29 MAGGIO 1492 Parte 1

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Quella notte non ero riuscita achiudere occhio, continuavo a pensare e ripensare al matrimonio chesi sarebbe celebrato il giorno dopo, mi arrovellavo sul modo in cuila mia famiglia avrebbe reagito alla notizia di avere una figliasposata in segreto.


Continuavo a pensare, a Stoyan, allamia vita futura con lui, al bambino.


I miei genitori non avrebbero dovutosapere niente del bambino, almeno non fino a quando io e Stoyanavremmo finto di renderci conto di aspettarne uno.


Dentro di me si alternavano gioia,ansia e paura, paura perchè non avrei saputo cosa il futuro avrebberiservato per me.


"Dolore, angoscia e paura"quella parole mi rimbombarono nella testa provocandomi una fitta allostomaco che mi fece sgranare gli occhi, quelle parole che tempo primaavevo sentito uscire dalla bocca della strega, quelle parole che infondo non avevo mai scordato.


Mi tranquillizzai lievemente quandovidi uscire le prime luci dell'alba, la stanza improvvisamente siriempì di una luce rossastra e qualcuno bussò alla mia porta.


Mi alzai di scatto dal letto e conpasso lento andai ad aprire.


Mi trovai davanti gli enormi occhiazzurri di Petia.


-Sono venuta per aiutarti a prepararti-mormorò per non sevgliare nessuno.


La feci entrare e subito dopo richiusila porta assicurandomi che nessuno fosse nei dintorni.


-Allora come ti senti?- disse lei senzariuscire a nascondere un lieve sorrsio, mentre si avvicinava al bauledove tenevo i vestiti.


-Abbastanza bene- risposi cercando divelare il tremolio che avevo nella voce.


Petia si mise a ridere, accorgendosidel mio nervosismo.


-Guarda che puoi dirmelo se seinervosa...sarebbe naturale!- disse -cosa pensavi di indossare?-chiese per cambiare discorso.


-Non lo so, il primo vestito che micapita tra le mani- dissi aprendo il baule.


Afferrai un corsetto e una sottovestebianca e lasciai scegliere il vestito a Petia, ne prese uno azzurroghiaccio, lo stesso che avevo usato al matrimonio della nostrasorella maggiore.


Petia mi aiutò a raccogliere ilcapelli in un veloce chignon basso, e quando anche lei fu prontauscimmo di casa quando il sole era ancora pallido.


Attraversammo velocemente il villaggiocercando di nasconderci il più possibile dai pochi contadini che sidirigevano verso i loro campi e in poco tempo ci trovammo di frontealla piccola chiesa.


Io e Petia rimanemmo a contemplare laprta di legno per qualche secondo, coscenti del fatto che una voltaentrate li dentro le vite di entrambe sarebbero state completamentesconvolte.

-Stoyan sarà già dentro?- mormoròPetia dondolandosi sui piedi, prendendo tempo per capèire se entrareo meno.


-Ci eravamo dati appuntamento appenadopo l'alba quindi...si, dev'essere già dentro- mormorai con la vocespezzata dal nervosismo.


Un minuto di silenzio attraversòl'aria, fu Petia a spezzarlo.


-Una di noi deve decidersi ad aprirequella dannata porta- disse ridendo per spezzare la tensione.


Salii il primo scalino che ci separavadalla porta e con la mano tremante la aprì, un lungo cigolio tremònell'aria e quando guardai dentro il mio cuore cessò di battere.


Probabilmente Petia vide che erorimasta immobile davanti alla porta, disse qualcosa che oggi nonricordo, un po' per il tempo passato e un po' per lo shock delmomento, però ricordo che si avvicinò e guardò nella chiesa conaria accigliata per poi sbiancare e ripiegarsi su se stessa cercandodi trattenere un conato di vomito.


Davanti a noi c'era la possente figuradi una persona, alta, abbastanza robusta, dalla pelle pallida e icapelli corvini lunghi fino alle spalle.


Sentì qualcosa colpirmi la guanciadestra provocandomi un dolore lancinante alla mandibola e l'urlostraziante di Petia dietro di me, che si accasciò piangendo sulpavimento, come se quel pugno avesse colpito anche lei.


-Padre...- mormorai cercando ditrattenere le lacrime, senza osare guardarlo in quegli occhi dighiaccio.


-Tu!- tuonò -hai portato la miafamiglia alla rovina!- urlò tirandomi un altro pugno.


Sentì la zona colpita in fiamme, peril dolore, per la rabbia e per la vergogna e poi sentì Petia dietrodi me che continuava interrottamente a piangere sul pavimento.


Lo sguardo di mio padre si spostò sudi lei.


-E tu...- disse con aria sprezzante-smettila di frignare! Alzati e vattene a casa!- sputò.

Ma Petia rimase sul pavimento apiangere, così lui le andò incontro e la presa malamente per ilbraccio destro, lei cacciò un urlo di dolore tra le lacrime, mentremio padre la tirava per metterla in piedi.


-Vattene- le alitò in faccia -ne hosolo per una persona oggi- disse allontanandosi da Petia per tornareda me.


Petia mi guardò con i suoi occhiazzurri pieni di lacrime.


-Fa come ti dice- mormorai dolcemente-andrà tutto bene, vedrai-


Petia esitò un attimo, ma poi vedendolo sguardo fermo di mio padre scappò fuori dalla chiesa in lacrime.



PETROVADove le storie prendono vita. Scoprilo ora