Capitolo 2 - Runaway

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Genn ritrasse istintivamente la mano per l'elettricità che lo aveva investito. La faccia di Alex tradiva la sua finta indifferenza. Anche lui si era sentito fulminato al tocco delle loro mani. Si guardarono un attimo, imbarazzati. Gennaro non era abituato a queste situazioni. Era sempre stato il bambino preso di mira dai bulli, quello che le insegnanti dicevano "è intelligente ma non si applica" e suo padre gli alzava mani, il ragazzino rifiutato dalle compagne tranne da una. Lei lo aveva fatto sentire unico al mondo, ed era sicura di amarla anche se era ancora piccolo. E il problema era proprio quello: erano piccoli. Crescendo, erano cambiati, si erano divisi, si erano persi. Non le mancava, ma il mondo percorso da soli appare diverso. Non ti fermi più a sederti su una panchina al parco, perchè sei solo. Non ti fai più foto tessere a caso, perchè non hai nessuno con cui farle. Non prenoti più un tavolo per due in pizzeria il sabato sera, perchè sei uscito fuori dalla società per quattro anni, esistendo per una sola persona. Quindi Genn cercava di non guardare Alex negli occhi, per non tradirsi come aveva fatto l'altro poco prima. Alex, invece, non faceva che fissarlo.
E voleva parlare, ma non sapeva che dire. Che si dice a un ragazzo appena conosciuto? Alex pensava troppo. In un millesimo di secondo scorrevano davanti ai suoi occhi tutte le storie che sarebbero potute venir fuori da una risposta diversa dall'altra, come se guardasse un film. Per questo Alex non era tanto diverso da Genn. Più tempo stava a pensare più veniva preso per stupido, meno parlava più veniva emarginato. Ed era rimasto anche lui, come Gennaro, solo con se stesso e i suoi videogiochi, la sua via di fuga. Pensava che se fosse andato via, non avrebbe più rivisto quel ragazzo misterioso, e scartó subito quell'ipotesi che però, paradossalmente, era l'azione a cui era più propenso. Poi cercò di immaginare cosa sarebbe successo se gli avesse chiesto il cognome per cercarlo su Facebook, e capì che non lo avrebbe mai cercato per una paura che lo perseguitava da anni. Alla fine,raggiunse la conclusione che gli avrebbe dovuto parlare,lì e in quel momento esatto.
Genn si accese una sigaretta, la teneva tra le labbra morse dai denti mentre preparava le sue cose. L'espressione sconfortata sul suo viso lasciava trapelare l'insoddisfazione per la giornata andata male, dal punto di vista economico. Contò i soldi con cura, per non perdersi nemmeno dieci centesimi. In realtà, li contava solo per scrupolo, perché già ad occhio si capiva subito che non avrebbe potuto pagarsi la cena e l'affitto che i suoi gli imponevano. Alex notò di sfuggita quello sguardo scuro. Gli occhi di Genn erano passati dall'azzurro acceso al grigio opaco da un momento all'altro. Alex sapeva quando gli occhi si comportano così. È una cosa che ti senti dentro, che ti preme appena sul petto, ma lo senti quando gli occhi cambiano colore.
-Qualcosa non va?-chiese Alex col cuore a mille. Da che ricordava,non aveva mai iniziato lui una conversazione.
Genn lasciò l'amplificatore che stava sollevando per prendere la sigaretta tra il medio e l'indice destro. Aspirò profondamente, buttando il fumo in faccia ad Alex, che cercò di farlo disperderlo nell'aria attorno a se. Le palpebre di Gennaro si abbassavano sugli occhi stanchi. Non gli rispose non per maleducazione, ma perché non si fidava. Si era abituato a stare per conto suo. Perché mai avrebbe dovuto introdurre nella sua vita un'altra persona?
Ma Alex non si spostò di un passo, così alla fine Genn cedette.
-Non mi faranno tornare a casa con così pochi soldi.-gli rispose, mettendosi la chitarra a tracolla con un verso per lo sforzo.
Alex aggrottò le sopracciglia. Per quanto schifo avesse visto dalla sua nascita, i suoi genitori avrebbero sempre fatto invidia a quelli del Mulino Bianco. Genn tossì, e buttò per terra la sigaretta ancora mezza intera, schiacciandola violentemente con la punta del piede.
Alex si guardò intorno, accertandosi di non essere visto nè sentito da qualcuno di conosciuto. C'era sempre la sensazione dentro di lui di essere osservato dalle stesse persone che, a sua insaputa, avevano reso un'inferno anche la vita di Gennaro. Ma nelle vicinanze sembrava non esserci anima viva. Lo inquietava anche che fossero solo loro due in tutto il piazzale.
-Se hai problemi-deglutì,cercando il coraggio di terminare la frase- puoi venire da me.
Genn si dimostrò improvvisamente interessato e sollevò lo sguardo da terra, posandolo sugli occhi seri di Alex,che arretrò di qualche passo, non sapendo che reazione aspettarsi.
Gennaro strinse le labbra, senza pensare davvero alla risposta.
-Okay.- e riprese l'amplificatore. -Andiamo?
Alessio restò bloccato dalla sua risposta. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse perché Genn lo aveva lasciato senza parole. Riuscì solo a dire una parola.
-Seguimi.- e gli sorrise.
Alex iniziò a camminare verso casa sua, girandosi di tanto in tanto per vedere se Genn e la sua chitarra tenevano il passo. Lui stava con la testa abbassata sul cellulare, i rumori di un qualche giochino che riempivano lo spazio vuoto tra di loro e il fumo di un'altra sigaretta che rendeva scura l'aria.
Arrivarono davanti a una palazzina come tante altre su quella strada, e mentre Alessio cercava le chiavi del portone, Gennaro si era fermato un po' più in là, appoggiato al muro. Ad Alex caddero le chiavi, che aveva trovato nella tasca del giubbotto, ma non fece in tempo a prenderle che una scarpa lurida davanti a lui gliele tirò lontane. Si rimise in piedi e non serviva nemmeno che alzasse gli occhi per capire cosa fosse successo. Erano loro,erano sempre loro.
-Hai un amichetto,ho visto.
Alex spalancò gli occhi e gli si contrassero i muscoli, ma l'istinto lo costrinse comunque a girarsi per cercare Genn. Ma lui era sparito. Quindi si voltò di nuovo verso quei quattro ragazzoni; precisamente, verso Tony, il loro "capo", messo davanti agli altri pronto a sferrare il primo pugno. Lo mandò a segno, dritto sullo zigomo. Alessio si piegò per la botta, ma non si oppose. Si rimise dritto e aspettò di incassare il secondo, preciso e penetrante sullo stomaco.

Genn aveva il fiatone. Aveva corso come mai nella sua vita. Anzi, come mai negli ultimi anni. Era sempre stato impacciato negli sport ma era costretto ad essere bravo in uno: fuga dai bulli. E Tony e la sua combriccola erano proprio quelli che lo avevano allenato di più a scappare. Vedendoli, Gennaro si era messo a correre senza dar loro il tempo di riconoscerlo. Buttò indietro la testa,sbattendo contro il muro dietro di sé, ma non sentì nemmeno il dolore del colpo. Le lacrime iniziarono a rigargli il volto e lui non poteva controllarle. Provava a nascondere asciugandole una alla volta, ma passava la mano ormai fradicia e tremante sulla destra e subito scendeva una lacrima a sinistra. Purtroppo non aveva potuto far a meno di lasciare Alex nelle loro violente mani.
Tornò indietro solo quando sapeva che il pericolo era ormai scampato. Non se la prendevano con la stessa persona per più di un paio di minuti, salvo eccezioni. E Gennaro era stato un'eccezione.
Camminò a passo lento, ma girando l'angolo che lo avrebbe portato a casa di Alex capì che anche lui era stato un'eccezione. E si beccò una gomitata in faccia.

Urban Strangers || GennexDove le storie prendono vita. Scoprilo ora