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Non aveva mai avuto molti ragazzi e quei pochi con cui era stata l'avevano lasciata dopo un po' perché pensavano che fosse strana. Strana solo perché era diversa dalle altre e non solo per via del fatto che era un ibrido me perché era sempre cupa e indifferente. Aveva provato ad innamorarsi, ma non ci era riuscita. Come se l'amore fosse una cosa che puoi provare e lasciar stare se vedi che non è fatto per te. Ma in fin dei conti lei aveva fatto così. Aveva capito che non aveva senso stare con qualcuno solo per passare del tempo e quindi aveva lasciato stare. Alla fine non sono sola, c'è Cam con me. Questa frase se l'era ripetuta così tante volte che nell'ultimo periodo aveva iniziato a pensare che forse non aveva il senso che lei gli aveva attribuito fino ad ora.
Cassie era sempre stata una ragazza indipendente, ma non poteva fare a meno di Cam da quando lo conosceva. Andavano a scuola insieme tutte le mattine da dieci anni e stavano insieme tutti i santi pomeriggi. Sapevano tutto l'uno dell'altra, a volte riuscivano a capire cosa stava pensando l'altro senza che questo parlasse. Prima che le cose cominciassero ad andare male, aveva quasi pensato che forse lei provava qualcosa per Cameron e che magari era ricambiata. Lui era sempre molto dolce con lei e, nonostante il suo carattere strano, le era sempre rimasto accanto. Quella mattina, però, quando aveva assistito a quella scena, il mondo le era crollato addosso. L'ho perso, aveva pensato. Kristal non era sua amica, ma le era sempre stata simpatica. E anche adesso, nonostante tutto, le era simpatica e da una parte era felice che lui stesse con una come lei e non con qualche lupa svampita.
Si sentiva una stupida per aver reagito in quel modo ma non era riuscita a controllarlo, ultimamente non riusciva più a controllare le sue emozioni. Come le era saltato in mente di farsi venire anche le lacrime agli occhi?
– Tutto bene? – Sapeva che lui era la da qualche minuto ma non aveva osato girarsi. Non voleva farsi vedere in quello stato di nuovo.
– Si.
– Non mentire Cassie – disse il ragazzo sedendosi accanto a lei sui gradini.
– Come fai a sapere che mento?
– Riesco a percepire i battiti del tuo cuore a differenza del tuo amico che non ha capito un bel niente...
– Per lui è diverso – Cassie non sapeva cosa dire e si sentiva in imbarazzo a farsi vedere in quelle condizioni. La prima e ultima volta che era crollata davanti a lui era stata la sera in cui sua madre era morta – Perché sei venuto qui? Robert avrà sicuramente bisogno di te dentro...
Lui le sorrise – Siete dispari e solo io posso allenarmi con te, ricordi? – Aveva un espressione gentile adesso, non c'era più indifferenza nei suoi occhi –Ti va di rientrare? Oppure vuoi tornare a casa? Sai, non è necessario che tu...
– No, voglio allenarmi! – Si alzò e lo guardò. Lui fece lo stesso e in quel momento lei sentì il cuore battere all'impazzata. Ma non era il suo, era quello di Nate – Nate stai bene? – Il ragazzo in un primo momento sbattè le palpebre incredulo e poi sorrise – Perché stai ridendo?
– Non so se te ne sei resa conto, ma è la prima volta che mi chiami così.

Morgan si girava e rigirava nel letto. Voleva andare via da quella stanza, raggiungere l'Accademia e chiedere scusa alla ragazza ma qualcosa gli impediva di farlo e ogni volta che provava a capire cosa gli veniva un gran mal di testa.
Quella notte aveva fatto uno strano sogno: una ragazza con gli occhi argento che gli chiedeva di ucciderla e lui che non voleva farlo ma continuava ad affondare la spada nel suo petto. Non sapeva quanto fosse sensato un sogno del genere, ma quando ci pensò, gli venne in mente tutto il sangue che era uscito fuori dal cuore della donna che aveva pugnalato a morte senza pensarci due volte. Non riusciva a capire che cosa lo avesse spinto a fare quel gesto. Sapeva di non avere un bel carattere, ma non aveva mai ucciso nessuno fino ad ora. Poi improvvisamente gli venne in mente un'altra cosa. Quel pomeriggio, dopo che la ragazza lo aveva battuto, suo nonno lo aveva convocato nel suo ufficio e gli aveva detto che non solo era deluso da lui ma che gli aveva fatto fare una figura pessima di fronte alle altre famiglie. Ricordò anche che suo nonno non era solo. C'era una donna dai lunghi capelli bianchi e gli occhi rossi. Vampiro. Come aveva fatto a dimenticarlo? Adesso i ricordi cominciavano a riaffiorare nonostante il mal di testa.
La donna gli aveva sfilato la collana che gli permetteva di scampare alla soggiogazione dei vampiri e mentre gli accarezzava la guancia gli diceva qualcosa. Ma che cosa? Morgan si sforzò ancora ma non vedeva più la vampira. Era suo nonno che gli aveva detto cosa doveva fare –Ti vendicherai per preservare il buon nome della famiglia! Non puoi farti mettere al tappeto da una lupa bastarda. Uccidi qualcuno che le sta a cuore e poi uccidi lei.
Il ragazzo aprì gli occhi di colpo. Stava sudando freddo e la testa gli faceva malissimo. Come aveva potuto suo nonno fare una cosa del genere? E come poteva un vampiro essere presente in casa sua? Suo nonno aveva sempre provato disgusto per chiunque non appartenesse ai Nephilim. Cercò la collana in ogni angolo della sua stanza ma ogni tentativo fu inutile. Doveva averla lasciata nell'ufficio di suo nonno.
Uscì dalla sua camera e raggiunse pian piano il corridoio. Adesso era ancora più convinto che stare in quella casa non lo avrebbe aiutato per niente, che se ci avesse passato un altro minuto in più sarebbe diventato proprio come suo nonno.

La cacciatrice ibridaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora