— Ally scappa. — Disse allungando una mano come per spingermi via. — Ma certo che no! Io voglio ucciderlo con te! — Protestai. Suona strano da dire: "ehi ciao, voglio uccidere un demone insieme a te!" ma date le circostanze...
— Allyson, vai via! — urlò impugnando la spada angelica che gli avevo visto prima.
Lo ignorai e mi preparai a lanciare il pugnale come avevo fatto prima. Ma sentivo che non era la cosa giusta da fare, c'era qualcos'altro...
— Quello è Abbadon, giusto? Un Demone Superiore?
Chiesi. — L'hai letto nel tuo libro?
— Sì.
— Sì è lui. Quasi impossibile da uccidere, ma con me nei paraggi, dubito che si avvalga ancora di questo titolo. — Sbuffai. La sua autostima era un po' troppo grande per i miei gusti.
Poi, nel libro il demone l'ha ucciso Simon, l'amico di Clary. Ora dovevo solo ricordarmi come...
Poi mi ritornò in mente quella scena: Nel libro il mostro è stato annientato dalla luce.
Spostai lo sguardo alla ricerca di una finestra. La trovai, era piccola ma il sole era batteva giusto dalla sua parte. Mi avvicinai ma qualcosa mi colpì. Era un'appendice di Abbadon, probabilmente un braccio. A pensarci bene non sembrava tanto uno scheletro. La testa era coronata da ossa sporgenti, credo, come il resto del corpo. Ed era viscido. Quasi ebbi un conato di vomito.
Il colpo subito mi aveva spinto dalla parte opposta alla finestra. Da una parte c'era Jace che cercava di avvicinarsi al demone e colpirlo, ma veniva spinto via ogni volta. Strisciai verso la finestra cercando di non farmi vedere. Sapevo di essere minuta. Ma in quel momento era un bene.
Presi l'estintore poggiato lì vicino e mi accostai al vetro della finestra per romperlo, ma Abbadon si girò e ruggì. Il suo braccio si mosse verso la mia testa, e l'avrebbe anche staccata dal resto del mio corpo, se io non mi fossi buttata per terra. Il demone sembrò spaesato. E fu come se la mia spada si fosse mossa da sola. Quella mano ossuta e viscida adesso giaceva sul pavimento. Stupendomi della mia stessa velocità, ruppi il vetro opaco con l'estintore che avevo preso, illuminando la pelle del demone. Questo lanciò un urlo e si accasciò a terra prima di sciogliersi in una poltiglia nera. Che schifo...
— Uhm, complimenti — disse Jace alzandosi in piedi e guardando schifato i resti di Abbadon.
— Come ho...
— Come hai fatto? Ce l'hai nel sangue. Ora andiamo.
Percorremmo tutta Manhattan fino ad arrivare ad una vecchia chiesa, praticamente una topaia con vetri rotti e pezzi di muro mancanti. Ma sapevo che era solo un' illusione. Infatti strizzando gli occhi la vidi per com'era veramente: uno spettacolo. Somigliava ad una cattedrale gotica, con le guglie decoratissime che svettavano verso il cielo e i gargoyle affacciati dai cornicioni.
Entrammo.
— Dovresti ricordarti dell'Istituto, è da parecchi anni che ci vivi. — disse Jace vedendomi spaesata. Mi guardai intorno cercando un punto di riferimento che potesse farmi ricordare qualcosa, ma niente.
— Quanto?
— Dieci anni. Mi conosci praticamente da sempre. — scosse la testa. — Tu sai come potrei aver
perso la memoria? — chiesi.
— No. Potrebbe essere stato un demone, un incantesimo, oppure... Be' non lo so. Dovresti farti vedere dai Fratelli Silenti. —
Arrivammo in una stanza che doveva essere l'infermeria.
— Cambiati. Sei piena di roba nera — disse indicando le macchie lasciate da Abbadon. — Hai ragione. Ho i vestiti che indossavo quando mi sono svegliata su quella spiaggia.
Entrai in una specie di camerino provvisorio, formato da diversi teli vecchi e rattoppati.
— Non ti ricordi davvero niente? Qualche immagine, una runa, una parola... Niente? — chiese mentre mi cambiavo. — Mi ricordo dei colori confusi, tutto molto sfocato, la sagoma di una persona, una luce immensa e poi le lettere di una parola... Quelle mi sono venute in mente mentre guardavo una runa. — uscii dal camerino.
— Vieni. Andiamo da Alec e Isabelle.
Mentre camminavano mi venne in mente una cosa: — Mia madre? — chiesi. La volevo conoscere. Volevo ricordarmi di lei. Jace esitò prima di rispondere. Il suo sguardo d'oro, tanto descritto nei libri, si era oscurato. — Tua madre è stata esiliata da qui e da Idris dieci anni fa. Crescemmo insieme, io, te, Alec e Isabelle. Ci adottarono. I miei genitori erano morti, anche tuo padre e tua madre è stata esiliata. Fantastico vero? — il sarcasmo che usò accentuava l'amarezza nella sua voce.
— Perché fu esiliata? — chiesi. Mi stavo arrabbiando. Cristo santo, ho perso la memoria, mio padre è morto, mia madre è stata esiliata. C'è qualcosa di bello nella mia vecchia vita?
— Ebbe una relazione con un mondano. O un demone. Non è mai stato tanto chiaro. Sta di fatto che fece arrabbiare molto il Conclave e la esiliarono. Ha il tuo stesso caratterino, sai? — disse. Quindi la risposta è no. Non c'è niente di bello nella mia vecchia vita. — Quindi io sono il frutto di una cacciatrice e un demone? Sono un mostro? —
— Nessuno ha mai capito chi era tuo padre. Tua madre non disse niente. Ma tu sei una Cacciatrice, Allyson, di questo puoi star certa. Il conclave non ha mai visto nessuno bravo come te. Non sei un mostro. — disse enfatizzando le ultime parole. Ma non mi guardava in faccia. Lo guardai io. Era serio, lo sguardo basso, il profilo perfetto, i capelli abbastanza lunghi e ondulati che si muovevano lievemente.
— Contempli la mia bellezza? — chiese risvegliandomi dai miei pensieri. Mi stupii del fatto che non era ironico. Credeva davvero che ogni ragazza cadesse ai suoi piedi, anzi, lo sapeva. È sempre stato così per lui, ovviamente.
— Certo che no. — risposi. — Ti stavo solo osservando per provare a ricordarmi di te. —
Alzò un sopracciglio poi parlò: — Siamo arrivati.
La biblioteca era bellissima. Libri, libri dappertutto. Mi guardai intorno meravigliata fino ad accorgermi di due figure chinate su alcune pergamene. Alec e Isabelle. Loro sono come me li ero immaginati. Entrambi terribilmente simili. Lei, bellissima, i lunghi capelli corvini sciolti sulle spalle, un fisico mozzafiato, al contrario della sottoscritta, ed una grazia pazzesca. Lui, solo a guardarlo capivi che aveva qualcosa in più. Robusto e dall'aria intelligente. Era bello, mi piacevano soprattutto i suoi occhi, azzurrissimi che ora erano posati su una pergamena. Il suo sguardo era corrucciato.
— Alec, Izzy, ho ritrovato Allyson. — annunciò Jace. La sua voce echeggiò in quella stanza enorme, e i due fratelli si girarono. In un primo momento, mi guardarono ad occhi sbarrati poi Isabelle sorrise venendomi incontro.
— Ally... — mi abbracciò. Forse sembrai troppo rigida, perché la ragazza si allontanò da me guardandomi con aria confusa. Anche Alec mi rivolse lo stesso sguardo.
— Ally, va tutto bene? Che ti succede?
— Ha perso la memoria. — rispose Jace al posto mio. — Ha detto che si è svegliata su una spiaggia e non ricordava nulla. Aveva dei libri, e questi libri parlavano... Be', parlavano di noi, credo. Sapeva quasi tutto di noi, non perché ricordava, ma perché l'ha letto. — ci fu il silenzio per qualche secondo, ad interromperlo fu Isabelle.
— Dobbiamo chiamare i Fratelli Silenti. Subito. Lei... Lei deve ricordare, Alec! Dillo a nostra madre! — Isabelle sembrava sconvolta.
— Iz, vado io — disse Jace. — Voi cercate di schiarirle le idee. Torno subito.
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All st➰ries are true
FanficE se tre mondi magici si unissero? Il potere dei libri è immenso.