Capitolo 12: Affetti ritrovati

216 17 4
                                    

Quel silenzio si faceva sempre più insopportabile, carico di tensione, non riuscivo a comprendere il perché lui si trovava li in piedi dinanzi a me senza far nulla. Perché non parlava? Era forse intimidito dalla mia presenza? Certo non era il massimo vedermi appena uscita dalla vasca da bagno. Mi fissava e la cosa mi rendeva nervosa, mi irritava così tanto da farmi quasi perdere il controllo del mio corpo. Giocavo col mio labbro nella speranza di poter incanalare quella tensione in un movimento nervoso, ma nulla. Il mio corpo ormai era succube della sua presenza. Le mie gambe tremavano, il mio cuore batteva in maniera irregolare e la mia gola si faceva sempre più secca e arida, deglutivo a scatti come se per mandare giù la saliva avevo bisogno di aiuto. Lui stava ancora li, in piedi a fissarmi. Nessuno dei due aveva intenzione di fare qualcosa.
Poi di colpo tutto sembrò sbloccarsi, lui andava verso il frigorifero e io stavo cercando di raccogliere quel poco coraggio che ancora avevo per potergli parlare.
Prendendo una bottiglia di succo ai mirtilli si voltò verso di me "Ne vuoi?". L'aria con cui lo disse sembrava meno autoritaria del solito ma la sua sicurezza non era per niente diminuita.
"No grazie." Ero ancora molto imbarazzata per lo scenario in cui stavamo dialogando. Lui dentro la mia cucina ed io ancora con indosso un asciugamano.
"Credo di doverti delle scuse." Li il suo tono cambiava, non era più freddo e autoritario anzi sembrava quasi fosse in cerca di un perdono da molto tempo.
"Per l'irruzione da ladro in casa mia? O perché mi trovo ad ascoltarti mentre ho ancora indosso solo un asciugamano?"
Forse avrei dovuto rispondere in maniera diversa. Eric era sicuramente un ragazzo difficile da capire ma era li, e stava cercando in qualche modo di esternare un sentimento di scuse nei miei confronti. Avrei dovuto certamente smetterla di sbattergli la porta in faccia ogni qual volta sembrava calare la sua enorme muraglia difensiva.
"Scusami tu, non avrei dovuto dire queste cose." Dissi pentita della battuta che avevo precedentemente fatto. Non ero un granché nel campo della comicità.
"Non volevo prendermi beffe di te e della tua catenina d'oro ne tantomeno volevo sminuire il valore affettivo che essa ha per te." Disse posando il bicchiere di succo sul ripiano della cucina.
"Io non capisco quello che tu riesci a farmi, sei come una strega che ogni giorno aggiunge un ago alla bambola con sopra la mia foto. Da quando ti ho vista ho pensato che in te ci fosse qualcosa, quel non so che di diverso dalle altre."
Tutto si capovolse di colpo. Non eravamo più distanti ma in realtà molto più vicini di quanto non lo fossimo mai stati. Mi trovavo in trappola, lo le spalle al muro e il suo viso a pochi centimetri dai miei. La sua mano era appoggiata alla parete e il suo corpo era quasi contro il mio, l'unica cosa che riuscivo a guardare senza sbattere ciglio erano i suoi enormi occhi color dell'oro che sembravano ardere di passione.
"Certo che sono diversa, sono l'opposto di una ragazza moderna, guardami." Dissi senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
"Quello che vedo è diverso. Ciò che vedo ti rende... diversa, unica nel tuo genere."
Le sue labbra sembravano essere calde e molto vicine alle mie e riuscivo a sentire l'odore del succo uscire dalla sua bocca, il tutto tendeva ad essere alquanto invitante per me e per i miei sensi. Mise una mano in tasca e ne tirò fuori qualcosa tenendola dentro il suo enorme pugno, poi mi prese dolcemente per la mano togliendomi dalla parete e mi fece voltare.
Sentii cadere qualcosa do freddo e lungo sul mio collo e sul mio petto, mi guardai e con gran stupore vidi la mia catenina d'oro nuovamente al suo posto. Ero stupita e sbalordita, non avevo le parole adatte per riuscire a dirgli quanto grande fu la mia gioia nel rivedere quella collana. Mi ero sbagliata per l'ennesima volta, si era preoccupato di trovare ciò che io avevo perso con disattenzione.
"Come hai fatto a ritrovarla?" chiesi voltandomi e guardandolo negli occhi.
"Deve esserti caduta quando ti ho presa in braccio e messa in auto, era per terra sul tappetino." Disse prendendomi le mani.
Appoggiai la mia testa sul suo petto e chiusi gli occhi. Quell'istante sembrò durare una vita intera, mi sentivo felice e appagata, pronta a combattere le ingiustizie del mondo. Cosa significavano quei sentimenti? Perché riusciva a suscitarli soltanto lui?
"Perché sei così?" Chiesi senza togliere la testa da sopra il suo petto
"Così come?" chiese senza spostarsi di un centimetro.
"Prima sei freddo, poi mi travolgi, poi di nuovo distaccato e poi torni con quel fuoco negli occhi che ti contraddistingue in tutto. Cosa si cela dietro quel viso?"
Non mi rispose e rimase in silenzio per qualche minuto.
"Credo si celi l'uomo sbagliato per te." Disse quasi un filo di voce.
Alzai la testa per guardarlo negli occhi, la sua bocca diceva così ma il suo sguardo diceva tutto il contrario. Perché continuava a negare tutto? Perché non voleva ammettere che nonostante fossimo diversi io gli interessavo?
Di colpo poi, le sue labbra si posarono sulla mia fronte fermandosi in un lungo e caldo bacio. Quanto desideravo che quelle labbra si potessero posare sulle mie.
"Gin sono a... Scusate non volevo interrompere nulla... Perché ho interrotto qualcosa vero?" Nina era appena entrata dalla porta di servizio trovandosi davanti me con addosso solo un asciugamano ed Eric attaccato al mio corpo, che dolcemente mi baciava la fronte.
"Adesso vado." Fu di poche parole, prese la sua giacca e andò via. In quel momento metabolizzavo il fatto che comunque, con molta probabilità non lo avrei mai più rivisto e questo pensiero mi logorava il cervello come non mai, stava li a distruggermi.
Nina era ancora in piedi a fissarmi, aveva la faccia di una che si aspettava delle spiegazioni e certamente non aveva torto, ma era difficile per me poterle spiegare tutto in quel momento. Quando prese a camminare verso me le feci segno che avremmo parlato dopo tornandomene in camera mia.
Mi gettai sul letto e iniziai a pensare ma soprattutto mi sforzavo di capire come mai lui avesse deciso di comportarsi in tale maniera. Un ragazzo viziato non fa altro che cercare di ottenere quello che vuole mentre lui invece aveva appena gettato la spugna.
Cosa voleva significare tutto questo? Prima diceva che ero diversa e quindi interessante poi però di colpo gettava la spugna. Diventava sempre più difficile comprenderlo.
Sentii bussare alla porta della mia camera. "Avanti." Dissi senza alzarmi dal letto.
Era Nina. Entrando richiuse la porta alle sue spalle e si buttò sul letto accanto a me.
Restavamo entrambe li, zitte a non dire neanche una parola. Lei mi guardava e poi con dolcezza iniziò ad accarezzarmi i capelli ancora mezzi umidi.
"Ti va di parlarne? So che certe cose fanno male e non riescono a dire ma posso assicurarti che ti stai facendo ancora più male a tenerle tutte per te."
Non aveva tutti i torti, stavo lentamente logorando la mia anima e mi faceva male.
"Oggi si è presentato qui senza dire nulla. Quando sono scesa in cucina l'ho trovato li. Mi ha riportato la mia catenina d'oro." Dissi giocandoci sul mio petto.
"Quindi l'ha trovata." Disse lei con un filo di entusiasmo.
"Esatto, poi però dopo avermela messa ha detto che non è la persona adatta a me. Mi ha dato un bacio in fronte ed è andato via. Proprio come hai visto tu." Dissi voltandomi a guardarla negli occhi.
"Chi capirà questo ragazzo avrà fatto passi enormi nello studio della medicina, o degli extraterresti." Disse lei facendo una faccia buffa. Cercava di sdrammatizzare e non nego che ci era quasi riuscita. Aveva strappato dalle mie labbra un piccolo sorriso.
Di colpo un messaggio fece suonare il mio cellulare. Lo presi, era Milly.
Aveva allegato un video così lo aprii. "Buongiorno pigrona! Noi siamo già in viaggio da poche ore, o per lo meno io sono in viaggio, Alex è nel mondo dei sogni qui accanto a me. Arriveremo con un'ora di anticipo. Non vedo l'ora di riabbracciarti. Ciao!"
Avevo totalmente dimenticato che Milly e Alex stavano per arrivare.
"Che ore sono?" Chiese Nina con aria tranquilla.
"Appena le 9:30" risposi guardando il cellulare.
"E per che ora era previsto l'arrivo dei tuoi amici?" chiese fissandomi negli occhi.
"Per le 11:30 se non vado errata." Dissi sforzandomi di ricordare.
"Sveglia genietta, nel video la tua amica ha parlato di un anticipo dell'arrivo quindi, se sarebbero dovuti arrivare alle 11:30 significa che saranno qui per le 10:30."
Di colpo capii il suo discorso, ero in netto ritardo.
"Oh mio dio! Me ne ero completamente dimenticata!" mi alzai di colpo dal letto e iniziai a prendere dei vestiti dall'armadio.
Misi una blusa bianca, un paio di jeans e delle ballerine nere, legai i capelli dal un lato lasciando qualche ciocca libera dall'altro.
"Presto Nina andiamo!" Dissi iniziando a scendere le scale.
Il telefono adesso segnava le 9:50. Non saremmo mai riusciti ad essere puntuali.
"Andiamo con la mia auto!" Esclamò Nina prendendo le chiavi dal tavolino portachiavi.
"La casa è completamente in disordine, dovremmo dare una sistemata prima di uscire e poi nella tua macchina entriamo a stento io e te, certo è bellissima e fa gran figura ma dove pensi di mettere Milly, Alex e le loro valigie?" Chiesi in preda ad una crisi isterica. Era stata una sciocca a non progettare meglio l'arrivo dei miei amici a Seattle. Cosa avrebbero potuto pensare? Sicuramente che mi ero completamente dimenticata di loro e che non importandomene niente non avevo fatto alcunché per farli sentire a casa.
"Ti fidi di me?" chiese Nina prendendomi per la mano.
"In teoria..." Dissi con vena ironica.
"Allora andiamo!" disse uscendo fuori di casa.
Ci catapultammo in macchina a velocità supersonica e partimmo poco dopo.
Nina percorse un breve tratto ed entro dentro un edificio.
"Dove siamo?" Chiesi curiosa.
Quell'edificio era pieno di posteggi e saracinesche, aveva l'aria di un vecchio deposito abbandonato. Salimmo di qualche piano e ci fermammo dinanzi alla saracinesca numero 72.
"Ma cosa siamo venuti a fare qui?" Chiesi senza capire nulla.
"Scendi e vedrai." Disse lei posteggiando l'auto
Prese il suo mazzo di chiavi e pigiò uno dei qui telecomandi che aveva.
Quella saracinesca iniziò ad aprirsi, molto lentamente anche. Di colpo si accesero le luci e quando l'entrata fu del tutto aperta iniziai a vedere diverse automobili.
"Non vorrai forse dirmi che sono tutte tue." Chiesi guardandola quasi inorridita.
"mio padre ha una scarsa memoria, dimentica spesso il giorno del mio compleanno, così una volta ogni sei mesi mi manda in dono un'auto." Disse entrando.
Ero completamente sbalordita, se qualche giorno priva trovai iper lussuosa quell'auto con cui avevamo appena finito di viaggiare, non potevo fare a meno di dire che quelle dentro il garage fossero esageratamente iper lussuose.
Prendiamo questa, ci entrerà di tutto. Salimmo a bordo di un grosso Range Roover di colore bordeaux, lei richiuse il garage e prese il cellulare. Compose un numero e attese qualche minuto.
"Salve Ernesto, avrei bisogno di un favore. Ho la casa a soqquadro e devo ricevere visite importanti tra qualche ora, potresti pensarci tu?" - "Ottimo! A presto!"
Posò il cellulare e iniziò a guidare come una matta verso la stazione degli autobus.
"Ma si può sapere con chi parlavi al telefono?!" Gli chiesi ancora più incuriosita.
"Ti spiegherò tutto dopo adesso è troppo tardi!"
Quell'enorme macchina sembrava per lei essere un'utilitaria. Iniziò a sorpassare tutte le auto che avevamo davanti, i clacson impazziti della gente erano in realtà rivolti a lei, la lancetta del contachilometri sfioro i 130 ma lei non accennava a diminuire la velocità.
"Che ore sono?" chiese senza distogliere lo sguardo dalla strada.
"Le 10:22" dissi guardando il cellulare.
La lancetta salì ancora fino a toccare i 150.
"Capisco che tu non voglia farmi fare brutta figura con i miei amici però preferiscono avere un'amica in ritardo che un'amica morta in un incidente stradale." Dissi con aria nervosa ma ironica.
Scoppiò a ridere di colpo, poi si calmò e iniziò a decelerare.
"Quella è la stazione degli autobus. Siamo arrivati e con cinque minuti di anticipo."
Avrei voluti baciare l'asfalto scendendo dall'auto, non avevo mai visto Nina così spericolata al volante.
"Oh no!" esclamò lei
"Che succede?" ogni suo "Oh no" era sempre sinonimo di qualcosa di sciocco e demente.
"Non abbiamo portato qualcosa per farci riconoscere!" Disse tutta preoccupata.
"Dopo aver vissuto con loro per 17 anni penso proprio che mi sappiano riconoscere, non credi?"
Le mie parole non la convinsero, aprì la sua borsetta e tirò fuori un rossetto poi prese un foglio e scrisse sopra Milly e Alex.
"Lo sai che è una cosa alquanto ridicola vero?" Dissi io guardandola con una faccia buffa.
"Però è divertente." Disse guardandomi.
Entrambi scoppiammo in una risata, in fin dei conti non aveva torto poiché la sua idea era veramente buffa, così entrammo nella stazione degli autobus e iniziammo a metterci in fila esibendo questo foglio.
Eccoli poi uscire dopo pochi secondo dalle porte in vetro, Milly camminava con aria da comandante mentre Alex trascinava con se due valigie e un borsone al collo.
Milly mi corse incontro e mi salì addosso soffocandomi in un gigantesco abbraccio.
"Ma guardala la mia universitaria! Sei ancora integra!" Disse analizzandomi dalla testa ai piedi.
"Non sono in trincea" Dissi guardandola con un malo sguardo.
"Gin!" disse Alex lasciando le valigie. Anche lui corse ad abbracciarmi.
"Sono felice che siate qui!" disse prendendoli per mano. "Ma perché le valigie le porti solo tu?" Aggiunsi guardando Alex
"I gentiluomini esistono ancora" rispose Milly con aria da nobildonna
"Più che altro direi che mi ci hai costretto. Diceva che la spalla l'aveva lussata giocando a bowling."
Alex e Milly non erano cambiati affatto. Anche se non ero più con loro il rapporto non si era incrinato per niente. I miei amici erano li e mi sentivo al settimo cielo.
"Ragazzi, voglio presentarvi la padrona di casa. Lei è Nina." Dissi trascinandola per la mano. Quella fu la prima volta che la situazione si rovesciò, non ero io ad essere trascinata ma lei.
Si presentarono e presero quasi subito confidenza.
"Perché quel biglietto con i nostri nomi?" gli chiese Alex.
"Certe scene sono da film!" rispose Nina con occhi sognanti.
Scoppiammo tutti in una sana risata. C'incamminammo verso il posteggio e sentivo Milly e Alex lamentarsi perché nessuno dei due aveva portato qualcosa da mangiare.
"Che ne dite di pranzare fuori? Nina conosce un sacco di bei posti!"
"Certo! Perché no!" Esclamò Milly entusiasta.
"Dove lasceremo le valigie?" Chiese Alex.
Nina uscì le chiavi del Range Roover e l'aprii di colpo.
"Quell'auto è tua?" Chiese Alex sbalordito.
"Metti le valigie nel bagagliaio e poi sali." Disse Nina con aria ironica.
"Mi faresti guidare?" chiese Alex speranzoso in un si.
Io, Nina e Milly ci guardammo in faccia, quasi a voler concordare un'unica risposta.
"Se continui a parlare ti mettiamo nel porta bagli" rispose Milly.
Scoppiammo in una risata mentre Alex ci guardava con una faccia rassegnata.
Salimmo tutti in macchina e ci avviammo verso chissà quale luogo Nina aveva in mente. Quella giornata fu tutta una gran sorpresa.


I segreti di un vizio #wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora