2. - Respiri spezzati

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Io ti chiesi perché i tuoi occhi
si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo
in un oscuro flutto.

Mi hai guardato a lungo
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi hai detto poi, con gentilezza:
ti voglio bene, perché sei tanto triste.

- Herman Hesse, Io ti chiesi




ARIA.






Sabato, un'ora prima della festa, Debbie venne da me per aiutarmi con l'abito e l'acconciatura.
Lei era bellissima, quella sera, i capelli neri raccolti in un morbido chignon dietro la nuca e imbelliti da due forcine argentate. Il lungo vestito, stile impero, era di tessuto rosso con un'ampia scollatura che le valorizzava il décolleté .
- Accidenti, D, sei stupenda! - esclamai, sinceramente fiera della mia migliore amica.
Lei sorrise con gratitudine.
- Grazie, tesoro. Tra non molto anche tu sarai bellissima - disse, dirigendosi verso il mio armadio e tirando fuori l'abito che avevo scelto. In realtà, era stata Debbie a consigliarmi di provarlo e, ancora una volta, avrei dovuto rimgraziarla. Era blu scuro, con un retro molto particolare: uno strato di velo trasparente, ricco di ricami azzurri, avrebbe avvolto la mia schiena, lasciando scoperto nel mezzo soltanto un lembo di pelle.
Debbie mi intrecciò due piccole ciocche rosse dietro la nuca con una forcina dorata. Mi arricciò le punte dei capelli con la piastra, dando vita a morbidi boccoli luminosi che mi fece ricadere sulle spalle. Infine, mi condusse fuori in corridoio, dinanzi ad uno degli innumerevoli specchi.
- Apri gli occhi - ordinò. Non mi ero accorta di averli chiusi.
Quando lo feci, rimasi sbalordita. Quel vestito modellava il mio corpo in maniera davvero sorprendente. Davanti a me era riflessa decisamente un'altra persona. Non potevo essere io quella ragazza elegante, radiosa, raffinata, curata nei minimi dettagli e...bella. Io non ero bella. Ero l'esatto opposto della bellezza, al contrario della me riflessa nello specchio.
Lo stupore provato in quel momento venne smontato non appena udii della musica a tutto volume salire dal piano inferiore. Almeno Stephen aveva iniziato con un soft invece che con un heavy metal, come credevo avrebbe fatto.
- Ora possiamo lanciarci in pista - decretò Debbie, una volta giudicata positiva la mia reazione all'outfit.
Scendemmo le scale e strabuzzai gli occhi.
L'ingresso era colmo di ragazzi e la sala era...oh mio Dio, non riuscivo a crederci.
Quando Stephen mi aveva assicurato che l'avrei trovata diversa, quella sera, non pensavo intendesse così diversa.
Il solito lungo tavolo che troneggiava al centro era spostato al lato della sala e ospitava pietanze di ogni tipo e cocktail multicolore. Non avevo alcuna intenzione di assaggiare anche un solo boccone o sorso da quel tavolo. Al contrario di me, però, Debbie vi si fiondò con vigore. Prese ciò che credevo fosse un rustico e un cocktail di un colore simile a quello del mio vestito.
- E' molto forte? - domandai a D, appena lo ebbe tracannato tutto d'un fiato. Ebbi risposta affermativa quando vidi i suoi occhi azzurri sgranarsi del tutto e lacrimare. Andai nel panico.
"Accidenti a lei!".
- Debbie! - esclamai, trascinandola per mano fino in cucina, dove speravo ci fosse un po' d'acqua. Non sprecai tempo: presi un bicchiere pulito, aprii il rubinetto e lo riempii fino all'orlo.
- Bevi - dissi, quasi ficcandoglielo direttamente in bocca.
Debbie trangugiò l'acqua come se non bevesse da giorni.
- Oh! - sospirò, poggiando il bicchiere accanto al lavello. Batté diverse volte le palpebre, si asciugò una lacrima con il dito e posò lo sguardo su di me.
- Santo cielo! Grazie, Aria. Non sapevo che tuo cugino desse da bere del veleno al posto dei cocktail! -
Stavo per concordare, quando alle nostre spalle si udì un'altra voce.
- Ehi! I miei cocktail non sono velenosi! - sbottò Stephen, venendo verso di noi. Indossava una T-shirt nera aderente, una giacca di pelle - anch'essa nera - e dei jeans sfilacciati sulle ginocchia. Non sembrava fosse pronto per una festa dei diciotto anni, bensì per una gara motociclistica clandestina. E probabilmente aveva già partecipato ad una.
- Oh, sì, hai ragione, Stephen. Sono solo degli strappabudella! - abbaiò Debbie.
"Qui si mette male".
- Okay, okay, discuterete dopo dei cocktail. Non è ora della consegna dei regali? Siamo già in ritardo - balbettai qualche scusa, cercando di calmare le acque.
Stephen non parve molto convinto e Debbie aveva l'aria di volergli staccare la testa a morsi. Ma, alla fine, mio cugino si diresse verso la sala da pranzo senza dire una parola.
- Andiamo a prendere i regali, D - esortai la mia migliore amica. Lei, però, mi squadrò con gli occhi che lanciavano fiamme e petardi.
- Sai, Aria, dove glieli ficco quei regali... - sibilò, furente.
Sbuffai, afferrandola per il polso, e la condussi in camera mia. Prendemmo i regali e tornammo alla festa.
Nella sala da pranzo, Stephen era nel mezzo di un cerchio umano e scartava due regali alla volta, ringraziando poi chi gliel'aveva consegnati. Subito fu il turno di Debbie, la quale si fece largo tra la folla e, con forza, gli scaraventò il regalo direttamente addosso. Purtroppo per lei, Stephen lo prese al volo.
- Grazie mille, Debbie, sei molto gentile - la ringraziò, con finta allegria. Fortunatamente non riuscii a sentire la replica piccante di D. Notai anche da lontano il suo regalo, una volta scartato: si trattava di un paio di gemelli. Molto carino e speravo vivamente che Stephen avesse almeno una camicia.
Infine, fu il mio turno. Avanzai verso mio cugino e, senza farmi prendere dall'imbarazzo, gli consegnai il mio orologio di cuoio.
- Oh - fece Stephen quando se lo mise al polso. - Hai degli ottimi gusti, cugina, devo ammetterlo. Mi piace -
Trassi un sospiro di sollievo e mentalmente ringraziai Debbie.
Ebbero inizio le danze. Con enorme dispiacere delle mie pover orecchie, stavolta Stephen scelse un brano molto meno soft. Tutti si muovevano al ritmo della musica, ridendo e a volte spintonandosi tra di loro. Stavo per andare incontro a D per ballare, qiando una mano mi prese il polso e mi costrinse a voltarmi. Christopher mi sorrideva allegro mentre allentava la presa, lasciandomi poi definitivamente.
- Mio fratello si sta proprio scatenando! - urlò sopra il baccano creato dalla musica e dai ragazzi che ne guaivano eccitati. Disse anche qualcos'altro, ma io gli feci segno di non aver capito, così mi condusse nell'ingresso molto più silenzioso.
- Ho detto che sei davvero bella, stasera - ripeté, plasmando lentamente le parole.
Arrossii, nonostante fosse il mio caro cugino di primo grado, ma cercai di non pensarci.
- Grazie. Devo dire che anche tu hai un certo stile - mi complimentai.
Christopher indossava un'elegante camicia bianca e un paio di pantaloni ben stirati. L'esatto opposto di Stephen. Probabilmente sarebbe stato il fratello a usare i gemelli.
Chris sorrise. Stava per aggiungere dell'altro, ma una gelida ventata di freddo riempì l'ingresso, colpendomi alle spalle.
Rabbrividii e mi voltai per vedere chi fosse entrato: una coppia, una ragazza e un ragazzo. Lei indossava uno striminzito tubino nero che non le arrivava neanche alle ginocchia e i capelli scuri erano intrecciati al lato del collo. Per non parlare dei tacchi a spillo altissimi. Era da ammirare: avrebbe potuto esibirsi come equilibrista al circo, cosa non da poco.
Al ragazzo, invece, il look grintoso donava. Indossava una camicia aderente nera, pantaloni neri sfilacciati e mocassini con le borchie. Tra le braccia reggeva una giacca di pelle. Nera. Tutto molto simile al look di Stephen, ma a quel ragazzo tenebroso stava decisamente meglio, perché il suo viso...
Fu come essere pugnalati alla schiena da una lama gelida, ghiacciata. Il freddo si espanse veloce all'interno del mio corpo, facendomi rizzare i peli della nuca.
I profondi occhi grigio-neri del ragazzo erano fissi nei miei e io avvertivo la nausea divorarmi insieme al freddo. I capelli castano scuro ondeggiavano come se una brezza di vento vi stesse giocando tra le ciocche, ma la porta era ormai chiusa. I lineamenti del viso erano corrucciati nello stesso identico modo in cui lo sono quelli degli animali una volta avvistata la loro preda.
La paura - una paura forse infondata - mi stava attanagliando nel profondo e la testa mi girava talmente forte che sarei potuta svenire da un momento all'altro.
Sentii la mano calda e rassicurante di Christopher stringere la mia. Sussultai. Inclinai la testa per osservare meglio le nostre dita intrecciate, sapendo che l'affetto fraterno che provavo per lui mi avrebbe rasserenata. E fu così, per diversi secondi. Quando però riportai lo sguardo sulla porta d'ingresso, i due sconosciuti erano spariti e la cosa mi diede ancor più i brividi. Quel ragazzo intimidatorio se n'era andato e con lui anche la sua probabile fidanzata.
"Ma che diavolo è successo?".
Rabbrividii di nuovo. Tremavo.
- Ehi, non ti senti bene? - mi domandò Christopher. Lo osservai: aveva un'espressione cupa. Ma non mi andava di farlo preoccupare più di quanto non lo fosse già, così evitai di parlargli del mio "malore momentaneo".
- No, non preoccuparti. È stato soltanto il freddo venuto da fuori - mentii.
Ovviamente, Christopher non se la bevve.
- Parlo seriamente, Aria. Qualunque cosa, qualunque, non vada, dimmelo. Se non ti senti bene, corri da me e riferiscimelo. Se sei nervosa e hai bisogno di aiuto, non esitare a chiederlo. Va bene? - ripeté, ancora rabbuiato.
Annuii.
- Dunque - continuò lui. - E' evidente che non stai bene. Quindi, Aria, c'è qualcosa che non va? Hai bisogno di aiuto? -
I suoi occhi nocciola stavano accrescendo il terrore folle dentro di me, tuttavia ero sicura della mia risposta.
- No - replicai - Non ne ho bisogno -
Così ci congedammo. Non mi sentivo in colpa per non avergli detto la verità, e me ne preoccupavo. In circostanze normali, mi sarei confidata immediatamente con lui, eppure una strana sensazione di pericolo mi aveva impedito di farlo. Se davvero incombeva qualcosa di pericoloso, non volevo che Christopher o qualcun altro si facesse del male. Non dovevano sapere. Dovevano rimanerne all'oscuro, anche perché, con ogni probabilità, il mio subconscio stava inventando tutto.
Quasi tranquillizzata dal fatto che fosse stata solo la mia impressione, feci per avviarmi verso la sala da pranzo per cercare Debbie, ma una forte stretta allo stomaco e ai polmoni mi bloccò.
Non riuscivo a respirare, non riuscivo a fare niente. Con non so quale forza riuscii a lanciare un'occhiata alla festa. Si stavano divertendo e nessuno si era accorto di me.
Tanti piccoli pallini neri danzavano davanti ai miei occhi, segno che stavo per perdere i sensi.
Questo mi spronò ad avanzare, barcollando, fino alla porta d'ingresso e ad aprirla. Uscii fuori nell'aria autunnale e gelida, cercando di inalare più ossigeno che potevo. Per fortuna, la morsa ai polmoni si allentò del tutto e riuscii nuovamente a respirare.
Tossii.
Un secondo dopo udii dei passi provenire dal giardino di zia Harmony.
Mi immobilizzai. Forse erano solo una coppietta che pomiciava.
"Bleah".
Stavo per allontanarmi, quando qualcosa - o qualcuno - molto robusto e forte mi afferrò per la vita e mi sbatté a terra.
Urlai. Mi divincolai, cercando di scappare, ma quel corpo sopra di me mi immobilizzava totalmente. Non riuscivo a vederne il volto: era del tutto...scuro. Nero, opaco. Fatto di ombra.
Non era possibile: doveva essere solo l'effetto dell'impatto col terreno. Ma era così reale...
Mi riscossi: dovevo agire. Liberai un braccio dalla sua stretta d'acciaio e gli sferrai un pugno su quella che credevo fosse la faccia.
L'essere ululò. Era un suono strano, fastidioso, come mille vetri che si infrangono contemporaneamente.
Non ci pensai due volte: iniziai a correre. Non sapevo verso dove, sapevo solo che dovevo allontanarmi il più possibile, per me stessa, per tutti.
Non andai molto lontano, purtroppo. La creatura mi riafferrò per la vita, ma stavolta caddi a terra, sbattendo in modo molto più violento la testa. L'impatto e l'improvviso dolore mi mozzarono il fiato. Non sapevo cosa pensare, semplicemente smisi di farlo. Mi sembrava di galleggiare sul pelo dell'acqua, mossa dalle onde. Era come se mi avessero iniettato un anestetizzante.
L'oscurità mi avvolse del tutto, e l'ultima cosa che vidi furono le ombre che venivano verso di me e un paio di occhi grigio-neri che mi scrutavano dall'alto.

The Cursed Love - The "Immortal Kiss" TrilogyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora