12. I suoi occhi tristi

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Mi allontanavo da quel posto camminando piano e sperando di dimenticarmi al più presto dove si trovasse, chiedendomi di continuo se le fossi mai piaciuta, o anche solo un minimo interessata.

Provava davvero qualcosa per me o era stata tutta una strana confusione momentanea?
Di confusione lei me ne aveva, di sicuro, lasciata molta in testa.

Calciavo tutto quello che mi ritrovavo sotto piede con frustrazione, rabbia e angoscia.

Non me ne capacitavo; come si può giocare in questo modo con una persona?

Aveva finto. Mi aveva preso in giro, illudendomi; ma il problema principale era che ci ero cascata.

Probabilmente la colpa non era stata neanche sua, forse io mi ero illusa da sola.

O magari, speravo, lei stava pensando le stesse cose di me in quel momento.

Non sarebbe mai dovuta cominciare.
Non avrei mai dovuto permettere che continuasse.
Non c'era un senso in fondo dei conti; solo disastri su disastri.

Cosa mi era capitato? Cosa diavolo mi aveva fatto? Che cazzo c'era di così incredibilmente sbagliato in me?

Avrei dovuto mettere in conto la sofferenza. Con una persona come quella poi, non avevo vie d'uscita.

La colpa ricadeva su me; ero stata stupida, troppo ingenua.

Domande mi giravano per la testa: " E se fossi gay? " " E se mia madre lo scopre? " " Lo andrà a dire a qualcuno? " " Mi rivorrà con lei? " " Mi ignorerà per sempre? " "Ne dovrei parlare con qualcuno? " " Mi considereranno sbagliata? " " Sono sbagliata? "

<< Basta! Basta! Basta! Basta! >> urlai con le lacrime che mi scorrevano lungo le guance e sui vestiti; bloccando la testa con le mani mi inginocchiai disperata sull'asfalto, in mezzo alla strada, sperando che il dolore se ne andasse e portasse il suo ricordo con se.

<< Scusami Lia, per favore perdonami. >> disse la sua voce strozzata dai singhiozzi.

Alzai la testa e vidi Elena piangere inginocchiata di fronte a me.

Mi aveva seguita tutto questo tempo.

Avvicinò una mano al mio viso, con cautela; ma al suo tocco mi allontanai di scatto, come se le sue dita fossero carboni ardenti.

<< Ti prego no. >> sussurrai con tono acuto.

<< L'ho lasciato. >> mugolò come a scusarsi, << Io non voglio lui. >>

Non volevo farmi abbindolare dinuovo, non volevo un'altra illusione che si sarebbe trasformata in finzione ed autocommiserazione.

Mi ci volle tutto il coraggio e le forze che avevo in corpo per dirlo, ma ci riuscii: << Però per quanto io voglia te; Elena, non ne ho bisogno. Sopravviverò anche senza. >>

Ci mise qualche secondo a realizzare quello che avevo detto, che lo avevo detto davvero.

Si alzò e andò via arrabbiata e delusa.

Ormai erano ore che stavo in giro, e l'alba si stava facendo sempre più evidente in lontananza.

Per fortuna arrivò lei a calmarmi e rianimarmi.

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