Racconto già pubblicato separatamente, ho deciso di aggiungerlo perché secondo me si addice a questa raccolta (e così non è necessario salvarsi ventimila libri diversi in biblioteca).
Buona lettura!Osservo in silenzio le gocce d'acqua scivolare lungo il finestrino e riflettere i fievoli raggi di luce come in un caleidoscopio impazzito. Il cielo è plumbeo. Ormai piove da giorni, ma nemmeno oggi sembra voler accenare a smettere. Appoggio stancamente la testa al vetro e, mentre mi lascio cullare dal lento dondolio del treno, guardo distrattamente la lunga fila di automobili in colonna sull'autostrada. Nella società moderna, a contare è soprattutto la velocità. In questa frenesia il viaggio vale meno della meta. La meta... alla mia manca ancora molto.
Il treno avanza. Distolgo l'attenzione dal panorama di cui godo dal finestrino e mi concentro su ciò che mi circonda all'interno del convoglio. Vedo visi stanchi, tirati. Sul sedile di fronte al mio una ragazza armeggia con il cellulare. Le sue dita corrono veloci sull'apparecchio di nuovissima generazione, ma lei appare rilassata. Ha gli auricolari infilati nelle orecchie e a tratti canticchia una melodia allegra, unica nota di colore in un mondo spento.
Il treno rallenta, entra in stazione, si ferma. La folla spinge per entrare. La ragazza si alza e ripone delicatamente il cellulare nella borsa.
-Arrivederci.- Saluta educatamente e se ne va.
"Arrivederci". È la prima parola che mi viene rivolta da quando sono partito. Sono così sorpreso che quasi non le rispondo.
Il treno riparte, i visi al suo interno sono cambiati. Ora di fronte a me c'è un uomo che lavora freneticamente al computer portatile. In un angolo, in piedi, c'è una donna con in braccio il suo bambino. Il piccolo piange e lei tenta di calmarlo cullandolo lentamente, ma il treno sussulta di continuo, spaventandolo.
Viene annunciata la prossima fermata, ma la mia è ancora lontana. Manca più di un'ora di viaggio.
Caracollando lentamente, il treno si appresta a fare il suo ingresso in stazione. Un debole raggio di sole filtra dalle nuvole e si specchia nelle pozzanghere della banchina. Mi alzo in piedi, ma nessuno sembra farci caso. Chiamo piano la signora con il bambino, che si accorge di me. Le lascio il mio sedile e lei sorride.
Mi appoggio alla parete del vagone e osservo la folla riversarsi dentro il convoglio.
Il treno riparte. Chiudo gli occhi e mi estraneo da ciò che mi circonda, seguo soltanto il filo dei miei pensieri.
Quando riapro gli occhi è ormai sera. Ho superato da molto la mia fermata, ma non m'importa. Guardo fuori e scopro che il paesaggio è cambiato. Mi trovo in aperta campagna e sembra che abbia smesso di piovere. All'altoparlante viene annunciata la stazione. Ha un nome strano, quasi esotico, che non ho mai udito prima. Il treno rallenta fino ad arrestarsi, le porte si aprono. Dei pochi passeggeri rimasti, sono l'unico a scendere. Fuori l'aria è fresca e frizzante. Il sole ha squarciato le nubi, che ora risaltano purpuree nel cielo crepuscolare. Intorno a me, la natura sembra essersi risvegliata, la perle d'acqua lucente che brillano sulla tela di ragno e sull'erba dei prati sono l'unico ricordo del temporale. Un debole refolo di vento fa frusciare le cime degli alberi e uno stormo di uccelli si leva in volo, dirigendosi a meridione. Sono dotati di una bussola che li guida sempre verso sud, verso il caldo sole africano, e che permette loro di tornare, ogni anno, al nido. Quello degli uccelli è un viaggio istintivo, che appartiene alla loro stessa natura. È un viaggio puro, spontaneo, presente in loro dai tempi più remoti. Vorrei potermi levare in volo anch'io, attraversare pianure, città, montagne, villaggi addormentati, solcare in silenzio, con il vento tra le piume, i cieli più profondi e vedere, infine, l'immensa distesa blu del mare. Senza accorgermene, inizio a camminare. Non ho idea di dove mi trovi, mi fido ciecamente del mio istinto. I miei passi seguono il percorso della ferrovia. Mi lascio alle spalle la stazione e, avanzando nel tramonto, riassaporo finalmente la gioia di viaggiare. Torno a vivere davvero, lontano dallo stress e dal caos. Camminando, passo dopo passo, verso il sole.---------------------------------
Ciao a tutti, spero che questo breve racconto vi sia piaciuto ( lo so, è l'ennesimo volo di fantasia un po' esagerato e noioso, con tanto di ennesimo cambiamento di personalità, per la serie "tu ti immedesimi troppo!"). In ogni caso, fatemi sapere cosa ne pensate!
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La vecchia panchina del parco ~ racconti brevi
Short StoryRacconti brevi per chi è in cerca di una storia. ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~ Al centro del vecchio parco abbandonato c'è una panchina. È proprio lì, davanti a te, ti basta oltrepassare quegli alberi per vederla. Ora avvicinati, non e...