2° Capitolo

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Cècile non era mai stata il genere di ragazza pronta a rispondere a una persona che non aveva mai visto prima.
O a qualsiasi altra.
In speciale modo se era qualcuno della sua età. Come si rivelò lo sconosciuto poco distante da lei, appoggiato al muro vicino all'anta semiaperta dell'uscita di sicurezza da cui pochi istanti prima era corsa fuori lei. La ragazza si irrigidì sul posto, pensando al modo migliore per andarsene, o meglio fuggire. Quello era sempre stato il suo rifugio. La zona fumatori era dall'altra parte, ma probabilmente quel tipo non sapeva neppure che esistesse una zona per fumatori, una legge non scritta tra gli studenti. Perché il tipo aveva in mano una sigaretta.
Una di quelle artigianali, la cartina arrotolata alla perfezione, il filtro ben inserito, l'odore pungente. Se la teneva tra le dita, con la mano mollemente lasciata andare lungo il fianco, ma un particolare la incuriosì.
Era spenta.
Eppure l'odore era forte.
Era un odore di sigarette che cercava di coprire una fragranza particolare.
Più dolce.
-Non hai la faccia di una che cerca guai...eh? Allora che ci fai qui?
Cècile corrugò la fronte, alzando lo sguardo. I suoi occhi vuoti osservarono due occhi pieni e attenti, appena socchiusi a osservarla bene, come se tentassero di vedere nel profondo...di capire se ci fosse una luce nel fondo di quel tunnel di ghiaccio del suo sguardo.
Ed era una cosa strana.
Incredibilmente strana.
Di solito la gente cedeva sotto il suo sguardo, si sentiva in soggezione almeno quanto si sentiva lei. Distoglievano l'attenzione e iniziavano a ignorarla.
Mentre quegli occhi, quegli occhi erano caldi, sicuri, anche sfrontati di chi sa tante cose e si fa beffa degli altri, che non conoscono la vita come loro. Era uno sguardo che conosceva mille storie e mille avvenimenti su un viso perfetto da angelo.
- Vuoi scappare, eh? Te lo si legge in faccia.- le sorrise, rivelando una dentatura perfetta che gli illuminava il volto -Scappare è da codardi, tu mi sembri una tipa forte, non dovresti farlo. Dovresti reagire. Credimi lo so. Questa scuola non è niente rispetto all'Istituto Correzionale da cui provengo, te lo assicuro.-
La ragazza non si mosse di un centimetro. Quel ragazzo bello come il sole, con quei capelli scompigliati biondo-rossicci, quegli occhi pieni e luminosi, quelle labbra dipinte e carnose...proveniva da un Istituto Correzionale?
Doveva essere il classico bello e dannato.
Le compagne di Cècile ci avrebbero sbavato dietro per il resto dell'anno, con gridolini, risatine e lettere d'amore in cui avrebbero rivelato i loro sentimenti...e probabilmente se la sarebbero presa con lei se l'avessero vista parlare con lui. Anche se tecnicamente era lui a parlare e lei se ne stava in silenzio ad ascoltare.
Come sempre.
Ma questo sicuramente non le avrebbe fermate, perché Cècile le conosceva. Ne aveva avuto esperienza. E chissà perché le pareva che le parole del ragazzo si stessero riferendo proprio a quello, sebbene fosse una cosa quasi impossibile...
Non si erano mai visti prima.
E le risultava strano anche il modo in cui le si stesse riferendo. -Wow, non mi aspettavo che esistessero ancora delle ragazze così...- si scostò dal muro, ritirando la sigaretta in una scatola di latta piccola e sottile, facendola poi sparire in una tasca interna al chiodo di pelle. La ragazza lo osservò mentre si passava una mano tra i capelli già scompigliati e le faceva l'occhiolino, facendole socchiudere appena le labbra per lo stupire. Nessuno le si era mai rivolta in quella maniera. Lei era sempre stata la strana. Quella che rappresentava solo un numero su un registro o una sedia in più in mensa, non aveva mai avuto un ruolo o un identità tale da ricevere attenzioni di quel tipo. Quelle che le dedicavano era di tutt'altro genere.
-La prossima volta mi dirai se i miei consigli sono stati utili - le dedicò un altro sorriso, portandosi una mano alla fronte in un simpatico gesto di saluto militaresco -Torno in riga con gli altri, Occhi Belli!-
E con quell'ultimo strano nomignolo rientrò a scuola. Lasciando Cècile lì.
I muscoli della schiena si rilassarono, appena rimase sola, mentre la mente era ferma a quel soprannome.

Occhi Belli...

Nessuno le aveva mai rivolto la parola chiamandola così, con quel appellativo tanto famigliare quanto lontano...tranne...l'unica persona che l'aveva capita e le aveva donato uno dei primi sorrisi della sua vita...
Sua madre...

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