1. Salvo la vita ad uno sconosciuto e lo invito a casa mia.

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2 mesi dopo

Giugno. O meglio, due giorni a giugno.
Ero seduta sul divano della casa della signora Dora. Mi ero formata una nuova vita in soli due mesi, trovando tutto il tempo di leggere e di formarmi un'identità. Ora sono Emily Black, ho quindici anni.
Dora era una signora anziana alquanto bizzarra. La sua casa era piena di gingilli e cianfrusaglie, e adorava farsi scambiare per una chiaroveggente. L'unica cosa che era chiara però, è che non lo era. Ma fu molto gentile con me, quando le chiesi aiuto. Trovai un annuncio, qualche giorno dopo il mio risveglio: una signora cercava un coinquilino giovane che l'aiutasse nelle faccende di casa. Di qualsiasi età.
È così mi procurai un lavoro e una casa.
La signora era un po' contrariata ai miei tatuaggi, e cercai di nasconderle le armi. Fortunatamente filò tutto liscio. Solo dopo aver finito il primo libro di Shadowhunters mi resi conto della straordinaria somiglianza con la Madame Dorothea del libro, e mi gasai, almeno fino a quando non lessi che era un demone, allora decisi che era solo una coincidenza.
Mi stiracchiai curvando la schiena come un gatto e posai l'ultimo libro, appena finito.
Capisco perché prima ero una fan collezionista pazza di queste saghe...
— Ragazzina, vieni un momento qui. —
Mi chiamò Dora.
— Sì signora Dora, cosa le serve?
— Ti ho preparato la lista della spesa, è lì sul tavolo. Potresti andare a farla per me? — La camera dove si trovava era piena di arazzi con stelle di satana nei pentagrammi, mani di Fatima e altra roba così. Imparai subito a non toccare, capii che potevano succedere cose sgradevoli e che era meglio non rischiare, strega o non strega.
— Certo signora! — dissi senza particolare enfasi.
— Grazie figliola, ci vediamo fra poco.
Mi congedò con un cenno della mano.
Presi il post-it con la lista della spesa e uscii di casa.
Due mesi da quando mi svegliai, e non ero ancora riuscita a farmi degli amici. Ero un'adolescente e non avevo una vita sociale. Non mi sentivo a casa, non mi sentivo giusta.
C'era qualcosa del mio passato che mi turbava, come quando Jason Grace si ritrovò nel pullman insieme a Piper, ma non ricordava niente. Capivo benissimo come si fosse sentito in quel momento.
Oppure come quando Gilderoy Allock si lanciò da solo l'incantesimo di perdita della memoria nella tana del basilisco, ma quella è più una parodia. Io mi sentivo davvero fuori posto.
Sarà anche per le cose strane che notavo per strada, per esempio a volte mi pareva perfino di cogliere delle persone con qualche braccio in più oppure commesse con la pelle verde e squamosa, ma mi convincevo sempre che fossero allucinazioni causate dal colpo che dovevo aver preso prima di svenire.
Ma quella volta fu diverso. C'era un ragazzo biondo. E uno strano essere che somigliava ad una mucca eretta gigante. Un Minotauro. I libri di Percy Jackson mi avevano insegnato molto su mostri e divinità greche.
I due combattevano distruggendo tutto quello che incontravano nella loro avanzata, mentre le persone passeggiavano facendo finta di niente. Che strano scherzo è questo? Pensai, Foschia, per caso? Ma non può esistere per davvero!
Il ragazzo aveva una spada luminosa, e molti tatuaggi come... Come le rune degli Shadowhunters! Sarà forse una messinscena? No, quelli ci vanno forte!
Il Minotauro rifilò un destro nello stomaco del ragazzo che cadde a terra. Il mostro lo sovrastò.
Boccheggiai.
Ero confusa. Confusa e terrorizzata. Ma dovevo aiutare quel ragazzo: stava morendo. Se fosse stata una messinscena, probabilmente avrei fatto una figura di merda, ma il mio istinto mi diceva aiutarlo. Quel mostro non sembrava tanto finto.
Mi tastai il corpo alla ricerca del pugnale che portavo sempre per sicurezza.
E lo trovai. Nella tasca posteriore del mio jeans largo. Lo lasciavo sempre lì, non si sa mai. Si lo so, non è normale, ma ecco, quella era un'occasione da "non si sa mai", e non avevo ancora voglia di morire. Ma non ero pronta ad usare un'arma. Non avevo idea di come si maneggiasse un pugnale.
Ma fu come se i miei sensi si fossero amplificati.
— Hey, mucca troppo cresciuta! — urlai. Il mostro si girò verso di me giusto in tempo per beccarsi il mio pugnale giusto al centro della fronte pelosa.
Come risvegliata da un sogno, capii di aver appena ucciso un mostro alto tre metri, con un misero pugnale. Io, una ragazza senza ricordi.
Andai a recuperare la mia arma, infilata nella testa del Minotauro fino all'elsa, e la pulii sul mio jeans. Ma non era sporca, il mostro si era polverizzato senza lasciare sangue.
— Non c'era bisogno che mi aiutassi — disse il ragazzo asciugandosi la gocciolina di sangue che gli colava dal labbro. Aveva un bell'aspetto per qualcuno che era sul punto di essere massacrato. Sui diciassette anni, biondo, un bel viso spigoloso e morbido allo stesso tempo. Alto, molto alto, rispetto a me. Carino, e con un'aria orgogliosa, disinteressata e pericolosa allo stesso tempo. Probabilmente, dopo aver appena ucciso un Minotauro anche io dovevo avere quell'aria pericolosa. Stranamente non ero sconvolta, anzi, era come se avessi fatto qualcosa di naturale, come se fosse nella mia normale routine giornaliera. Il ragazzo si lisciò la maglietta. Non mi ha neanche guardata in faccia, pensai, quanta gratitudine per qualcuno che ti ha appena salvato la vita. È solo un esibizionista.
— Comunque bel tiro...
Si bloccò non appena posò lo sguardo su di me.
— Allyson... — i suoi occhi, di un dorato pazzesco, erano spalancati. Era impallidito come se avesse visto un fantasma.
— Scusami? — Non capivo. Io non lo conoscevo... O forse sì? Odiavo quella confusione.
— Ally sono Jace... Non ti ricordi di me?
Sembrava davvero in difficoltà, ma io non avevo idea di chi fosse.
— Aspetta... Jace Herondale? Sei un cacciatore, uno Shadowhunters? — dissi cercando di essere discreta. Non capita tutti i giorni di salvare la vita al proprio personaggio preferito.
Gli si illuminò lo sguardo. — Si! Ti ricordi di me? — sembrava improvvisamente entusiasta.
— Io... No, in realtà ho letto un libro... — confessai. È davvero brutto deludere uno dei tuoi personaggi preferiti che oltretutto dice di conoscerti...
— Un libro?
Ora sembrava confuso. — Ti porto a casa mia. — decisi. — Devi spiegarmi un paio di cose.

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