14. Raccontami di noi

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Spense la sigaretta nel posacenere, rientrò in casa e scese le scale di corsa. Aprì la porta, restando in piedi sul luscio; ad aspettare che entrassi dal cancello.

Abbassai la testa sorridendo, mi guardai intorno per qualche secondo; c'era solo una grande strada tra due marciapiedi. Per terra si vedevano ancora perfettamente le alternanze dei chiari e scuri, senza sbavature o sbiadimenti, senza segni di ruote in giro.

Pochi alberi, molte case, altalene, scivoli, grossi cani, macchine costose, strade pulite e giardini curati; era tutto quello che si riusciva a catturare con un primo sguardo.

<< Ti sei dimenticata come si cammina? >> chiese sarcastica.

Rialzai gli occhi su di lei e scossi la testa velocemente.

<< Ho un po' paura ad entrare. >> ammisi.

<< Un piede davanti all'altro, in caso ti servisse un ripasso. >> spalancò la porta, sparendo alla fine del corridoio buio.

Mi decisi ad entrare, presi un lungo respiro e lasciai chiudersi la porta dietro di me: << Ciao Lia. >> la sua voce indifesa e bassa mi arrivò alle orecchie in un attimo, in mezzo al silenzio.
Mi voltai a sinistra e la vidi seduta sul divano a guardare la finestra, che illuminava per quanto poteva il buio della stanza.

<< Ehi. >> ricambiai fermandomi e rimanendo in piedi sul punto in cui ero arrivata.

<< Hai qualcosa da dirmi? >> cominciò la conversazione.

<< Che cosa hai fatto? >> chiesi più aggressiva di quanto volessi.
<< Cioè, >> mi corressi, senza pensarci abbastanza a lungo; << che cosa mi hai fatto? >> mi misi una mano sulla bocca per zittirmi, sorprendendomi di quello che mi era uscito dalle labbra ben due volte.

Elena mi guardava con un faccia assurda, aggrottando la fronte, storgendo la bocca e poi scoppiando a ridere.

L'inquietudine di quella stanza si trasformò in una soffice spensieratezza.

Mi fece segno di sedermi accanto a lei sul divano, ma preferii mettermi sull'estremità opposta alla sua.
Elena però decise di accorciare le distanze appoggiando la testa sulle mie gambe, risolvendo il problema.

Guardai in basso, e in mezzo a quella chioma di capelli biondi e lisci, trovai un sorriso dolcissimo e due occhi scuri, che per la prima vera volta da quando la conoscevo, mostravano delle emozioni.

<< Ti ricordi qualcosa della festa a casa della Beccattino? Avevi bevuto parecchio e sembrava impossibile toglierti una bottiglia di bocca. >> mi domandò seria.

<< Poco. Qualcosa solo prima di prendere in mano il secondo bicchiere di vino, dopo lo shot di rum e le due birre. >> risposi incerta, contando con le dita.

<< Tu insistevi a bere, i tuoi amici non sapevano starti dietro. A un certo punto dicesti che dovevi vomitare, cominciasti a farfugliare qualcosa, avevi alcuni conati e loro non erano neanche in grado di portarti fino al bagno. >> raccontava un tono disgustato e gesticolando con le mani.

<< Io non riesco a ricordare niente. >> pensai ad alta voce.

<< Ti ho vista lì, alla tua prima sbronza; impacciata, goffa. E... >> il suo telefono suonò e lei si alzò per leggere il messaggio, mi guardò per un attimo, per poi rispondere. Ci pensò un attimo e infine disse << ti ho aiutato e basta, insomma facevi pena. >> concluse.

Ti vedrò nei miei sogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora