Capitolo 8.

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20 settembre 2013

Pov di Viola

Nella piccola camera da letto, dell'appartamento B16, risuonava musica metal ad altissimo volume, Viola spolverava la stanza, canticchiando i testi delle canzoni riprodotte dal suo Mp3, era veramente rilassante, le parole truci la riportavano alla piccola discoteca di Manchester, quel piccolo locale, di fronte l'appartamento del suo ex ragazzo, che non vedeva da ormai 6 mesi, nel quale aveva avuto la sua prima volta, dopo aver avuto il suo primo concerto, dove era trascorsa la notte più traumatica della sua vita. Ricordava con orrore ogni singolo attimo di quel giorno, ciò che più le erano rimasti impressi, erano gli interminabili minuti del post-spettacolo, quando aveva deciso di festeggiare per il successo del concerto, con un paio di birre, quando Nash, il ragazzo che credeva di amare, l'aveva presa per i fianchi, baciata dolcemente, prima nell'incavo della clavicola, e poi, pian piano, sempre più su, raggiungendo le morbide, e carnose labbra, della ragazza, che aveva assaporato tante volte, prima di allora. E poi, lei aveva commesso lo sbaglio. Si era abbandonata al ragazzo, aveva ricambiato i baci selvaggi, aveva fatto si che egli la conducesse fuori dalla discoteca, nella cantina di casa sua, aveva fatto si che la spogliasse, continuando a baciarla, solo allora aveva provato a respingerlo, ma ormai l alcool eccessivo, che lui aveva bevuto, non  fece in modo che la ragione avesse la meglio. Gli attimi di passione, erano diventati attimi di violenza. Lei non era riuscita a fare niente. Nash aveva preso il controllo, ormai era troppo tardi. Era riuscito a violentarla, il suo sangue era dappertutto, Viola era sconvolta, aveva tantato un'ultima mossa, le sue mani deboli, avevano afferrato una bottiglia di vino, una della tante che la cantina conteneva, e l aveva scagliata contro il ragazzo. Non era riuscita ad ottenere il risultato sperato, la pazzia di egli era aumentata, prese anche lui una bottiglia e la scaraventò contro il corpo tremante della 17enne, le scheggie di vetro, le avevano sfreggiato il candido viso, procurandole la cicatrice che ancora, le segnava il viso.
-Violaa, porco cane spegni sta cosa!
La ragazza sentì il fratello urlare dal bagno, adorava dargli fastidio.
-Ajay, non rompere il cazzo!
-Viola, madonna, non ti ci mettere pure tu...- il giovane entrò nella stanza, allacciandosi la fibia del pantalone, spense l'Mp3 e con lo sguardo cercò qualcosa tra il cumolo di vestiti appoggiato sul suo letto
-Cerchi qualcosa?
-No.. solo..- si avvicinò al mucchio -Ah ecco- prese un maglioncino di cotone blu elettrico, che gli metteva in risalto gli occhi grigiastri.
-Ma aspetta, oggi hai l'incontro con i tizi dell'Italia?
-Esatto, madonna sono super agitato, sono tipi difficili, soprattutto uno di loro..
-Dato che non ho niente da fare... posso venire con te? Non sarò da intralcio
Ajay scoccò un'occhiata all' orologio, erano le 9:20, quel giorno non era andato all'università
-Scusa Viola, ma no dovresti essere a scuola alle 9 e passa di un venerdì mattina?
Merda. Era convinta che non se ne sarebbe accorto andando all'università, e aveva completamente dimenticato questo piccolo inconveniente
-Avevamo deciso con la band di fare delle prove extra.. ma Den ha rimandandato all'ultimo minuto...
Il fratello le scoccò un'occhiataccia
-Okay, okay, due ore di trigonometria, non le avrei sopportate, una volta ogni tanto si può fare, fratellone non fare sta faccia da duro.
Ajay era palesemente stressato, non ci fece troppo peso là per là, avrebbero fatto i conti dopo.
-Ne parliamo più tardi, vieni va' che è meglio, voglio evitare che ci tolgano l'appartamento a causa della tua musica assordante.
-Grandee
-Vestiti, muoviti, fai tutto velocemente. Ah, ti avverto sono due tipi strani
-Ah bhe, gli italiani, so tutti strani dicono
-Sta zitta, non perdere tempo.
Ajay lasciò la stanza con un sospiro.
Viola posò la pezza per la polvere che aveva ancora in mano, e prese dalla cassettiera una maglia con il logo della sua band, ed un frase tratta dal loro singolo più famoso, prese anche un felpa aperta, nera con il cappuccio, un pantalone stretto, anch'esso nero, con lo strappo sulle ginocchia, e un cappello di lana della Obey. Non aveva voglia di fare troppe cerimonie, decise di non passarsi la piastra, e quindi di lasciare i lunghi capelli corvinei alla naturale. Passò davanti lo specchio per caso, e ancora una volta, come succedeva da 6 mesi ormai, provò orrore, a vedere la spessa cicatrice che le incorniciava il viso. Provò una fitta al cuore, e si costrinse a non pensare a quella notte. Si coprì la guancia con i capelli, infilò gli anfibi, afferrò il cellulare, e uscì dalla camera, sbattendo la porta.

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