CAPITOLO 16

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Martedì 4 settembre 2012
6:15

Apro gli occhi e non scendo dal letto finché non ho contato tutte e settantasei le stelle sul soffitto.
Butto le coperte da una parte e mi preparo per andare a correre.

Mentre sto uscendo dalla finestra mi blocco.

È seduto sul marciapiede, di spalle.

Ha le mani intrecciate sopra la testa e vedo i muscoli della sua schiena contrarsi per il fiatone.

Stava correndo e non so se stia aspettando me o semplicemente riprendendo fiato, perciò resto impalata sul davanzale e aspetto, sperando che si rimetta a correre.

Ma non accade.

Dopo un paio di minuti prendo coraggio, scendo e mi incammino attraverso il cortile.

Non appena sente i passi si gira e i nostri sguardi si incrociano.

Non lo fisso con sguardo arrabbiato o imbronciato, ma di sicuro non sto sorridendo.

Lo guardo e basta.

L'espressione dei suoi occhi è cambiata e direi che 'pentita' è la parola più adatta a descriverla.

Ma non dice niente, il che significa che non si sta scusando, il che significa che adesso non ho tempo da dedicargli.

Ho bisogno di correre.

Gli passo di fianco e parto.

Dopo qualche metro sento che anche lui parte per raggiungermi, ma continuo a tenere gli occhi puntati avanti.

Non si affianca mai e io non rallento mai, perché voglio che rimanga dietro.

Inizio a correre sempre più veloce finché non scatto e allungo la falcata, ma lui tiene il ritmo, sempre a pochi passi di distanza.

Quando arriviamo al supermercato che prendo come punto di riferimento per tornare, evito palesemente di guardarlo.

Giro, lo sorpasso e mi avvio verso casa, e la seconda parte della corsa si svolge uguale identica alla prima.

In silenzio.

Siamo a meno di due isolati da casa mia e io sono arrabbiatissima per il fatto che si sia presentato e ancora più arrabbiata per il fatto che non si sia ancora scusato.

Inizio a correre sempre più veloce, più veloce di quanto abbia mai corso in vita mia, ma lui si tiene sempre al passo.

La cosa mi fa proprio incazzare, perciò quando svoltiamo nella mia strada, non so come, trovo il modo di andare più veloce di quanto già non stia facendo; ma ancora non basta perché lui continua a starmi alle calcagna.

Le ginocchia stanno per cedere e lo sforzo mi ha lasciato senza ossigeno, ma mancano solo cinque metri alla finestra.

Ne faccio due e mezzo.

Non appena i miei piedi toccano l'erba collasso su mani e ginocchia e inspiro disperatamente.

Mai nella vita, nemmeno dopo la corsa di sei chilometri, mi sono sentita tanto esausta.

Mi sdraio di schiena sull'erba ancora bagnata di rugiada; è una sensazione piacevole.

Ho gli occhi chiusi e il mio respiro è talmente pesante che faccio fatica a sentire quello di Cameron, ma lo sento comunque e so che si è disteso sull'erba accanto a me.

Restiamo lì immobili, faticando a respirare, e mi torna in mente che solo poche notti fa ero stesa a letto nella stessa posizione, cercando di riprendermi da quello che mi aveva appena fatto.

E credo che anche lui abbia pensato la stessa cosa, perché sento il suo mignolo agganciarsi al mio.

Solo che questa volta non sorrido.

Tiro via la mano e mi giro su un fianco per alzarmi.

Cammino per i due metri e mezzo che mi separano da casa e rientro in camera, chiudendo la finestra.


Things about Love|| Cameron DallasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora