Capitolo 21: Inaspettate sorprese

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Il suono della sveglia sembrò rimbombare per tutta la stanza, fu così squillante e diverso dal solito che di colpo aprii gli occhi. Certo che il suono della sveglia era diverso, non era la sveglia di Seattle ma quella di casa mia. Il mio viso fu subito illuminato dai raggi del sole, pur essendo novembre il tempo non era affatto cupo e uggioso; mi alzai e aprii la finestra lasciando entrare l'odore del mare dentro tutta la stanza, ispirai a pieni polmoni e mi sentii nuovamente a casa. Il rumore del mare che s'infrangeva sulla scogliera vicino casa era sensazionale; non erano clacson, non erano cellulari, non era asfalto ne cartelloni pubblicitari, era soltanto la mia piccola grande oasi di pace. Misi un jeans, una maglia e le converse, uscii dalla mia camera ed entrai in quella in cui dormiva Nina; mi gettai dolcemente sul letto e avvicinandomi al suo orecchio iniziai a sussurrarle delle frasi; "Pelandrona, svegliati su... Pelandrona, alzati...".
I suoi occhi si aprirono teneramente e rimase a fissarmi per qualche secondo.
"Che ore sono?" sussurrò con voce assonnata.
"Le 6 del mattino" risposi.
"Cosa? Ma perché mi hai svegliata così presto?" lamentò alzandosi di scatto.
"Voglio portarti in un posto, il mio preferito. Su vestiti... Ah e niente tacchi o gonne!"
Sicuramente non avrebbe potuto camminare sulle rocce indossando i suoi tacchi a spillo. Si alzò con aria da zombie appena resuscitato, indossò un jeans e una felpa, mise delle scarpe da ginnastica e pettinò i suoi bellissimi capelli.
"Sono pronta." Ma i suoi occhi ancora mezzi chiusi dicevano esattamente il contrario.
La presi per la mano e scendemmo al piano di sotto, lasciai un bigliettino sul tavolo alla mamma e uscimmo dal retro.
Quando il sole la illuminò in pieno vidi il suo cambiare totalmente espressione.
"E' magnifico!" esclamò con occhi sgranati e indagatori; fissava il panorama e si stupiva come un folle si stupisce dinanzi ad un fiocco di neve; poi, molto lentamente iniziammo a camminare.
"Come hai potuto abbandonare tutto questo?" la sua domanda fu diretta.
"Non avrei voluto ma voglio perseguire il mio sogno e se perseguirlo mi porterà lontano da qui, acconsentirò. Questo luogo è da sempre nel mio cuore." La mia risposta fu diretta.
"Sai cosa vedo io? Vedo un mare infinito e blu, pieno di pesci e perché no anche di sirene. Sento il suo rumore, il suono delle onde che s'infrangono sulle rocce; ne sento l'odore che mi pervade il corpo. Poi la sensazione della sabbia sotto ai piedi e sensazionale e indescrivibile. Tutto ciò offre ai miei sensi uno spettacolo irripetibile."
Nina non era mai stata così dettagliatamente brava nel descrivere un luogo, aveva compreso in pieno quanto io amassi quel luogo; "Ma dove mi stai portando?" chiese incuriosita.
"Siamo quasi arrivate." Indicai una scogliera a pochi passi da noi. Proseguimmo ammirando quello spettacolo della natura poi ci fermammo dinanzi a quell'enorme scogliera e mi voltai verso di lei.
"Quando avevo sette anni non ero sicuramente la bambina più popolare e simpatica del mondo e non avevo tanti amici. L'unico mio amico abitava in quella casa laggiù. Quando il tempo era bello uscivamo e venivamo qui, non ci davamo un appuntamento ne tantomeno lo programmavamo, ognuno dei due sapeva che se ci fosse avanzato del tempo saremmo venuti qua. Giocavamo al principe e alla sirena. Io salivo queste rocce come fossero gradini di un palazzo e sedendomi lì iniziavo a cantare delle melodie inventate, lui invece restava qui sotto e cercava di salvarmi dai titani, poi saliva, mi afferrava e ci tuffavamo insieme in acqua. Crescemmo ed iniziammo a venire qui ad ascoltare la musica, a parlare di quanto fosse dura la vita di uno studente e a maledire la professoressa Rudolf e la sua maledetta chimica. Un giorno venne più triste del solito e mi disse che si sarebbe dovuto trasferire. Quello fu un duro colpo per me perché vidi il mio mondo sgretolarsi e cadere giù, proprio come un castello di sabbia quando viene calpestato. Io non feci alcuna smorfia di dolore e cercai di confortarlo, gli dissi che nel posto in cui sarebbe andato avrebbe fatto nuove amicizie e avrebbe incontrato nuove persone, che anche li tutto sarebbe stato bello. Lui si rassicurò poi andò via. Salii quei gradini e mi nascosti li a piangere. Lui non mi vide tornare a casa e ritornò qui, iniziò a canticchiare la melodia con la quale mi atteggiavo a sirena e salii fino in cima, mi guardò intensamente negli occhi e mi diede un bacio sulle labbra. Credo che quello sia stato il mio primo amore."
Lo sguardo di Nina era sognante, immerso in un mondo completamente diverso. Eravamo sedute entrambe su quella scogliera ma lei sembrava essersi distaccata dalla realtà proprio come quando guarda la sua soap opera preferita in tv.
"E poi?" la sua domanda era carica di tensione, voleva sapere di più.
"Il giorno dopo trovai una conchiglia sulla veranda, all'interno un bigliettino diceva: Grazie per quello che mi hai regalato." Risposi fissando il mare.
"Non vi siete più rivisti vero?" domandò lecitamente.
"No. Ovunque sia spero vivamente che stia bene. Non lo avevo mai raccontato a nessuno prima d'ora, neanche Milly e Alex sanno nulla. Tu però meritavi di saperlo" la guardai e poi l'abbracciai intensamente. L'abbraccio fu ricambiato, una morsa calda e affettuosa di due amiche per caso.
"Ti vibra qualcosa!" disse spaventata.
Presi il cellulare e lessi il messaggio. " 911 mamma."
"Siamo alle solite!" sbuffai guardando il cellulare.
"Perché ti ha scritto 911?" chiese Nina perplessa e preoccupata.
"Mia madre ha tutto uno strano linguaggio per esprimersi. Per lei scrivere 911 equivale a: presto, corri, c'è un problema!" risposi.
"Siamo qui ormai da un bel po'. Forse è solo preoccupata" suggerì lei.
Controllai l'orologio, erano appena le 8 del mattino e mamma non si alza mai prima delle 8:30 nei giorni festivi. Scendemmo dalla scogliera ed iniziammo ad incamminarci verso casa. Ripercorremmo lo stesso tragitto nella medesima maniera, ascoltando il mare e ammirando in silenzio lo stupendo panorama.
Quando fummo più prossime alla porta del retro le dissi: "Sicuramente la sua emergenza avrà a che fare con un toast rimasto incagliato nel tostapane o al fatto che ha dimenticato di comprare il ripieno per il tacchino." Ironizzai sul motivo del suo messaggio aprendo la porta.
Feci entrare Nina, poi entrai anche io e richiusi la porta alle mie spalle; rimasi completamente raggelata per ciò che vidi all'interno della mia cucina, Jeff ed Eric erano li, stavano seduti al tavolo sorseggiando caffè insieme a mia madre.
Nina urlò dalla gioia e corse ad abbracciare Jeff; "Cosa ci fai qui?" disse abbracciandolo.
"Abbiamo deciso di farvi una sorpresa!" rispose lui alzandosi e dandole un bacio.
Io non ebbi la forza di muovermi da li, sarei voluta scomparire dalla faccia dell'intero pianeta. Cosa ci faceva Eric li e soprattutto chi lo aveva invitato? Io no di certo!
E poi chi gli ha detto dove ci trovavamo? Ma da quanto tempo poi erano li? Di cosa avevano parlato con mia madre?
"Gin tesoro! Perché non mi avevi avvisato che il fidanzato di Nina e il tuo sarebbero venuti qui?" disse mia madre con un tono felice ma un po' isterico; Aveva i capelli scombinati e indossava un pigiama a cuori con una vestaglia celeste.
Il mio fidanzato? Mia madre aveva azzardato un'ipotesi forse? Ero completamente in preda all'imbarazzo.
"Se ne sarà sicuramente dimenticata signora Wilson." Rispose Eric con fare protettivo.
Eric le stava tenendo il gioco forse? O lo stava tenendo a me? O era mia madre a tenere il gioco ad Eric? Adesso ero seriamente confusa.
"Mamma puoi scusarci un attimo solo?" le intimidii con gli occhi di lasciare velocemente quella cucina.
"Cosa ci fai tu qui?" guardavo Eric con una certa aria di sfida, seccata per i suoi precedenti comportamenti.
"Di chi è stata l'idea di venire qui?" esordì Nina.
"E' stata mia!" esclamò Eric senza un minimo rossore in viso.
Il mio sguardo si accese ma non di felicità, ero infuriata. Guardai Nina e le feci capire che avrei avuto bisogno di parlare con Eric da sola, lei capì al volo.
"Jeff che ne dici di andare a girare i negozi del centro?" disse lei fulminandolo con lo sguardo.
"Certo!" rispose lui; lasciarono la cucina con la stessa velocità della luce.
"Mamma, io ed Eric usciamo. Lo porto a visitare la spiaggia!" esclamai con tono alquanto sarcastico e irritato.
Mamma tornò in cucina; "Va bene tesoro! Ci vediamo dopo Eric!" gli fece l'occhiolino.
"Sempre se sua figlia non decida di annegarmi." Ironico rispose a tono.
Camminai avanti e mi fermai a metà spiaggia, dopo poco lui fu li.
"Come osi presentarti qui e rovinare tutto? Che diritto hai tu di entrare ed uscire così dalla mia vita. Il tutto a tuo piacimento!"; mi poggiò una mano sulle labbra e smise di farmi parlare.
"Se ci permetti dovrei essere io quello arrabbiato con te! Te ne sei andata dal'hotel senza lasciarmi il tempo di darti una spiegazione. Avrò anche sbagliato atteggiamento ma non penso di meritare questo trattamento. In segno di riappacificazione ti avevo fatto recapitare un regalo e me lo hai rispedito indietro. Ti rifiuti al telefono e non rispondi ai messaggi, cos'avrei dovuto fare per vederti? Cos'avrei dovuto fare per parlarti? La casa era disabitata e non riuscivo a trovarti da nessuna parte. Avevo bisogno di vederti." La sua risposta sembrò essere più che esauriente, ma non bastava per andare avanti.
"Non avresti dovuto fare niente. Dimenticami come hai dimenticato tutte le tue innumerevoli donne. Dimentica quello che c'è stato tra di noi. Dimentica la colazione, la foto, il pranzo la sera insieme... dimentica tutto! Con quale diritto pensi che io stia qui ad acconsentire a tutto ciò? Ho accettato un accordo vincolante ma l'accordo in se non prevedeva di essere trattata come un cane. Poi torni e dici a mia madre di essere il mio fidanzato, ma come puoi essere così vile? Come puoi essere così falso ed incoerente? Io non contemplo questo tuo modo di fare e forse neanche tu contempli il mio quindi non vedo perché io debba stare qui a sentire le tue parole a giustificare le mie azioni ad una persona poco rispettosa come te."
Dopo aver sputato tutto quello che in mente mi passò sentii una certa leggerezza nella mia mente, al contrario poi sentii un forte peso sul cuore poiché capii di aver esagerato con le parole, ma soprattutto elaborai dopo il pensiero di averlo potuto perdere dopo tutto quello che gli avevo detto.
"Hai finito? Ti senti più libera adesso?" continuava a fissarmi negli occhi cercando di capire il mio stato d'animo.
"Si, ho finito! E si, mi sento meglio." Risposi respirando a grandi sorsi.
"Sei arrabbiata?" domandò con lo sguardo dentro il mio.
"Sono arrabbiata." Risposi sempre iperventilando.
"Vuoi darmi uno schiaffo?" chiese con il viso sempre più vicino al mio.
"Voglio darti uno schiaffo." Risposi iperventilando sempre più.
Non ci pensò su molto e mi baciò, tutto sembrò come lo avevo sempre desiderato; i gabbiani in cielo, il sole caldo, il mare blu e la sabbia sotto i piedi.
Per la prima volta mi accorsi che quel bacio era diverso dai soliti, quando aprii gli occhi vidi che Eric li aveva teneramente chiusi, una cosa mai successa.
In quel momento sentii salire un impeto di rabbia mista all'orgoglio, mi scansai e gli diedi un ceffone spaccandogli il labbro inferiore; non si lamentò per il dolore ne per il gesto rimase li a fissarmi. Quando vidi uscire il sangue mi sentii un'imbecille.
"Oddio scusami!" urlai prendendogli le mani.
"Non scusarti, me lo sono meritato." rispose fissandomi.
"Torniamo in casa, così posso medicarti" lo presi per la mano e rientrammo in casa.
Mamma aveva lasciato un post-it sul tavolo: "Sono uscita a fare la spesa. Torno tra poco."
"Aspetta qui" dissi andando in bagno. Presi la scatola del primo soccorso e tornai da lui. Era seduto li, in silenzio, mi fissava come se volesse mangiarmi. Anche io avevo voglia di stare con lui ma mi sarei dovuta limitare, darmi un freno e fargli capire che anche io so tenere il pugno duro e, quando necessario, comandare.
"Questo farà un po' male" dissi appoggiando sul suo labbro una pezza imbevuta di disinfettante.
Non si lamentò completamente, continuò a fissarmi con quei grandi occhi da cerbiatto che da sempre suscitavano in me strane sensazioni.
"Come hai fatto a sapere dove trovarmi?" chiesi tenendo la pezza pigiata sul suo labbro.
"Ricordati che mio padre è il rettore dell'università, posso avere accesso ai tuoi dati quando voglio. Mi basta un click." Spavaldamente si vantò.
"Lo sai che è una cosa illegale vero?" risposi con tono sarcastico.
"Nessuno sa quello che ho fatto e se mai tu lo dicessi sarebbe la tua parola contro la mia." Aggiunse prendendomi la mano che tenevo sul suo viso.
Mi baciò nuovamente e questa volta fu un bacio ancora più bello, lungo e intenso.
"Ehi ehi ehi!" Urlò Nina entrando in casa e coprendosi gli occhi con una mano; Jeff invece stava dietro di lei a ridersela.
Mi staccai dalle sue labbra e imbarazzata iniziai a posare tutto l'occorrente medico.
"Cosa ti è successo al labbro?" chiese Jeff sedendosi accanto a lui.
"Ma niente, in spiaggia... un pallone mi ha colpito." Rispose lui imbarazzato.
Nessuno sembrò bersela e Nina se la rideva guardandomi.
Quando mamma tornò a casa l'aiutammo ad apparecchiare la tavola e a preparare il pranzo. Zio Phil portò dolci a mai finire e dopo pranzo iniziò a raccontare quanto fossi poco coordinata nel nuoto e come non andassi mai d'accordo con i miei coetanei; in tutto questo la mamma non fu da meno, mostro le mie foto da neonata e iniziò a raccontare del nomignolo che mi aveva affibbiato quando andavo all'asilo; Nina e Jeff comprarono del gelato buonissimo e nel pomeriggio la signora Clara suonò alla porta con la sua solita brocca di zabaglione urlando buon natale.
Quella fu la giornata più strana e più bizzarra che io avessi mai passato.
Quando il sole fu prossimo al tramonto Eric mi portò in spiaggia e ci sedemmo sulla sabbia mezza umida a fissare il cielo arancione lasciare spazio al nero della notte.
"Tu mi stai cambiando." Sussurrò lui continuando a guardare l'orizzonte.
"E tu non vuoi cambiare?" chiesi io.
"Non so se sono disposto a cambiare. Non so se ne ho di bisogno, cambiare non significa mai felicità." Rispose assorto.
"Pensi che non saresti felice con me?" chiesi io sempre più curiosa.
"Penso che ho bisogno di capire meglio me stesso, penso anche che se tu mi conoscessi a fondo, se tu sapessi il nero che alberga nel mio cuore te ne andresti. Io non voglio essere vulnerabile al tuo cospetto." Il suo viso diventò sempre più serio.
"Non ti chiedo di esserlo, solo di rendermi partecipe al nero della tua vita." Dissi diretta.
"Adesso e tardi, io e Jeff dobbiamo tornare a Seattle. Chiamami quando tornerai anche tu." Mi diede un bacio sulla fronte, si alzò e andò via.
Dalla spiaggia vidi Nina salutare Jeff con un lungo bacio, poi i due gemelli antitetici entrarono in auto e scomparvero come fumo.
Quelle parole mi avevano nuovamente destabilizzata, cosa ci poteva essere di così oscuro nella sua vita da potermi far pensare di andarmene? Era forse paura di perdermi la sua? Temeva forse un mio giudizio?
"Qualcosa non va?" chiese Nina sedendosi accanto a me in spiaggia.
"Vorrei poterlo capire meglio." Dissi appoggiando la mia testa sulla sua spalla.
"Sai, alcune volte ho come la sensazione di non sapere nulla sul conto di Jeff, o per lo meno di non sapere nulla sulla sua vita passata. La cosa che mi sbalordisce e che anche Jeff stesso sembra non fare accenni al suo passato. Mai un ricordo o un aneddoto su esperienze passate, sembra che la sua vita sia partita dall'adolescenza, prima invece il buio." Nina asserì con tono un po' preoccupato.
"Come se mancasse sempre qualcosa." Aggiunsi io.
Concordò con me, restammo ad ammirare le stelle fino a notte tarda, quella sera i pensieri non ci diedero tregua.

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