8° Capitolo

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- Sono quello che tu vuoi.

Cécile sbatté lentamente le palpebre, schiudendo le labbra, incerta.
Non era sicura di aver capito bene, sebbene ora il respiro fosse regolare e la testa non girasse più, si sentiva intorpidita e stanca. Come se da un momento all'altro avesse potuto scivolare in un sonno profondo, tra le braccia di Morfeo, che nella mitologia greca rappresentava la divinità dei sogni.
Cercò di corrugare la fronte e di aprire di nuovo la bocca per riformulare la domanda, certa di aver sentito male la risposta, ma, presa da un'improvvisa debolezza, le si appannò nuovamente la vista e le due mani forti e gentili di poco prima tornarono a toccarla, sorreggendola.

- Hai un calo di pressione, Occhi Belli. - le fece notare la voce leggermente roca del ragazzo, come se stesse trattenendosi dal compiere un altro gesto.
"Forse l'istinto di scappare da me." pensò la ragazza, sforzandosi di mettere a fuoco di nuovo il volto di lui, ma la vista le si era appannata ulteriormente.

- Ti porto in infermeria. - e dopo quell'affermazione, i suoi piedi non taccarono più la solida terra e da verticale si ritrovò orizzontale, stretta dalle braccia calde di quello sconosciuto, che pure le pareva così famigliare... Aveva la consapevolezza che non fosse di quel paese tranquillo che l'aveva "accolta" fin dalla sua addozione, eppure qualcosa nel suo stomaco pareva volesse ricordarle dell'altro. Il suo cuore sobbalzava e le guance andavano più in fiamma del solito in sua presenza.

O, forse in quel caso, era solo per l'attacco di panico che stava avendo. Sapeva che era quello perché le era già successo prima. Soltanto una volta: durante il funerale della sua madre addottiva, l'unica che l'avesse mai voluta davvero, in quella casa che ora si stava rivelando una prigione silenziosa di ricordi e rancore.
Quando le era capitato l'avevano portata in ospedale, dandole dei tranquillanti, gli stessi che aveva preso Mary per mesi prima di morire.
A quella vista le era venuta la nausea e il peso che le aveva oppresso il petto era solo aumentato, facendola restare senza respiro.

Invece in quel particolare frangente, Cécile si sentiva solo debole e il contatto con quelle braccia sconosciute aveva avuto lo strano potere di calmarla. Non sapeva neppure come avesse fatto, eppure ora si sentiva fiacca e basta, il peso che la opprimeva si era sciolto lentamente. Strinse le palpebre cercando di capire se fossero giunti o meno in infermeria, lottando contro il torpore che la stava pervadendo. Voleva riuscire a riafferare la voce ora che ce l'aveva fatta, invece essa stava già scomparendo nei meandri del suo essere, intimorita dal proprio suono esile e fragile.

Sentì che qualcuno le posò su qualcosa di morbido, delle mani le accarezzarono la fronte e la coprirono con qualcosa di leggero. Percepí due voci, ma non riuscì ad afferrare il senso di quelle parole sospese nell'aria. Cosa le aveva detto?
Non era più certa di aver sentito qualcosa. 

Scivolò lentamente nell'incoscienza senza poterlo impedire, si sentiva troppo stanca per fare altro, troppo debole.
Il respiro le si fece cadenziale e regolare di chi si affacciava con la mente al mondo dei sogni, come se non avesse dormito da giorni. Non ricordava di essere più riuscita a sognare dopo la morte di sua madre, tra notti insonni e incubi da cui si svegliava urlando senza emettere suono...
Ricordava solo buio e ombre.

Invece quando riaprí gli occhi si ritrovò in un giardino rigoglioso, dai colori intensi e vividi.
Il sole splendeva sul suo capo, facendola sentire protetta.
Si trovava a piedi scalzi immersi nell'erba umida, nudi, quanto lei. Non indossava alcuna veste, ma sentiva che stava bene così.
Non era imbarazzata.
Non si sentiva davvero nuda.
Era una sensazione strana.

Aprì le braccia, iniziando a girare su sé stessa, la sua pelle pallida riluceva diafana nella luce del sole alto sopra di lei, mentre una risata cristallina le usciva dalle labbra. Non conosceva molto quel suono, le risulatava così strano che provenisse da lei.
- Cécile! Cécile!
Una voce femminile e dolce la fece voltare di scatto, perdendo l'equilibrio già precario a causa del girotondo su sé stessa che aveva appena fatto e cadendo a gambe all'aria.
I capelli scuri le velarono la vista, nell'esatto istante in cui qualcuno le cingeva le spalle esili e le baciava i capelli.

Non riuscì a vedere la figura misteriosa e famigliara a un tempo della donna, ma la sua voce nitida le si impresse nelle orecchie. Era una voce alta e musicale, che l'avvolse in un bozzolo di luce e calore che non aveva mai provato prima...
Forse solo in un ricordo lontano nel suo cuore.

- Sussurra dolcemente il primo spicchio del cielo, mentre i veli tremano intorno alla notte. Mormora nenie di memorie il secondo, quando gli occhi Abbadon schiude alla notte. Intona poesie dimenticate la Principessa Rivelata, mentre la verità si copre di inganni. Canterà maestosa la Regina che tutto domina oscurando le altre luci, quando le stelle torneranno a brillare in Terra. E alla notte la bambina senza voce offrirà il suono sempre negato, prima che il primo che parlò taccia per sempre...

Céline schiuse le labbra, ma le palpebre le si stavano facendo di nuovo pesanti e nulla pareva esserci nella sua mente di così importante da interrompere quella bellissima voce e quella strana canzone.
Una tranquillità mai provata la pervase totalmente, facendola sentire improvvisamente bene.
Bene come non lo era mai stata.
Sarebbe statao un sogno perfetto in cui vivere, ma la realtà non la pensava nello stesso modo...

§§§

Raziel scrutò attenatamente l'oggetto di fronte a sé, come se esso nascondesse un terribile segreto che lui non avrebbe mai scoperto con facilità.
Non era abituato a trovarsi in difficoltà su quel punto di vista.
Il vecchio antiquario che glielo aveva commissionato gli aveva chiesto di scoprire se fosse un pezzo originale o meno, ma quel lavoro si stava rivelando più difficile del previsto.

Aveva una laurea e ben tre specializzazione che gli conferivano il titolo di più giovane archeologo e professionista di antiquariato dal medioevo in poi, e anche per quanto riguarda la preistoria riusciva a cavarsela.
Quello sarebbe dovuto essere un lavoro da niente in confronto alla vera ricerca che lui e suo fratello stavano facendo.

- Non cambierai mai, eh?

La voce che attirò la sua attenzione era un misto tra il divertito e lo sconcertato. E rispecchiava la medesima espressione il volto, levigato e carezzevole, cinto dai morbidi capelli dorati, nel quale due limpidi occhi celesti brillavano di luce propria. La nuova figura sorrise dolcemente, mentre Raziel faceva per abbassare la testa d'istinto. Era normale che di fronte a un suo superiore si manifestasse il proprio rispetto e la propria subordinazione.

- Distrarre la mente aiuta, lo so bene... Ma il nostro compito è essenziale ora che il tempo stringe e la Barriera si sta assottigliando.

Gli occhi verdi del giovane si spalancarono per lo sgomento: - Sta già succedendo?

- Sì. Non senti il corpo più pesante?

Raziel non se n'era accorto, ormai si era dimenticato come fosse la sensazione contraria. Il suo corpo era divenuto quasi totalmente parte di lui e questa improvvisa presa di coscienza lo fece destabilizzare ancora di più.

Come aveva fatto a non accorgersi?
Osservò di nuovo l'antico cimelio di fronte a sé e sospirò, prendendosi la testa tra le mani, mentre una nuova domanda gli riempiva la mente.

- No, non è ancora troppo tardi finché c'è Fidem, ma la sua energia va esaurendosi di giorno in giorno e noi dobbiamo trovarlo. Lo capisci, Raziel?

- Lo capisco, Altezza...- annuì, mentre il cuore gli si stringeva nel petto - Briel ha una traccia...

La figura uscí dalla stanza senza fare rumore come era entrata e Raziel, tornó a guardare l'oggetto di fronte a sé prendendolo tra le mani.
I suoi ricordi si stavano annebbiando, ormai ne era cosciente. Eppure erano tutto quello che gli restava.

Memorie sbiadite di una Terra Promessa ormai scomparsa.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 19, 2020 ⏰

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