Canne da zucchero

58 8 8
                                    

L'autunno mutò in inverno. Ad Hannah non era mai piaciuta questa stagione perché le sembrava che il mondo si privasse di luce. Ma si sbagliava. Hiyoshi era un fascio di colori anche d'inverno; le stagioni si susseguivano con la precisione di un orologio e l'aria era sempre confortevole. Passeggiare per i sentieri era diventato il passatempo preferito di Hannah. C'era odore di castagne e legna, il fumo usciva a spirale dai caminetti sui tetti colorati e le piantagioni non perdevano il loro ritmo. I contadini conoscevano un sacco di trucchi utili per mantenere la coltivazione attiva anche col freddo. Era sorprendente come fossero diventate alte le canne da zucchero. Un'altra manciata di centimetri e avrebbero oltrepassato la testa di Hannah. Salì al tempio. Un posto che avrebbe dovuto odiare, con i ricordi che riserbava, ma che le dava una pace interiore.

"Sommo Ginzo", disse alla statua sotto il piccolo arco. Le sembrava un'infinità fa quando Shin era comparso da lì dietro con una boccaccia. I tempi in cui era serena, spensierata e ignara. I tempi in cui poteva lamentarsi. "Grazie per avermi concesso la pace anche oggi". Congiunse le mani e fece un inchino. C'era silenzio, come sempre. Uno scoiattolo venne ad annusarle le scarpe. Almeno un po' di compagnia ce l'aveva. Erano passati già quindici giorni da quando aveva detto addio a Velton. Non aveva più visto Vane. Almeno non da vicino e non si erano mai parlate. Ormai i giorni scolastici passavano in compagnia di Fumie, che sgattaiolava via ogni cinque minuti per sgridare qualcuno. Nemmeno Chimera le stava simpatica ultimamente. Da quando non c'era Velton aveva cominciato a soffiare in continuazione e le ricordava così tanto lui che a volte Hannah esclamava "Smettila di guardarmi così". Si considerò autonomamente una stupida; aveva vissuto tutti gli anni della sua vita senza nemmeno sapere dell'esistenza di Velton e ora che non si parlavano, ne moriva come se ne andasse la vita. A proposito di vita.

Hannah capì che era tardi in base alla posizione elevata del sole. Ridiscese le scale con la velocità possibile e si avviò verso la clinica. Aveva un nodo nello stomaco al pensiero ma sua madre non aveva avuto bisogno di spiegazioni: si erano guardate a lungo negli occhi e con un'espressione di estrema preoccupazione, la mamma l'aveva capita. Beh, almeno in parte. Entrò nell'imponente edificio bianco e alla reception chiese della dottoressa Blood. La mamma arrivò in fretta e furia, togliendosi i guanti e lisciandosi il camice. "Tesoro", le baciò la fronte.

Hannah fu presentata alla dottoressa Michizuki-san, esperta in ginecologia. Nonostante la dolcezza con cui le disse di accomodarsi e la mano della mamma che stringeva la sua, Hannah ebbe un capogiro. La clinica era l'unico edificio nel raggio di chilometri ad avere la corrente elettrica. Le fecero una radiografia e poi le analisi del sangue. Hannah aveva una forte voglia di piangere. Tutto adesso dipendeva da quel vecchio monitor che riusciva a vedere nella sua pancia. O almeno così credeva che funzionasse. Sapeva solo che voleva sparire, dissolversi nell'aria.

La dottoressa Michizuki le sorrise con affetto. "Tutto normale, cara. Non sei incinta".

"Sia lodato il Signore", esplose la mamma prima di riuscire a trattenersi.

Hannah trasse un grosso respiro, sorridendo, e verso una lacrimuccia. Tutta la tensione era racchiusa in essa e scivolandole sul viso, sembrò andare via per sempre. Ce l'ho fatta, Velton si ritrovò a pensare col cuore gonfio, non aspetto un figlio da Shin.

"Ma com'è successo?", chiese la ginecologa con premura.

"Ah, ehm...", Hannah decise di inventare di sana pianta. "Stavo tornando tardi da scuola e sono stata aggredita. Non so che aspetto avesse, teneva il cappuccio".

"E' tutto apposto", la tranquillizzò la mamma. "Ora aspettiamo anche le analisi, va bene? Ce la fai ad alzarti?".

Hannah si sedette su una seggiola di plastica lungo il corridoio. C'era un viavai di gente, tutta dall'aria molto tetra. Che brutto posto che era la clinica! Sicuramente il luogo più infestato di cadaveri, data l'anemia. Appoggiò la testa al muro. La mamma era andata al laboratorio per controllare sé stessa le analisi e il pensiero di ciò che avrebbe potuto leggere nel suo sangue, la fece tremare. Avrebbe mai potuto scoprire la verità? Che c'era Shin Nittanagi dietro a tutto, il suo compagno di banco? O avrebbe saputo che era stata corrotta, sporcata dal DNA di qualcun altro? Si mantenne dal scoppiare a piangere. C'era un detto, in Giappone, che diceva 'dopo la pioggia, il terreno si indurisce' ed era così che Hannah si sentiva. Fortificata dalla disavventura subìta. Qualche sera prima, Shin non aveva voluto sentire ragioni. Sapeva che l'aveva fatto apposta, per punirla, perché a scuola aveva chiesto a Velton di passarle una squadra da disegno. Che destino che le era capitato!

LapislazzuloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora