La sveglia suonò alle quattro e tre quarti.
Mi buttai giù la letto e cominciai a frugare nel cassetto a occhi chiusi.
Presi un reggiseno, dei pantaloncini, una canottiera e una felpa leggera.
Appena riuscii ad aprire gli occhi ed accendere la luce misi il tutto.
La canottiera bianca lunga lasciava spuntare solo qualche centimetro dei pantaloncini neri da pallavolo.
La cosa strana era che io odiavo la pallavolo e non ci avevo neanche mai giocato, però avevo questi pantaloncini.
Lasciai la cerniera della felpa grigia scura aperta e mi infilai le mie Converse bianche alte.
Sciolsi i capelli lunghi, lisci e mori dalla crocchia fatta male la sera prima; lasciandoli cadere sulle spalle e scuotendoli un po' con le dita.
Mi feci strada nel corridoio buio perché sapevo che se avessi acceso la luce avrei svegliato mia madre; che mi avrebbe riempito delle solite, noiose domande.
E anche perché ero ancora intontita e non ero riuscita a trovare l'interruttore del corridoio.
Arrivata in bagno, chiusi la porta senza fare rumore e accesi la luce.
Lavai denti e faccia, mi spazzolai i capelli e uscii velocemente di casa afferrando chiavi, telefono, cuffie e sigarette.
Era il pacchetto di Camel blu da dieci che condividevo con Alessia.
All'inizio durava una settimana; mentre adesso un pacchetto da venti dura si e no un paio di giorni.
Accesi la luce delle scale e cominciai a scenderle, inciampando solo due o tre volte.
Arrivata fuori dal portone accesi una sigaretta.
Misi le cuffie, attaccate al telefono, facendo partire una canzone caso.
Le note di "Titanium" di David Guetta mi arrivarono presto alle orecchie, rilassandomi e caricandomi contemporaneamente.
Iniziai a passeggiare per le strade poco illuminate di quella piccola città.
Nessuno.
Mi voltai a destra, poi a sinistra; nessuno.
Ero felice senza un motivo preciso. Sapevo solo che mi veniva voglia di sorridere.
Ogni mattina mi svegliavo presto per quello.
Niente macchine, persone, negozi aperti, bambini che corrono o folle rumorose.
Era il più bel momento della giornata. Mi sembrava che la città respirasse e vivesse davvero.
Semplice e incredibile allo stesso tempo. Come il primo sguardo di due persone che sai che finiranno col l'innamorarsi in un film.
Elettrico.
Si erano fatte le cinque e un quarto.
Stavo tornando verso casa per salire sulla terrazza del palazzo a vedere l'alba.
Quei colori stupendi, l'aria fresca. Cose che ripeterei all'infinito e che non mi sancherebbero mai.
L'alba finì quasi sincronicamente alla fine di "Paradise" dei Coldplay, la mia canzone preferita. Il perché si può capire, se sapete di che cosa parla.
Rientrai dentro casa intorno alle sei, in perfetto orario.
Mia madre e mio fratello si sarebbero svegliati circa venti minuti più tardi.
Mi lavai e misi i vestiti che avevo preparato sopra la scrivania. Un paio di jeans molto chiari, una maglietta verde militare con lo scollo a "V", Converse e giubbotto nero di pelle.
Asciugai i capelli e li sistemai, lasciandoli sciolti.
Misi un po' di correttore, cipria, un filo di eye-liner e di mascara.
Con lo zaino in spalla e le cuffie nuovamente alle orecchie, andai alla fermata del pullman.
Notai subito una chioma bionda e molto ricciola e occhi verdi-marroni. Una ragazza bassa e con un seno davvero esagerato. Alessia Romano.
<< Hola chicas. >> disse sorridendomi.
<< Chica. Io sono una sola. >> la corressi. << Comunque ciao. >> sorrisi.
<< Preoccupata? >> mi chiese.
<< Svogliata. >> risposi.
<< Che? >>
<< Non ho voglia di ricominciare a studiare, ascoltare e seguire. >> spiegai.
Arrivò il pullman e salimmo. C'erano Matteo, in una delle prime file, con Emanuele Fanciullino, uno dei suoi migliori amici.
Lì vicino vidi anche Laura Cantoni insieme a Camilla Genovese. Laura e Alessia sarebbero andate al Liceo della scienze umane, Camilla allo scientifico, io a linguistico e Matteo e Emanuele al secondo anno d'alberghiero.
Salutai Matteo con un bacio e gli altri con un cenno di mano e mi misi a sedere accanto ad Alessia.
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Ti vedrò nei miei sogni
RomanceNon è possibile che mi sia innamorata di lei, come è successo?