12. -Ultimatum (parte I)

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Sicuramente
i più coraggiosi sono coloro
che hanno la visione più chiara di ciò che li aspetta,
così della gioia come del pericolo,
e tuttavia l'affrontano.

- Tucidide

ARIA.




La piccola mano di Debbie era stretta nella mia, altrettanto sottile. Più la osservavo, più appariva come se la mia migliore amica stesse dormendo profondamente, in pace, gli occhi chiusi e i lineamenti rilassati. Ma non era così. Pensando a quanto altro tempo ancora fosse costretta a rimanere in quello stato, sentii un fremito di freddo percorrermi la schiena. Era colpa mia. I Superiori avrebbero continuato a fare del male. Stavo prendendo parte ad una rivolta che non mi apparteneva, ma avevo le mie buone ragioni per farlo.
Ricordavo l'ultimo litigio che avevo avuto con Debbie, il nostro ultimo scambio di parole. Me ne pentivo amaramente.
''Non ti fidi di me'', aveva detto. Non era così. Mi fidavo di lei più di chiunque altro, ma allora conoscevo i rischi che avrei corso. Che Debbie stessa avrebbe corso. Non avrei potuto permetterlo. La mia confessione con Stephen si era trattata di un'occasione differente: mi trovavo in un momento difficile e lui era di famiglia, così come i miei zii e Christopher. A Stephen avevo confessato chi fosse stato il mio aggressore, ai miei zii avevo balbettato una mezza verità su ciò che mi era sembrato di vedere - dopotutto ero sotto shock - e a Chris...avevo rifiutato il suo aiuto, di qualsiasi genere. Anche lui, nonostante appartenesse alla mia famiglia, avevo rinnegato. Avevo iniziato a mettere a rischio troppe persone e coinvolgere Debbie avrebbe significato sacrificare un'altra vita. Nessuno comprendeva la reale natura dei fatti eccetto me, in un certo senso, e questo mi bruciava dentro. Come avrei voluto liberarmi di quell'insostenibile peso...
Ma sapevo, ormai, che le conoscenze acquiste fino a quel momento facevano parte di me, adesso. Stavano plasmando una nuova esistenza, si stavano fondendo con quella precedente, oppure l'avrebbero definitivamente annientata.
Un'infermiera entrò nella piccola stanza per cambiare la flebo di Debbie. I medici, così mi aveva raccontato zia Harmony, stavano cercando il presunto ''ladro'' che diversi giorni prima si era intrufolato dalla mia migliore amica per una ragione ancora sconosciuta. Io avevo capito di chi si trattasse realmente: un Superiore. Un demone che si vanta del proprio lavoro portato a termine e che si fa beffe degli umani con i suoi simili.
Anche l'Accademia si stava preparando al contrattacco. Era da due settimane che mi allenavo con Dominic nei profondi meandri della terra. Senza progressi, purtroppo. Dovevo ancora apprendere la dimestichezza necessaria sull'utilizzo dei pugnali. Non era stato facile per me iniziare a comportarmi da vera eroina, perché lo avevo promesso a Debbie, a me stessa e a tutte le persone a cui volevo bene: li avrei salvati e protetti. Ma per D, la povera D, ci sarebbe voluto un vero e proprio miracolo: sarei mai riuscita a trovare il Superiore che l'aveva condotta in quel sonno senza uscita? Tutto questo andava oltre il mio dovere nei confronti di Dominic e le mia responsabilità verso l'Accademia: in ballo c'erano le vite di tutti coloro a cui tenevo e avevo paura di fallire.
- Signorina, ci dispiace, ma dobbiamo eseguire alcuni controlli -
Mi voltai. A parlare era stato un medico appena entrato nella stanza. Con lui altri uomini in camici bianchi preparavano strumenti dei quali non osavo chiederne l'uso.
Annuii lentamente e recuperai da terra la borsa colma di vestiti di ricambio. L'addestramento non era cosa da poco, specialmente per una come me che non aveva mai amato educazione fisica. Debbie diceva sempre che, tutto sommato, ero un osso duro.
Mi bloccai, un'amara angoscia che si faceva strada nel mio petto. Non potevo pensare a lei al passato. La mia migliore amica non era ancora morta e mai lo avrei permesso.
Quando anche l'infermiera sgusciò fuori dalla porta, il medico mi lanciò un'occhiata compassionevole.
- Stiamo facendo tutto il possibile per gestire al meglio la situazione - disse, cercando di rassicurarmi.
Annuii di nuovo, incapace di fare altro. Prima di andare strinsi ancora una volta la mano di Debbie e le posai un bacio sulla fronte. Con ogni probabilità, l'immagine di lei, intrappolata in quella specie di prigione chiamata "coma", mi avrebbe perseguitata per tutta la vita.
Uscii dalla stanza ed attraversai velocemente il corridoio. Così facendo, però, non notai la sagoma che si parò di fronte a me, bloccandomi l'uscita.

The Cursed Love - The "Immortal Kiss" TrilogyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora