Prologo

3.4K 198 16
                                    

2 anni prima, Italia.

Sono ancora in un palazzo abbandonato, circondata dal nulla, un pavimento bianchissimo che riflette la mia immagine imbruttita. I muri imbrattati e corrosi dal tempo mi osservano silenziosi piangere.
Il rumore incessante delle gocce d'acqua che cadono dal soffitto vecchio e rovinato mi rimbomba nella testa, accompagnato da urli e pensieri confusi, persi nelle emozioni, nel senso si rabbia e tradimento che provo.

Mi avevano detto che sarebbe andato tutto bene.

Inizia a fare più freddo, so che mi vogliono portare via, so che ci riusciranno. Mi porteranno in un posto per pazzi, immagino. Ma io non sono pazza. Io non vedo cose che non esistono o sento voci. So solo fare cose diverse, con una mente normale, di una qualsiasi ragazza.

Mi avevano promesso che non si sarebbe fatto male nessuno.

Penso a Erika, mia sorella, e ai miei genitori. Penso a come abbiano pianto, al braccio ferito della mia sorellina, e alle guardie che mi guardano con sorpresa. Ero stata brava per molto tempo a nascondere il mio segreto, ma lo avevano tirato fuori con la forza e mi avevano riso in faccia.

Avevo promesso a me stessa che non sarebbe più successo.

Le immagini scorrono, i ricordi si fanno a volte lucidi ed altre volte appannati sfuocati, quelli belli sempre più sbiaditi e lontani.

Invece l'ho fatto. Ancora. Cosa mi faranno, adesso?

Una goccia cade, dal soffitto, sulla mia guancia, percorrendola tutta, come fosse una lacrima. Sento dei rumori in fondo alla stanza, ma non alzo la testa a guardare. So già che non mi rimane più tempo.

Il tempo non esiste. Passerà. Tutto passa...

Sento dei passi, sempre più veloci, che si avvicinano correndo. In questo momento mi alzo. In questo momento le gocce che scendono dal soffitto si bloccano a mezz'aria. Il rumore della pioggia in sottofondo rende il tutto ancora più tetro e inquietante, ma non mi importa. So di non avere scelta. So bene che è necessario. Per il bene di Erika. Per il bene di mamma e papà.

Sono diversa. E da chi? Sono come tutte le altre. Ho dei capelli, degli occhi, provo emozioni. Sentimenti. Io sento le cose perché le ascolto. Sono gli altri che non lo fanno perché corrono troppo. Io non ho fretta. Ma voglio una vita.

Sono arrivati, mi circondano, mi studiano da lontano con circospezione. Mi chiamano per nome, hanno paura. Delle mie capacità, di quello che sono, di quello che so fare.
In lontananza, sento dei passi lenti e calcolati, calmi e concentrati. I suoi passi rimbombano nelle mie orecchie e mi uccidono il cervello.

Sono un'arma?

Si ferma davanti a me, mi studia compiaciuto, guarda con soddisfazione le gocce che non cadono più dal soffitto per mano mia. Ha degli occhi magnetici e concentrati, attratti dalle mie abilità fuori dal comune.

Ci sarà di sicuro qualcuno come me.

《 Si sbagliavano 》sopraggiunge la sua voce, accattivante, bassa e seducente. Mi accarezza i capelli, si sofferma poco più in alto del mio zigomo.《 Tu non sei raccapricciante e pericolosa, sei affascinante 》il suo sguardo si assottiglia durante una piccola pausa in cui si sentono solo il mio e il suo respiro.《 e devi solo essere domata. 》

D I F F E R E N TDove le storie prendono vita. Scoprilo ora