4° Capitolo

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Il ragazzo la osservò da sotto le sue lunga ciglia dorate, mentre lei non riusciva neppure ad alzare lo sguardo. La timidezza cronica e la paura le impedivano di farlo. Per la prima volta qualcuno le stava vicino e lei non sapeva come reagire.
Era impreparata.

-Ehi, non per allarmarti Occhi Belli, ma tutti ci stanno guardando...sai per caso se ho qualcosa in faccia?- le chiese divertito, facendo tintinnare l'ombrello contro il pavimento prima di appoggiarselo sulla spalla -Solo per capire, sai...

Cècile avrebbe voluto dirgli che era per il semplice motivo per cui nessuno stava con lei. Era sempre guardata male. E nessuno voleva starle vicino, perché era come stare con un fantasma...lei non esisteva davvero.
Non parlava.
Non faceva rumore.
Era come un soffio gelato d'inverno.

E tutti l'avevano sempre evitata.
Tutti tranne lui.

Avrebbe voluto dirgli che probabilmente tutti lo guardavano perché era bello e perché aveva tenuto sotto il proprio ombrello una persona insignificante come lei. Avrebbe voluto anche ringraziarlo per il gesto gentile. Avrebbe voluto...ma la paura la frenava.

E se fosse stato un trucco?
Se fosse stata solo un'altra mera illusione, un inganno per additarla e ridere di lei?

-Fammi indovinare, non ho niente in faccia e loro mi fissano perché sto qui con te?- mormorò al suo orecchio, improvvisamente vicino. Troppo.
Cècile anaspò per un momento e il ragazzo le toccò delicatamente una guancia, pensieroso. I suoi occhi le accarezzarono il volto con dolcezza, poi tornarono sicuri e divertiti.

-Beh...se è così che si fottano.- scrollò le spalle, lasciando che lei aprisse il proprio armadietto e vi appoggiasse i libri bagnati. Il ragazzo li osservò prima di sfilarglieli. Li soppesò fra le mani, incerto.

-Sono completamente fradici. Lascia fare a me, entro la giornata saranno asciutti. -se li mise sotto braccio e le chiuse l'armadietto, sporgendosi verso di lei -E se ti chiedi perché lo faccia, ti avverto subito che non è tutta gentilezza. Non sono finito qui per questo. È perché mi stai simpatica Occhi Belli. Sei diversa. Proprio come me.-

Cècile sbatté le palpebre, guardandolo allontanarsi con una mano in tasca e i suoi libri bagnati sottobraccio. Lo vide fermarsi e sorriderle:

-Prendi pure i miei libri!

E solo in quel momento notò la tracolla nera ai suoi piedi. Si chinò a toccarla, esternamente era fradicia, ma internamente era asciutta e i libri al suo interno erano uguali a quelli che aveva avuto lei.
Levò di nuovo lo sguardo, ma il ragazzo era scomparso.

****

-Il test che eseguirete domani sarà molto importante per la media scolastica di questo semestre. Non lo dico per mettervi paura, ma poiché è un dato di fatto... - il professore dovette alzare la voce, mentre i suoi alunni si affrettavano a ritirare i libri al suono della campanella.
Sconsolato fece un gesto con la mano, e si rimise in cattedra a controllare alcune carte. Quegli studenti...amava la propria professione, ma ultimamente era tutto così esasperante.
Levò lo sguardo e notò che la classe si era completamente svuotata tranne per una ragazzina ferma a fissare un banco vuoto di fianco a sé.

-Signorina Winter?

La ragazza alzò lo sguardo, gli occhi freddi a guardare un punto perso alle spalle dell'insegnante. L'uomo si grattò il mento, alzandosi pensieroso. Quella ragazzina aveva gli occhi più inespressivi che conoscesse. Eppure in quel momento gli sembravano solo...triste.

-C'è qualcosa che non va?

La ragazza si agitò sul posto, torturandosi le maniche del maglioncino blu scuro che indossava. Aprì le piccole labbra rosee, per poi richiuderle. Le riaprì di nuovo e l'uomo capì.
Stava parlando ma a bassissima voce.

-La pausa pranzo non durerà tutta la giornata...- sospirò in fine, scrollando le spalle. Non riusciva a sentirla. La osservò prendere i libri e dirigersi a testa bassa verso la porta. -Cècile!

Sentendo il suo nome la ragazza si voltò, in una muta domanda.

-Se hai bisogno, quando vorrai parlare, io ci sarò.- le sorrise.

La ragazza sbatté le palpebre e sorrise lievemente, sebbene gli occhi fossero d'improvviso un subbuglio di emozioni.
E poi corse fuori.

Cècile si fermò davanti al suo armadietto e aprendolo osservò i propri libri impilati in ordine, asciutti. Lo richiuse lentamente, corrugando la fronte. Quel ragazzo...come aveva scoperto la sua combinazione? E come aveva fatto ad asciugare i libri? Aveva saltato scuola? Dov'era finito?

Chiudendo l'armadietto notò qualcosa per terra, chinandosi, raccolse un piccolo biglietto su cui una grafia aveva scritto disordinatamente poche righe.
Infilò i libri nella tracolla nera del ragazzo e si diresse verso l'aula d'informatica.

L'aula era buia, un solo schermo del computer era acceso e trasmetteva la sua luce bluetta tutta intorno. Seduto davanti, un ragazzo stava mangiando un panino in silenzio. Aveva su delle cuffie nere e rosse e muoveva la testa a ritmo, pensieroso. Quando vide lo spiraglio della luce provenire dalla porta si sfilò le cuffie e si voltò, facendole cenno di avvicinarsi.

Cècile si mosse in silenzio, tendendogli la tracolla con un leggero sorriso.

-Prego...i libri sono nel tuo armadietto...come avrai notato. Te l'ho detto che non sono propriamente un bravo ragazzo...- le fece l'occhiolino -Ti va di sentire qualcosa?

Cècile tentennò, osservandolo attentamente. Si doveva fidare?

-Non ti farà diventare sorda, se è questo che temi!- scherzò, spostando la sedia di fianco a sé per farla sedere -E giuro che se non ti piacerà smetterò di sentirla anch'io!-

La ragazza si sedette, lasciandosi convincere. La luce dello schermo disegnava strane ombre sul suo viso, rendendolo più misterioso del solito. Le mise le cuffie con delicatezza, e poi digitó qualcosa sullo schermo, era un programma strano, con varie linee colorate in 3D, che appena iniziò a sentire un ronzio iniziarono a muoversi.

Cècile sentì dei brividi, seguendo le linee che si intrecciavano sullo schermo, mentre il ragazzo la osservava attentamente. Gli occhi riflettevano le luci colorate, e gli scoppi che ronzavano e vibravano nella sua testa.

Chiuse gli occhi.

Quella voce. Era una voce purissima, dolce...lontana e perfetta. Sembrava di conoscerla, ma forse era solo fantasia.

Improvvisamente aprì gli occhi e si ritrovò il ragazzo vicinissimo. Aveva posato un orecchio sulla cuffia e il suo respiro le solleticava il collo facendo vibrare ogni cellula che componeva il suo derma.

Il cuore le scoppiava in petto, mentre la musica si abbassava e tornava un leggero ronzio.

-Piaciuta?- le mormorò all'orecchio il ragazzo, togliendole le cuffie -La sto perfezionando. Ma manca qualcosa...-

Tamburello con le dita sul tavolo e poi se le passò tra i capelli. Prima di guardarla di nuovo.

-Manca...il suono del silenzio, vero?- buttò la testa all'indietro sospirando, e chiudendo gli occhi.

Cècile si chiese perché le pareva che tutto quello centrasse proprio con lei. E si chiese il motivo per cui il cuore le martellava ancora nel petto, sebbene la musica avesse smesso e fossero da soli nel più totale silenzio.

Il silenzio era conforto.
Ma lei ora desiderava il suono della sua voce.
Voleva sentirlo parlare, ancora, ancora e ancora...

-Ancora...

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