CAPITOLO 7

135 13 3
                                    

Lunedì 27 agosto 2012

19:10


«Che diavolo ti è successo?» Jack mi lascia andare il mento e va verso il frigorifero.

Jack è entrato nella vita di Karen un anno e mezzo fa.

Qualche sera a settimana viene a mangiare da noi, e dal momento che la cena è in onore della partenza di Six, ci ha omaggiate con la sua presenza. Per quanto gli piaccia romperle le scatole in continuazione, so che mancherà moltissimo anche a lui.

«Ho avuto un incontro ravvicinato con l'asfalto» dico.

Lui ridacchia. «Oh, povero asfalto.»

Six agguanta una fetta di pane e apre il barattolo della Nutella.

Io prendo il mio piatto e mi servo l'intruglio vegano che ha preparato Karen: Ormai ho imparato ad apprezzare i suoi miscugli, ma Six proprio non ce la può fare. Jack, invece, che è praticamente il suo gemello siamese separato alla nascita, non ha problemi.

Il menu di stasera consiste in una pietanza di cui non so nemmeno pronunciare il nome, rigorosamente priva di derivati animali, come sempre. Karen non mi forza a essere vegana, perciò quando non sono a casa posso mangiare quello che voglio.

Qualsiasi cosa mangi Six, invece, è solo di accompagnamento alla Nutella. Stasera ha deciso di prepararsi un panino con Nutella e formaggio. Non penso avrei lo stomaco per una cosa del genere.

«Allora, quando ti trasferisci?» chiedo a Jack, lui e Karen stanno meditando di passare alla fase successiva, ma sembra che non riescano a superare l'ostacolo dell'odio per la tecnologia di Karen. È un limite che lei non oltrepasserà mai, ne sono sicura.

«Quando tua madre si deciderà a uscire dalle caverne e comperare la tv» dice Jack.

Ma non ne discutono nemmeno, credo che stiano bene così come stanno, e nessuno dei due ha fretta di sacrificare la propria visione della vita.

«Oggi Sky è svenuta per strada» dice Karen, cambiando argomento. «E un adorabile giovanotto l'ha riportata in casa.»

Mi metto a ridere. «Un ragazzo, mamma. Ti prego, si dice ragazzo.»

Six mi lancia un'occhiataccia dall'altro capo del tavolo e mi rendo conto di non averla ancora aggiornata sugli avvenimenti di questo pomeriggio. E nemmeno su com'è andata a scuola. È stata una giornata piena. Chi aggiornerò dopo che lei se ne sarà andata? Il solo pensiero che dopodomani si troverà all'altro capo del mondo mi riempie di terrore. Spero solo che Taylor sia in grado di vestire i suoi panni. Probabilmente ne sarebbe felice.. di mettersi i suoi vestiti dico.

Spero che riesca a farlo anche in senso figurato.

«Tutto a posto?» chiede Jack. «Dev'essere stata una gran brutta caduta per procurarti addirittura un occhio nero.»

Lo tocco e faccio una smorfia. Mi ero completamente dimenticata dell'occhio nero.

«Non è stata la caduta. È stata Six a darmi una gomitata. Anzi, due.»

La logica vorrebbe che qualcuno chiedesse a Six perché mi ha dato due gomitate, ma nessuno fa domande, il che dimostra quanto le vogliano bene: anche se mi avesse picchiata probabilmente finirebbero per pensare che me lo sia meritato.

«Non ti dà fastidio chiamarti come un numero?» le domanda Jack. «È una cosa che non ho mai capito. Come quando i genitori danno al figlio il nome di un giorno della settimana.» Si ferma con la forchetta a mezz'aria e guarda Karen. «Non faremo una cosa del genere a nostro figlio, sappilo. Niente nomi dal calendario.»

Karen lo fissa basita.

Stando alla sua reazione direi che è la prima volta che Jack tira fuori l'argomento bambini e stando alla sua espressione direi che non ha in programma niente del genere.

Né ora né mai.

Jack torna a rivolgere la propria attenzione a Six. «Ma in verità ti chiameresti Seven, o Ten o qualcosa del genere, se non sbaglio. Perché hai voluto chiamarti proprio Six? È il numero più brutto che potevi scegliere.»

«Sappi che lo prenderò come un complimento» risponde lei. «Tanto lo so che è il tuo modo di nascondere il dolore per la mia partenza imminente.»

Jack scoppia a ridere. «Se ti piace crederlo. Sappi che terrò in caldo molti altri complimenti per quando tornerai.»

Quando Jack e Six se ne vanno, do una mano a Karen con i piatti. Dopo la battuta di Jack, mia madre è diventata insolitamente silenziosa.

«Come mai ti ha messo così in crisi?» le chiedo, passandole il piatto da risciacquare.

«Cosa?»

«Il suo commento sul fatto di avere un figlio. Hai più di trent'anni. È normale che la gente della tua età sforni bambini.»

«Si notava così tanto?»

«Io me ne sono accorta.»

Afferra un altro piatto e sospira. «Voglio molto bene a Jack. E voglio molto bene anche a te e a me stessa. Mi piace come stiamo adesso e non sono sicura di essere pronta a rivoluzionare tutto, inserendo un altro bambino nel quadretto. Ma Jack è molto determinato a riguardo.»

Chiudo l'acqua e mi asciugo le mani nello strofinaccio. «Mamma, fra qualche settimana compio diciott'anni. Per quanto desideri che le cose restino sempre così come sono... non succederà. Dopo il prossimo semestre io andrò al college e tu rimarrai qui da sola. Non sarebbe male prendere in considerazione l'idea di lasciare che Jack si trasferisca qui.»

Mi sorride, ma è un sorriso pieno di malinconia, come ogni volta che tiro fuori l'argomento college. «L'ho presa in considerazione, Sky. Credimi. Ma è un passo importante, e una volta fatto non si può più tornare indietro.»

«E se scoprissi di non voler tornare indietro? Se fosse solo un primo passo, che porta a un altro passo, e alla fine diventasse una corsa?»

Lei scoppia a ridere. «È proprio di questo che ho paura.»

Io asciugo il bancone e strizzo la spugna dentro il lavandino.

Things about Love|| Cameron DallasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora