Fifth

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"La Morte, mia ultima ancella sulla Terra, compirà il suo ultimo incarico e poi cesserà d'essere essa, pure"
(Lettera ai Corinzi)



Harry non è capace di muovere un muscolo. Il suo corpo è completamente immobile, i nervi tesi e il cuore – che sente battere per la prima volta, e batte davvero veloce – in gola. Non ha idea di cosa fare, di come reagire e la gente si sta avvicinando, sta diventando di più, sempre di più, e lui non ha alcuna via d'uscita.
Non può volare, non può prendere Louis e portarlo con sé, non può sparire nel nulla; non finché continueranno a esserci quelle persone a mormorare cose che il riccio non sente – non percepisce – e a portarsi la mano alla bocca o al cuore per il dispiacere.
Può solo restare lì, sentire i loro commenti e aspettare, in silenzio, che qualcuno faccia qualcosa.

Qualcuno
salvi
Il suo Louis

Perché Harry non può farlo.
Quindi rimane immobile, silenzioso, ascoltando distrattamente le sirene dell'ambulanza avvicinarsi, osservando due persone scendere dal retro e avvicinarsi alla macchina.
«Per il volo che ha fatto,» esordisce il primo, lanciando un'occhiata veloce verso l'alto «è conciato piuttosto bene. È vivo per miracolo».
«Già, hai ragione» concorda il secondo, prima di avvicinarsi e tentare in un qualche modo di divaricare la portiera. «Ma non credo che l'ospedale sia in grado di fare il resto» aggiunge, prima di sospirare e posare due dita sul collo.
Il battito è lento, fievole, ma c'è. È lì, è ancora presente. Louis è ancora vivo perché l'Angelo Custode ha fatto del suo meglio e quelle persone non possono veramente credere che smetterà di lottare, che cederà e lascerà Harry solo, in quel mondo imperfetto che non lo merita nemmeno per errore.
Lo spostano lentamente, come se fosse fatto di vetro, come se fosse una bambola di porcellana sul punto di frantumarsi in mille e mille pezzi; lo posano su una piastra di plastica arancione e lo legano.

Ed Harry pensa
Che a una bambola di porcellana
Louis ci somigli davvero

È pallido, le labbra sembrano tinte con il rossetto, violacee e leggermente gonfie; il sangue che sporca buona parte del viso altro non è che trucco sbavato, magari colato per via delle lacrime versate poco prima, quando aveva intrapreso quella stradina impervia e insicura.
E gli dispiace.
Gli dispiace parecchio sapere

Che il suo ultimo ricordo di Louis
Potrebbe essere
Una lacrima

Non ha sorriso.
Harry non lo ha visto sorridere, non ha avuto occasione di vedere le labbra sottili del suo Louis sollevarsi, distendersi in quell'espressione serena che gli anima gli occhi, che lo riempie di vita, che fa scorrere nel maggiore l'Amore, quello con l'iniziale maiuscola che temeva di provare solamente nei riguardi del Padre, che non avrebbe mai dispensato a nessuno e che nessuno avrebbe mai accolto perché un sentimento grande, troppo grande. Immenso da poter abbracciare e tenere con sé come se niente fosse.
Osserva la scena in silenzio, restando in disparte nel suo piccolo angolo di mondo che ora ha smesso di girare, e trattiene il fiato mentre i medici infilano aghi in quasi ogni centimetro di pelle del suo braccio, mentre spingono nella sua gola un tubo che il riccio giudica troppo grande e vi fissano qualcosa all'estremità, il tutto parlando una lingua incomprensibile a buona parte delle persone presenti. Poi sollevano la barella. La sollevano e, con uno scatto secco, la fissano sulle ruote; iniziano poi a correre verso l'autoambulanza, mentre uno dei due è al telefono e sta chiamando l'ospedale, annunciando l'arrivo di un'urgenza – o un Miracolo; ancora non sa come definirlo, stando alle sue parole.
Ma Harry sa che quello non è un Miracolo.
Harry ne ha visti a valanghe, nel corso della Storia. Ne ha visti a valanghe e ne possiede uno, come tutti gli Angeli, donatogli alla Nascita dal Padre. E quello, ne è certo, non lo è affatto.

There's no story to be told || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora