Prologo - Canto d'ira

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"Ma l'amore è cieco e gli amanti non possono vedere le piacevoli follie che essi commettono."

- William Shakespeare






Buio.

In quella fitta, densa nube che erano i miei pensieri, a fatica distinguevo ciò che mi circondava. Piccole, maligne ombre turbinavano violentemente attorno a me, come per invitarmi a prendere parte in quell'assurda, caotica danza oscura. Fitte, ammalianti, rapide nel privare della vita colui che si fosse lasciato irretire dai loro canti di morte. Ammassandosi in ogni angolo dell'Etere, impedivano alla poca luce di filtrare, dando l'impressione di modellarsi affinché anche l'ultimo respiro venisse portato via.

Mi sfuggì una lieve risata.

"Qui saremo al sicuro", le avevo promesso, dandole un bacio sulla fronte.

Non c'era di che meravigliarsi, dopotutto: l'Etere, frammento di energia cosmica sospeso tra Inferno e Paradiso, aveva, in fondo, dichiarato la propria neutralità rispetto ambo le Stirpi. Eppure, il caos e la distruzione che vigevano in quello che, un tempo, era Regno di luce, non promettevano false speranze. Il più breve ed insignificante dei ricordi giaceva ora nelle profondità dell'Abisso, annullandosi definitivamente.

Avrei voluto scorgerla fra quelle infide ombre. Lei, che avevo stretto tra le mie braccia un istante prima che me la strappassero via. Le avevo carezzato il volto imperlato di lacrime, imprigionato fra le dita una ciocca dei suoi capelli dorati: tutto per un'ultima volta.

Mi parve ironico come, nonostante ciò che avessi intorno stesse andando in pezzi, io ero in grado di amare. Anche questo poteva redimermi? Dubitavo, o non mi sarei trovato costretto ad affrontare una guerra. Così sciocco, così folle da innamorarmi...

Udii una voce chiamare il mio nome da lontano, ma non riuscii a prestarvi attenzione, né ebbi la forza di voltarmi. Mentre vagavo immerso nella polvere e nella cenere, gli occhi seguitavano il mio passo come in trance.

"Nessun segno...". No. Nessun segno che lei potesse essere ancora viva.

Un fastidioso senso di vuoto mi opprimeva il petto. Desideravo poter tornare indietro e salvarla da un fato così tremendamente atroce ed ingiusto, anche a costo di morire. In fondo, ero stato io, e solo io, a condannarla ad esso e ad offrirvela su un piatto d'argento. Sapevo a cosa e a chi stessimo andando incontro, ma, allora, la speranza aveva un gusto così dolce, così confortevole, sicuro.

Pregai affinché quella stessa speranza riaffiorasse nel mio cuore ormai velato dallo sconforto e dall'ira.

Con un groppo amaro in gola, finalmente mi voltai.

Guardando negli occhi l'individuo che avanzava lento verso me, avvolto sia da un'accecante luce, sia da oscure tenebre, realizzai che la fine era ormai giunta.

- Reagisci – disse quello, all'improvviso. – Reagisci –

Tali parole risuonavano alle mie orecchie come un'accozzaglia di suoni indistinti e confusi. Numerosi stralci di pensieri si affollavano nella mia testa sul punto di esplodere, le tempie pulsavano.

"Ti amo."

"E' colpa mia."

E mentre anch'io scivolavo nel buio, fondendomi tra le ombre e divenendo parte di esse, un unico pensiero rimase chiaro, immobile dinanzi ai miei occhi che lentamente si chiudevano: a volte, neanche l'amore può redimere dalla dannazione eterna.







Sulla Terra, Londra






- Vecchio amico mio, è un piacere incontrarti di nuovo – l'uomo dal curioso berretto sulla testa lo salutò, invitandolo ad entrare.

"Non mi ci abituerò mai", pensò l'altro, soffocando una breve risata. Lo trovava buffo, ma tutto sommato non aveva mai osato criticarlo: era pur sempre l'unico mortale in grado di vederlo e lui aveva, senza alcun dubbio, bisogno di un umano così perspicace.

- E' una gioia anche per me, caro Lucas – replicò alla sua cordiale accoglienza. – Ma non posso trattenermi a lungo. Ho un gran bel daffare –

L'uomo, Lucas, fece una smorfia.

- Ho sentito. Il Cosmo si è alterato, l'Equilibrio è stato interrotto – mormorò, quasi assente. – Ma cosa è accaduto? –

Nel frattempo, si diresse verso il tavolo al centro del salotto circolare e ne scansò una sedia, preparando, invece, l'unica poltrona che aveva per l'ospite. Questi si accomodò, a disagio per la domanda postagli. Sì, a volte riteneva fosse un po' troppo perspicace.

- C'è una guerra in corso – sentenziò, netto.

Lucas trasalì.

Dopo un breve attimo di silenzio, l'altro ebbe modo di proseguire. – La nostra unica arma di salvezza ha ceduto. Presto, nulla potrà più fermarli –

Il vecchio londinese continuò ad agitarsi sulla sedia.

- Vuoi dire che...il ragazzo verrà punito? Se così fosse, la troverà e... - non ebbe il coraggio di terminare la frase.

- La ucciderà, esatto – concluse al suo posto. – E noi perderemo –

Lucas aggrottò la fronte. Purtroppo, il suo caro amico sapeva bene a cosa stesse pensando. Era spaventato. Chi poteva biasimarlo, d'altronde.

- E' solo questione di pochi giorni, ormai, prima che la raggiunga – sussurrò, flebile.

Annuì. Entrambi conoscevano la verità.

- E tu cosa farai? – aggiunse Lucas.

- Nulla. Ho già provato a riscuotere il demone, non ragazzo, vecchio mio. Ma non c'è stato niente da fare. Quando arriverà il momento, agirò. Per adesso è meglio restarsene fuori ed attendere. La guerra è appena cominciata – e detto questo si alzò dalla poltrona, spolverandosi distrattamente la giacca.

- Vai già? –

- Ebbene, sì. È ora di andare. Come ho già detto, mi aspettano un bel po' di impegni a casa – sospirò. – Ma non temere. Non vi lascerò soli –

Fece per raggiungere l'uscita e congedarsi, ma Lucas lo trattenne, lo sguardo impaurito.

- Aspetta! – esclamò. – Cosa accadrà se...la ragazza muore? –

L'ospite in procinto di andarsene chiuse gli occhi, quasi a voler frenare l'impatto generato da quella domanda, all'apparenza innocua, e la paura – una strana paura – che gli montava dentro.

- Allora cadremo con lei – alla fine, riuscì a rispondere. 

The Cursed Love - The "Immortal Kiss" TrilogyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora