuova vita."
"E tuo padre? Che ne pensa?"
"In realtà io non ho conosciuto mio padre, non so neanche che faccia abbia. Mia madre mi ha raccontato come andarono le cose. Era il ballo dell'ultimo anno, lei era fidanzata con il capitano della squadra di Football e dopo essersi ubriacati hanno avuto rapporti sessuali per tutta la notte. Nove mesi dopo sono nata io. Mamma dice che quando venni alla luce ero già seria. Mio padre rifiutò di sposare mia madre e di mettere su famiglia, declinò ogni responsabilità e ci abbandonò".
"E' una cosa molto triste" Disse Nina con occhi lucidi.
"Credo sia meglio così. Ho vissuto momenti bellissimi con mia madre. Ho capito tante cose e mi sento alquanto forte nei confronti della vita."
Fece un sorriso compiaciuto e la nostra discussione venne interrotta dal suono del suo cellulare. Approfittai del momento per studiarmi la cucina e imparare a muovermi al suo interno. Di colpo torno "Allora, preparati perché dopo cena si va ad una festa!" Disse tutta entusiasta.
"Una festa? Non credo che sia una buona idea." Dissi un po' titubante.
"Vedrai, ci divertiremo! La cena è anche pronta, spero che ti piaccia! Si tratta di carne con pomodorini e patate."
Annuii con la testa e ci sedemmo a mangiare. La cena fu alquanto silenziosa ed entrambi seguivamo il telegiornale, poi di colpo Nina disse "Cosa indosserai questa sera?"
Nel campo della moda non ero per niente ferrata. Mi sono sempre definita una ragazza acqua e sapone, non ho mai amato vestire tutto punto con abiti pomposi e complicati.
"Jeans e Tshirt?" Dissi con un espressione un po' titubante.
"Non starai dicendo sul serio?" Disse Nina scoppiando in una risata. "Vieni ti presterò qualcosa io!" aggiunse trascinando via dalla sedia e su per le scale.
Mi diede dei vestiti e mi ordinò di essere pronta in meno di mezz'ora.
Mi chiusi in camera e andai in bagno. Lavai i denti, diedi una sistemata ai capelli e indossai i vestiti di Nina. Mi guardai allo specchio. Indossavo un vestito rosso alquanto bello. Non aveva spalline ma un corpetto a cuore che dalla vita in giù aveva un splendida gonna a ruota, e ai piedi misi un paio di tacchi neri, vertiginosi.
Quando uscii in corridoio vidi Nina, era splendida, indossava un elegantissimo vestito nero e oro velato, con una sottoveste molto lavorata. I suoi capelli erano fluenti, buttati tutti su un lato.
"Stai d'incanto!" Disse Nina guardandomi bene. "Adesso andiamo o arriveremo tardi." Aggiunse scendendo la scala.
Trovai delle difficoltà a scendere quelle scale che, anche se poche sembrarono i gradini di un grattacielo da cento piani. Uscii di casa e salii in macchina.
Era la mia prima uscita a Seattle e non nego che ero alquanto nervosa.
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I segreti di un vizio #wattys2016
RomanceGin è una giovane ragazza che lascia la sua città natale per affrontare la carriera universitaria a Seattle. È ingenua e schiva, intelligente e riservata. Sul suo cammino però, troverà un mondo a lei sconosciuto, fatto di vizi e racchiuso dentro una...