Le ore passavano veloci sotto l'ombra dell'albero.
Alessia, Camilla e Emanuele erano già lì da un po' quando io arrivai insieme a Laura e Gaia, una ragazza che avevo conosciuto un paio d'anni prima.
Non mi piaceva molto averla intorno ma mi dovetti abituare a quella sensazione, perché essendo la migliore amica sia di Emanuele che di Laura era spesso con noi.
Non molto dopo arrivarono tutti gli altri.
Salutai i gemelli Ferrini, Jacopo e Christian.
Omozigoti in aspetto, voce, carattere e ragazze abbordate, cosa che considero leggermente disgustosa.
Il modo di vestire, di parlare, il taglio di capelli, l'indirizzo scolastico, il motorino erano uguali.
Per distinguersi cambiavano i colori dei vestiti ma dato che Jacopo metteva quelli di Christian e viceversa, ti confondevano senza mai riuscire a capire chi era chi.Gli mancava solo la parlata all'unisono per vincere il premio dei gemelli più inquietanti.
Sarebbero riusciti a battere anche le gemelle di "Shining".
Arrivarono Sasha e Valerio.
Stavano insieme da tre anni circa e nonostante fossero una coppia strana, funzionavano.
Sasha, aveva due anni in più di me, era alta, bionda e con un forte accento russo.
Valerio, anche lui molto alto, ma con un marcatissimo accento siciliano aveva l'età di Matteo.
Poi venne Simone Mencattino, la persona più tenera che esisteva.
Lo era così tanto che sarei andata da sua madre a farle i complimenti per come aveva cresciuto il figlio.
Eravamo sempre stati amici ma mai confidenti, non come lo erano lui è Laura.
O Laura e Alessia, o Emanuele e Laura, o chiunque e Laura.
Lei riusciva a creare indistruttibili amicizie con chiunque e a me non andava a genio per questo; il che si contrappone a ciò che ho appena detto; lo so.
Arrivò tanta altra gente, ma nessuno con cui, a parer mio, valesse la pena interagire.
Quindi non lo feci, alcuni non li salutai neppure.
Passai un po' di tempo con i gemelli a parlare delle loro ragazze e in poco tempo si aggiunsero alla conversazione Sasha e Simone. E quando si intromise anche Gaia me ne andai da Alessia e Camilla, che stavano fumano appena fuori dal parco.
Ci mise un altro un paio d'ore ma alla fine arrivò anche Matteo.
Intrecciava le sue dita alle mie tenendo la schiena sul tronco della quercia.
La mia testa era appoggiata sulla sua spalla e le mie gambe erano piegate sopra le sue che passavano dritte tra l'erba del prato.Un momento perfetto con un ragazzo che si meritava lo stesso aggettivo.
Amavo stare con lui, ma non amavo lui.
Per quel motivo Matteo mi lasciò quello stesso giorno, dopo un litigio che a me era sembrato lunghissimo, ma che in realtà era durato solo pochi minuti.
Mi meritavo di essere lasciata, dato che non piansi lacrime per un ragazzo per cui non sarebbe stata una perdita di tempo farlo.
Alessia cercava di consolarmi e io ripetevo che stavo bene anche se tutti gli altri non mi credevano.
Per fortuna arrivò Leonardo a salvarmi da quei mostri a caccia della mia tristezza.
Mi portò al suo motorino e con quello ci dirigemmo verso la stazione della città, vicino a dove abitava lui e non poi così tanto lontano da dove stavo io.
Leonardo Pascoli era la persona più socialmente inserita che conoscevo; diceva e faceva sempre e solo quello che ci si aspetta da un ragazzo come lui: popolare, superficiale, piuttosto stupido ed incredibilmente bello.
Non so come o perché ma quando parlavo con lui riusciva davvero a darmi consigli utili.
Per un momento tornava a essere il bambino gentile e timido delle elementari.
<< È troppo tardi per tornare sui miei passi, non è vero? >> gli chiesi.
Sapevo benissimo qual'era la risposta, ma speravo, desideravo che me ne avrebbe data una di un altro tipo.
<< Vuoi tornare sui tuoi passi? >> domandò con uno sguardo consapevole che non volessi farlo.
<< Solo provare a restare amici. >> azzardai.
<< Mi dispiace, ma non credo che voglia essere un tuo amico. Almeno non adesso. >> rispose.
<< Ma perché vuoi essere amica della persona che hai ferito così tanto? >><< Non lo so, prima eravamo amici e...>>
<< E ora non lo siete più. Non tornerete ad esserlo, anche se ci proverete. >> mi interruppe.
<< Qual è la vera ragione Lia? >> chiese dandomi il via di parlare con la mano.<< Probabilmente perché mi sento in colpa. >> dissi con voce bassa.
<< Gli fatto sprecare tempo con me solo perché in quel periodo mi sentivo sola. Ma non credo che dirgli: "È vero non ti amavo, ma avrei voluto amarti. Possiamo restare amici." possa bastare.>>
<< Cosa dovrei fare per sistemare questa situazione? >> domandai quasi ad implorare aiuto.<< Lasciala scorrere. Non lo so, dagli tempo di leccarsi le ferite. Poi potrete provare a rimanere amici, se davvero volete rimanere amici. >> mi consigliò.
Nelle settimane seguenti cominciai a pentirmi d'aver rinunciato a lui.
Sentii molto la sua mancanza.
Mi ricordavo quanto ci stavo bene insieme e come le giornate passate con lui mi rendessero felice.
Mi mancava quella sensazione, abbastanza da incazzarmi con una mia amica per averlo baciato ma non abbastanza fare lo stesso anche con lui.Provammo a restare amici e riuscimmo a rimanere in buoni rapporti, ma era comunque tutto diverso, triste; quasi fosse ingiusto perdere ciò che eravamo stati.
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Ti vedrò nei miei sogni
RomanceNon è possibile che mi sia innamorata di lei, come è successo?