11. Sono qui

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Al mio risveglio, la mia testa sembra pesare quattro volte di più. Mi formicolano le dita, ma sto decisamente meglio di prima. Dai rumori fuori dalla tenda capisco che la festa è ancora in corso, e di conseguenza non ho dormito molto, alla fine. La notte è illuminata da un sottile spicchio di luna crescente, e le stelle sono uno spettacolo mozzafiato.

Mi alzo dal letto, ed ho subito un calo di pressione che mi fa vacillare per una manciata di secondi. I vestiti che mi ha preparato Aylen sono ancora nella tenda, anche se sono stati spostati su una sedia. Li osservo per un po', e poi decido di prendere il fiore e di sistemarmelo di lato, tra i capelli biondi disordinati. Il risultato non sembra così orribile, perciò esco dalla tenda e mi dirigo verso la luce emanata dal fuoco del falò.

Si sente gente cantare e festeggiare, e mi domando se non vogliano essere ricacciati dentro ad un laboratorio: che senso ha fare tanto baccano, attirare tanto l'attenzione con il fuoco? C'è tanta, troppa confusione, e perciò non riconosco nessun viso amico.

Cerco di scansare la gente, qua e là, alla ricerca di Zack o Will. C'è carne da mangiare, una cosa che non vedevo ormai da troppo tempo. Carne cotta, e salata. Vedo Wayne in lontananza, di fianco ad una tenda dove cuociono il cibo su una piccola brace. Inizio a dirigermi in quella direzione, ma quando sono quasi arrivata a destinazione vengo afferrata per un braccio con forza. Mi giro di scatto.

Un uomo parecchio più alto di me mi fissa con sguardo serio. Ha i capelli castano scuro e gli occhi dello stesso colore. Ha una barba che mi ricorda quella che portano i nani dei libri che leggevo a casa. Non ho la più pallida idea di chi egli sia.

—Devi andare via da qui. —mi dice tirandomi verso di lui. Io cerco di liberarmi dalla sua stretta, ma lui mi stringe ancora di più il polso, e mi fa male. Tento con un calcio, ma lui mi ruota il braccio velocemente, facendomi gemere di dolore.

Ma che diamine vuole questo qui?

—Lasciami andare! Che cosa fai? —lui mi si avvicina velocemente e mi tappa la bocca, in modo che non possa gridare. Provo di nuovo a colpirlo, o con un calcio o con la mano, ma senza successo. Mi porta con la forza lontano dal falò: passiamo tra le tende nel bel mezzo della notte, e in giro non c'è nessuno.

—Kimberly, vero? Ti ho appena salvata da una morte certa. —Ho le lacrime agli occhi, e la sua mano mi tiene ancora la bocca tappata. Lui mi spinge in avanti e continuiamo a camminare per poco, fino a raggiungere uno spiazzo privo di erba, dove una macchina nera malandata è stata lasciata.

Provo ad utilizzare i miei poteri contro l'uomo, ma appena lo faccio mi sento come se venissi stritolata da un serpente. Questa sensazione mi lascia senza fiato, e boccheggio, alla ricerca d'aria. L'uomo non se ne cura, e mi prende in braccio per poi posarmi sui sedili posteriori. La macchina è bloccata, e non posso utilizzare i miei poteri in alcun modo.

Al volante dell'auto vedo qualcuno, e subito provo ad avventarmi su di lui. Appena lo tocco, è come se venissi percorsa da una scossa elettrica in tutto il corpo, che mi scaraventa all'indietro. Riesco a malapena a respirare, e la mia schiena si muove in modo irregolare. Ho paura. I miei pensieri sono confusi, ma improvvisamente, come un lampo, mi passa davanti agli occhi l'immagine di Zack nel laboratorio, durante il nostro scontro. Lui percepisce i miei pensieri, o almeno lo spero.

Zack!

Solo questo nome, urlato disperatamente nella mia testa. Possibile urlare con il pensiero? Ora credo di sì. Prego che riesca a sentirmi, che mi risponda, ma nella mia testa rimbomba solo il suo nome all'infinito.

La macchina viene messa in moto. Un attimo prima che la macchina parta, l'uomo con la barba da nano sale sul sedile del passeggero. Alla guida sembra esserci un ragazzo circa della mia età, o forse di un paio d'anni più grande. Non ricevendo risposte da Zack e non sapendo cosa fare, mi metto ad urlare.

—Stai zitta, ragazza! — sibila l'uomo, ma io non gli do ascolto. Il ragazzo si volta velocemente verso di me e mi guarda. Frena pericolosamente, per poi rivolgersi nuovamente all'uomo barbuto.

—Le hai spiegato almeno perché è qui? —domanda e, io, mentre loro sono impegnati ad arrabbiarsi tra di loro, provo ad usare il mio potere sulla macchina, invece che sui miei rapitori. In quello stesso momento, però, sento la voce di Zack nella mia testa. Mi viene da piangere dalla felicità.

Kim, dove sei? Ti hanno fatto del male?

Il tono preoccupato di Zack mi fa sorridere per un attimo. Fuori dal finestrino, però, vedo Aylen correre nella direzione della macchina. Non mi chiedo come abbia fatto a trovarmi, ma prima di tutto vengo impressionata dai suoi occhi, completamente bianchi. Si sta tenendo la testa tra le mani, e non la smette di urlare parole incomprensibili.

Tiro una gomitata ben assestata al finestrino della macchina, spaccandolo in mille pezzi. Qualche frammento mi graffia il braccio, ma non me ne curo e salto fuori dal veicolo, correndo da Aylen. Non appena la raggiungo, lei si aggrappa a me e piange lentamente, singhiozzando. Nel frattempo, Zack ci raggiunge e si china affianco a noi, insieme a Will.

—Non siamo più al sicuro qui... —mi sussurra Aylen all'orecchio. —Devo avvertire Kira... stanno venendo a prenderci, tutti quanti. — non ho alcun bisogno di chiederle di chi parli. Tutto il personale del laboratorio, ovviamente, Alrich in particolare.

—Che diavolo ti ho detto io? Ti stavamo salvando la vita, noi. —interviene il mio rapitore, con un tono di voce seccato ed un'espressione che viene voglia da prendere a pugni in faccia. Il ragazzo alle sue spalle cerca di bloccarlo, ed ha una faccia mortificata. Ha un viso angelico, senza un'imperfezione, è molto alto ma al contempo abbastanza robusto.

—E non potevi semplicemente avvertirla, idiota? —scatta Zack, alzandosi in piedi. Io gli prendo la mano per farlo sedere di nuovo e mi concentro su Aylen. Sembra ancora sconvolta, ed io la aiuto ad alzarsi in piedi. Le gambe le tremano, ma la sorreggo mettendo un suo braccio dietro al collo. Ci dirigiamo tutti verso l'accampamento, compresi i due tipi che mi stavano per rapire. In questo momento sono la mia ultima preoccupazione.

Una donna di mezz'età ci si avvicina correndo, e fissa lo sguardo su tutti noi prima di parlare.

—Sono qui. Sono qui, dovete scappare! —

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