"Come stai?"
Un'infinitá di domande del genere ripetute da tutte le persone che incontravo, una serie di interrogativi senza importanza e senza risposta, che venivano accolti da un sorriso spaesato e ogni tanto da qualche "bene".
Ma era davvero cosi facile? In realtá no.
La città che avevo amato e chiamato "casa" per oltre dieci anni, mi sembrava ora piccola e sconosciuta in confronto alla metropoli dove abitavo.
Le persone che mi circondavano e che mi conoscevano dalla nascita era come se non sapessero piu niente di me, e forse era davvero cosi.
E tutti i ricordi di quei luoghi mi creavano un senso di nostalgia, inspiegabile. Non era tristezza, era una di quelle sensazioni che ti prendono allo stomaco e che ti fanno sentire fuori posto anche in te stesso. Indescrivibile.
Quando rividi i miei compagni fu ancora peggio. Ogni volto era una storia, un pugno nello stomaco ma anche una gioia di quello che era stato e non poteva essere piu.
Persone che erano state compagne di giochi per una vita, si spartivano con me ormai solo poche parole.
Le promesse di amicizie infinite e di futuri intrecciati erano ormai perse in un passato senza presente.
Erano tutti cosi uguali a come erano sempre stati ma cosi diversi da come li avevo sempre visti. Agata, la mia migliore amica, aveva sempre quello sguardo vagamente disperso, ma al posto della gioia incontrollabile da sempre sua compagna aveva negli occhi un qualcosa che non sapevo riconoscere. I ricordi delle estati in altalena e delle gite scolastiche al castello erano stati sostituiti da giornate a scuola e serate fuori di cui io non faceva piu parte. Ricordi di una vita senza di me.
Se qualcuno ci avesse visti da bambini, tutti per mano a scendere a mensa o in classe a colorare con i pastelli, non avrebbe mai immaginato che sarebbe finita cosi. Che saremmo finiti cosi.
L'Europa mi aveva cambiata, Parigi, la scuola, i nuovi amici, la nuova vita.
Questo mio viaggio mi aveva resa una persona diversa, ma che senso ha un viaggio se poi quando arrivi alla meta non la riconosci?Attraversai la Piazza Grande, la stessa dove tante volte ci eravamo rincorsi dietro una palla. Immaginai di vedermi ancora lì, una bambina bionda con il grembiule della scuola, correre per quelle strade deserte che avevo abbandonato.
La via che avevo percorso mille volte al ritorno da scuola era ancora li, cosi come la mia casa, la mia bellissima casetta. Le quattro mura dove avevo passato la mia infanzia, tra libri illustrati e racconti di storie migliori della mia.
Trovai sul mio letto il peluche che un tempo consideravo il mio migliore amico, e di fianco tutti i vestiti, quelli luccicanti con gli strass e con scritte enormi, che ci mettiamo da bambine per essere piu principesse.
Incollata al frigo c'era una foto, tenuta su dai magneti con le letterine.
La guardai e la misi in tasca, l'unico ricordo che volevo di quello che ero stata.
Poi salì in macchina. Non era quella la mia meta. Il mio viaggio non era finito.Mi addormentai sul sedile, la testa ciondoloni e la mano in tasca a stringere l'immagine. Eravamo io e mio fratello con tutti gli altri, correvamo con dei palloncini in paese. Quel giorno il mio palloncino era scoppiato prima che iniziasse la festa. Ero andata dalla maestra e lei mi aveva dato un anellino di ferro. Il giorno dopo tutti i palloncini erano scoppiati o volati via, l'anello era ancora sulla mia mano.
E questo che avete conosciuto é un altro personaggio, Maddy.
Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate di questo capitolo, scrivetemi tutto nei commenti.
xoxo, mar.
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Ci vediamo domani
Teen FictionQuattro ragazzi. Una cittá. Un sogno. In una storia di amicizia e coraggio, che ha tanto da raccontarvi. "...una ragazza, i capelli sciolti e biondi, fino alle spalle, con qualche ciocca verde, accarezzati da un vento freddo. Lo sguardo perso nel pr...