4. Senza catene

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Detesto le catene. I catenacci che mi legano ai posi, che mi stringono, che mi soffocano. Tutto attorno a me è a macchie di colori sfuocati, non capisco chi mi sta torturando, non capisco più nulla. Sento una voce che non riconosco, mi dice qualcosa, ma non capisco.
Sento solo il mio respiro e i miei pensieri, che mi rimbomba nel cervello come se avessi passato la giornata a prendermi a botte in testa. Ancora, le catene. Sento il rumore di dei catenacci che si muovono e mi sento più leggera. Cado a terra sulle ginocchia, o almeno è quello che mi sembra.

-È andata. - sento, finalmente, la voce di qualcuno. Una donna, sembra l'infermiera che ha portato Zack via dalla stanza con la grande vetrata. - Credo possa venire uccisa: non arriverà a domani questa qui. - sento qualcos'altro, oltre alla sua voce. Un dolore lancinante che parte dallo stomaco, dove qualcuno mi colpisce con un calcio. Tossico più volte, con la vista che mi si annebbia sempre di più.

-Sai bene che non possiamo ucciderla. Deve morire senza che noi interveniamo. - è una voce maschile e giovane a parlare.
Sento dei passi rimbombare sopra ad un pavimento in una stanza vuota, e una porta - o un portone - spalancarsi violentemente.

-Va bene, ho capito. Andiamo, prima che ci chiedano qualcosa. - è di nuovo la voce della donna a parlare, che poi vedo - sempre in modo indistinto - uscire dalla porta seguita dal ragazzo.
Intanto, altre due figure si avvicinano a me. Sembrano due uomini, ma non posso esserne certa. Uno dei due si inginocchia di fronte a me e mi studia il viso, sfiorandolo con le dita ruvide. Non ho la forza per spostarmi o allontanarlo, anche se probabilmente non lo farei neanche se ci riuscissi: non sembra volermi fare del male.

-Questa è quella di cui parlava. La vogliono morta. Non credo sia compito nostro aiutarla, ma...- inizia a dire l'uomo di fronte a me, allontanandosi un po' per rimettersi in piedi, davanti all'altro uomo.

-Ma tu lo farai comunque, vero? Sei solo un ingenuo ragazzino!- sbotta l'altro, urlandogli contro. Ha un accento duro, non italiano, molto probabilmente tedesco. Adesso è lui ad avvicinarsi a me, spostandomi con un piede sdraiata di schiena.-Alzati!- urla, rivolgendosi, questa volta, a me.-Lo so che mi senti!- tossisco, piegandomi in due dal dolore, per poi cercare di tirarmi su con i gomiti.

Sento la porta spalancarsi di nuovo, e mi giro in quella direzione. Benché sia lontano almeno venti metri da me e la mia vista non funzioni bene, lo riconosco. Alrich, a capo del laboratorio di ricerca nel nord Italia, colui che mi ha portata qui. Al suo seguito, due guardie in camici bianchi trascinano via, contro le loro proteste, i due uomini davanti a me. Quando queste se ne sono andate, noto un'altra figura scortata da due guardie -­ si riconoscono da i vestiti neri e non candidi - che riconosco come William.

-Kimberly! Credevo avresti resistito, sai? Ho portato un sostituto. Un novellino, a quanto pare.- sorride -almeno, così mi sembra - e spinge William nella mia direzione-Devo ancora decidere che cosa farne, di te...- senza forze, senza energia, senza vista, mi aggrappo con forza al braccio del ragazzo di fronte a me. Lui rimane per qualche secondo sconcertato, ma a me non importa: il contatto con lui mi restituisce energia, è una cosa che ho imparato a fare l'anno precedente, in una lotta corpo a corpo con un diverso di origine russa. Ovviamente so quanto non sia piacevole subire una cosa del genere, perciò cerco di recuperare le forze il minimo indispensabile per poi allontanarmi e alzarmi in piedi. Finalmente vedo nitidamente, vedo l' enorme palestra vuota in cui ci troviamo, dove sulle pareti ci sono diverse catene attaccate al muro che a loro volta sono collegate a macchinari di ogni genere, ovviamente,

Una volta in piedi, mi posiziono davanti a William, in segno di protezione. Alrich ride, ma fa segno alle guardie di attaccarmi. Con un movimento rapido delle gambe, mi sono già di fianco, ma so bene che è impossibile che due uomini senza alcuna caratteristica speciale come la mia o quella di qualsiasi diverso. Ritengo impossibile che i due siano come me, dato che Alrich, da quanto ci ha fatto e da quello che ha detto che siamo, - mostri, cavie da laboratorio - ma quando mi attaccano sono costretta a cambiare idea. Nel momento in cui una delle due guardie mi si avventa contro, mi rendo conto di quanto sia più forte di un semplice essere umano. Alcuni di noi hanno come caratteristica la forza sovraumana. L'altro uomo invece, inizialmente non sembra essere più forte o dotato di Alrich, un semplice umano. Mi rendo conto troppo tardi di essermi sbagliata terribilmente. Quando anche lui prova a scaraventarmi a terra, al contatto delle sue mani con le mie spalle, mi sento privata dell'energia che avevo appena recuperato tramite William. I miei sensi sono di nuovo deboli, vedo poco e sento ancora meno.

Odo una sirena, e vedo delle luci gialle e rosse accendersi per la stanza e per i corridoi oltre la porta. Alrich e le sue guardie corrono fuori, mentre William mi aiuta ad alzarmi e mi prende in braccio. Mi dice qualcosa all'orecchio mentre usciamo anche noi, ma lo sento lontano e distante. Lotto con tutta me stessa per tenere gli occhi aperti, voglio capire cosa sta succedendo. Non distinguo i corridoi, sono tutti uguali ai miei occhi persi e annebbiati. Ci fermiamo, infatti, in un corridoio uguale a tutti gli altri, a parte per un particolare: Zack. Intima qualcosa a William che non riesco a capire, e nel frattempo mi indica. Lo vedo mentre mi prende tra le braccia, nonostante le lamentele di William. Corrono all'esterno, nel cortile davanti alla mensa, dove ci nascondiamo dietro ad alcuni cespugli.

-M-mi vogliono morta...- sussurro lievemente, per quanto io riesca a parlare con le scarse forze che ho in corpo.-Ma tu, Zack, perché ci stai aiutando?- il primo pensiero che mi è passato davanti agli occhi, quando mi ha presa tra le braccia, è stato quello di prendere un po' della sua energia, come avevo fatto con William, ma poi ci ho ripensato. Zack sembra un tipo permaloso, e farlo arrabbiare mentre sono in queste condizioni mi metterebbe in guai inutili.

-Zitta, non è il momento delle spiegazioni. Sì, vogliono ucciderti. Ma vogliono uccidere te come vogliono uccidere me. Non sentirti troppo importante, solo perché la tua morte è già stata programmata... almeno una volta.- gli rivolgo un debole sorriso che forse lui non nota, ma non mi importa. L'unica cosa che voglio fare in questo momento è chiudere gli occhi, sapendo di essere in buone mani.



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