16. Come noi

200 8 4
                                    

Quando davanti a noi riappare il grande edificio dove abbiamo lasciato Kira, Walter ha finito di spiegare il motivo del mio mancato rapimento. Ha parlato del fatto che avesse provato a liberarmi già all'interno del laboratorio (cosa che temo di non ricordare lucidamente), e che suo figlio mi osservava da un po' o, per meglio dire, lo incuriosivano la mia abilità e la frequenza dei miei colloqui con Alrich. Per questo, appena hanno scoperto che i soldati del laboratorio stavano arrivando per distruggere l'accampamento, hanno pensato di salvare solo me? Qualcosa ancora non mi torna, ma resto in silenzio ad ascoltare per tutto il tempo, e consiglio a Wayne di imitarmi per non creare polemiche inutili.

All'ingresso ci aspetta una furiosa Clara. Ha le mani sopra i fianchi ed inarca le sopracciglia sopra a degli occhi irati. Quando ci vede punta verso di me.

Tu, ingrata ragazzina! Ti sembra un comportamento decente, venire qui a chiedermi ospitalità per poi distruggere casa mia e andartene per un capriccio? Quelle come te le faccio rinsavire io... — credo mi stia per tirare uno schiaffo memorabile ed io sto per lasciarglielo fare, ma una mano si allunga per afferrare il polso di Clara e bloccarle il braccio a mezz'aria.

—Non farlo. — è Zack. Ha impedito che venissi schiaffeggiata da una ragazzina più giovane di me. Almeno un briciolo gli importa, allora. Era solo uno schiaffo, dopotutto, e me lo meritavo anche. Chissà se ha sentito anche questo pensiero.

Clara ritrae ancora più fuori di sé la mano e credo stia per esplodere dalla rabbia. — Non provare mai più a toccarmi, è chiaro? — Zack non fa una piega e resta immobile ed impassibile. Questa Clara è una tipa piuttosto focosa, mi pare. Poi fa un sorriso inaspettato, rivolto ad Aylen. —Ah, e bentornata, Ay, ci sei mancata. A tutti noi. — Aylen ricambia il sorriso.

Ma come fa ad essere amata da tutti, questa ragazza?

Ci dirigiamo silenziosamente – nessuno osa proferire parola – verso l'interno dell'enorme struttura: il corridoio porticato che ho quasi distrutto si divide in diverse stanze con porte di legno. Nessuno di noi ha chiesto con esattezza quale sia la nostra meta, ma camminiamo per circa cinque minuti prima di fermarci davanti ad un alto portone. Se dovessi uscire non saprei ricordare la strada che abbiamo appena percorso. Che pessimo senso dell'orientamento.

—Qui dentro c'è mio padre. Se avrete ancora bisogno di me, dovrete arrangiarvi. —queste sono le parole con le quali ci lascia Clara. Cammina impettita per un lungo corridoio fino a scomparire dietro un angolo. Kira bussa senza curarsi del carattere ingestibile della ragazzina, anche se Walter appare piuttosto irritabile da qualsiasi cosa. Una voce ci invita ad entrare. Si tratta di una voce maschile e profonda, attutita dal legno della porta. Entro per penultima, Will dietro di me chiude la porta.

La stanza in cui ci troviamo è in penombra, e l'unica fonte di luce è una lampada su una scrivania al centro della stanza, dietro alla quale siede un uomo intento a studiare delle carte. Io mi guardo intorno e vedo solo qualche scaffale pieno di libri ricoperti di polvere, un grosso mappamondo nell'angolo a destra che sembra essere lì da sempre. L'uomo è seduto su una sedia con i cuscinetti di velluto rosso e dietro di lui vi è una grande finestra coperta da pesanti tende, dello stesso colore della sedia.

—Benvenuti, siete i benvenuti. —farfuglia mentre cerca di sistemare le carte il padre di Clara. —Ciao Kira, Wayne, ed Aylen, abbiamo sentito la vostra mancanza. —dice mentre si alza facendo un gran rumore e facendoci sobbalzare tutti. —Voialtri dovete essere la causa del disastro avvenuto di recente, invece. —non capisco in che tono volesse pronunciare la sua ultima frase, ma cerca di camuffarla con una risata un po' isterica, come se si trattasse in realtà di una battuta di pessimo gusto. Kira si fa in avanti con il suo solito sguardo serio.

—Vorrei parlare da sola con te, Michael, se possibile. I miei amici hanno bisogno di riposare—probabilmente i quattro arrivati in macchina ne hanno più bisogno di noialtri, ma dopo aver rilasciato tutte le mie energie ho davvero bisogno di dormire. Mentre mi accorgo di quanto sono stanca, il mio stomaco rompe il silenzio brontolando rumorosamente. Tutti si voltano verso di me e Kira accenna un sorriso dei suoi, ovvero di quelli che non sai se te li sei immaginati o meno, perché scompaiono immediatamente. —E anche di mangiare, a quanto pare. — Michael concorda farfugliando di nuovo qualcosa tra sé e si avvicina alla parete alla nostra sinistra dove non avevo notato esserci una specie di cornetta del telefono affissa al muro. Schiaccia un pulsante e ordina a qualcuno di venire nel suo studio.

L'attesa è imbarazzante, anche se si tratta solo di una manciata di minuti. Ci raggiunge un uomo sulla trentina, con una barba rossiccia incolta che gli conferisce un'aria da selvaggio. Porta dei pantaloni che definirei "da ufficio", sono simili a quelli che un uomo metterebbe al suo matrimonio, solo che sono blu scuro al posto che neri. Non ha una maglietta, ma una giacca non completamente abbottonata di un blu leggermente più chiaro rispetto ai pantaloni. Tra le labbra sottili tiene una sigaretta accesa, e quando alza lo sguardo i suoi occhi sono verde smeraldo, ma sembrano non riflettere la luce. Sono opachi ed inespressivi.

Michael lo saluta velocemente prima di ritirarsi nell'ufficio con Kira.

—Seguitemi. —esordisce, senza nemmeno presentarsi. Mi piace il fatto che non stia a perdere tempo, specialmente con la fame che mi ritrovo. Quando iniziamo a camminare sembriamo degli anatroccoli al seguito della loro genitrice, probabilmente perché questo posto sembra troppo grande per non perdersi. —Io sono Dan. —si degna di annunciare ad un certo punto, mentre continuiamo a camminare dietro di lui. —Questo posto è squallido, ma per quelli come voi immagino sia un paradiso. —si gira ed alza un angolo della bocca, stando attento a non far cadere la sigaretta. Credo che con "quelli come noi" intenda i diversi.

—Tu non sei come noi? —domando, affiancandolo: sono stufa di sembrare un anatroccolo. Mentre pongo la domanda lancio uno sguardo veloce a Wayne ed i nostri sguardi di incontrano. Lui non ha nessuna abilità, se non una mira eccezionale data dall'allenamento. Dan ride senza gusto.

—Sì e no. Il mio potere è talmente debole che non serve a nulla. —mi risponde guardando davanti a sé, ma senza fare attenzione a ciò che gli sta attorno: sembra perso in qualcosa che vede solo lui. Mentre ci muoviamo tra corridoi bianchi tutti uguali penso, senza apparente motivo, al fatto che le guardie di Alrich sembravano diversi, come noi. Se ci odia tanto quanto dice, perché mai tenere al suo servizio dei diversi? E se fosse riuscito a rendere una persona comune in uno come noi? Se tutti si distinguessero la diversità sparirebbe o, perlomeno, l'idea della diversità.

Devo parlarne con Zack. Se ne parlassi con Will impazzirebbe, Wayne è troppo impulsivo, mentre Aylen effettivamente non è come noi. Non sono sicura che potrebbe aiutarmi, ma h bisogno di condividere questi pensieri con qualcuno.

—Bene, qui si trova la mensa. Aylen saprà portarvi nei dormitori. Io devo lasciarvi, adesso. —ci informa Dan, riportandomi alla realtà. Oltre un largo arco di marmo davanti a noi ci sono più di un centinaio di persone sedute a lunghi tavoli di legno e, di tanto in tanto, anche per terra. L'unica cosa che riesco a chiedermi è se sono tutti come noi. Siamo così tanti?

Dall'altro lato della stanza vi è un lungo bancone dietro al quale alcune donne stanno servendo del cibo. Sto morendo di fame. Cammino velocemente verso il bancone. La fila è ormai finita, dato che siamo arrivati evidentemente in ritardo. Una donna mi rivolge un sorriso mentre mi porge un vassoio d'acciaio. Lo afferro velocemente e trovo alla svelta un posto dove sedermi. Mi metto a terra, in un angolo, ed inizio a mangiare le verdure nel mio piatto come se non avessi mai mangiato nulla di più buono. Finisco il purè di patate nell'arco di dieci secondi e bevo due sorsi pieni dal mio bicchiere pieno d'acqua.

—Piano, finirai per strozzarti. —mi sorprende la voce conosciuta di Zack. Alzo lo sguardo dal mio vassoio senza spostare la testa. Devo sembrargli un animale famelico in questo momento, ma poco importa. Si siede accanto a me senza guardarmi ed inizia a mangiare lentamente. Prendo un profondo respiro.

—Devo parlarti. —dico piano, in modo che nessuno mi senta. Zack fissa il suo piatto per un istante, senza dire o fare nulla. Poi mi guarda come se si sentisse colpevole di qualcosa.

—Lo so.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 29, 2019 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

D I F F E R E N TDove le storie prendono vita. Scoprilo ora