Capitolo 5 - Il desiderio della madre

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Da dopo la rissa alla Taverna e la conseguente sgridata da parte dei nostri genitori (che fu seguita prontamene da quella del Sommo Sacerdote e dagli sguardi pieni di rimprovero da parte dei Bianco e Nero arcani che incontravo al Tempio, ai quali si addizionarono quelli i vicini di casa) io e Fatèsha ci toglieremo reciprocamente la parola.
Ma il ventitreesimo giorno del terzo Mese della Vita si stava avvicinando.
Il giorno del mio compleanno... al quale seguiva il giorno del compleanno di Fatèsha.
Io ero nato prima della mezzanotte, lui dopo.
Ero certo che ci saremmo riappacificati quel giorno, come già era successo in passato.
Tuttavia ora avevo altro a cui pensare.
Nostra madre stava peggiorando e né mio padre né mio fratello sembravano rendersene conto.
Beh, mio padre iniziava ad intuire che non si trattava di una banale tosse: sapeva della medicina che avevo preparato (ed era orgoglioso di me!), e pertanto non si capacitava del fatto che non fosse ancora guarita, ma Fatèsha...
Non era mai a casa. Sempre fuori, sempre a caccia.
La Madre sembrava particolarmente generosa con lui: nel giro di poco avevamo riempito casa di così tante pelli da doverle vendere e mio padre mi aveva suggerito di scoprire se vi erano medicine in Oriente che potessero curare la mamma: anche se fossero costate avremmo potuto ordinarle.
Così passavo giorno e notte a sfogliare libri e a scoprire i poteri di erbe, fiori e radici di cui avevo ignorato persino l'esistenza.
L'unico a conoscere il risultato delle mie ricerche era Mike.
Niente.
Chiusi anche il penultimo tomo che avevo preso dalla biblioteca e mi stropicciai gli occhi.
Ero davvero stanco.

<<Alùs? Trovato qualcosa?>> chiese Mike.

<<Nulla>> risposi come di consueto, e ammetterlo faceva male.

<<Io... lo so che non vuoi sentirtelo dire, ma a me sembra un tumore>>.

<<Hai ragione, Mike: non voglio sentirlo!>> dissi piccato, ed aprii l'ultimo tomo che dovevo ancora consultare.

<<Ma ficcare la testa sotto la sabbia non ti aiuterà a salvare tua madre! Ascolta, portala in uno ospedale della Città, lì c'è una speranza! C'è una medicina diversa da quella arcana... >>.

<<C'è anche un aria diversa, da quella che mi hai detto!>> ringhiai.

<<Sì>> ammise lui. <<La stessa che ha respirato tua madre!>>.

<<No! Mia madre non ha mai respirato quell'aria velenosa! Lei è sempre stata qui!>>.

<<Sì, lei è stata qui, ma il veleno no>> incalzò. <<Il veleno è venuto qui, trasportato dal vento. Quando io me ne sono andato con la mia famiglia gli Uomini delle Macchine stavano riconvertendo le macchine per inquinare di meno... >>.

<<Se l'aria è stata ripulita perché mia madre non migliora?>> chiesi con voce incrinata.

Mike fece un lungo sospiro.

<<Alùs, non so a che punto sia l'aria, ma posso solo immaginare a che punto sia tua madre>>.

<<Mike... >> biascicai come un cane bastonato.

Lui mi cinse le spalle con un braccio.
<<Alùs, mi dispiace>> disse. <<Vai a casa e stai con tua madre il più possibile... e appena puoi - senza farti sentire da lei - parla con tuo padre e con Fatèsha, d'accordo? Non sprecare altro tempo qui, preparati ad affrontare quel momento>>.

Silenziosamente, annuii.

<<Lascia tutto così, ci penso io>> disse, riferito ai libri.

Lasciai il Tempio con i rintocchi della diciottesima ora che coprivano il rumore dei miei passi. Il Sole stava tramontando.
Ripensai a quello che mi aveva detto Mike per tutto il tragitto.
Ero un arcano. Fin da piccolo mi avevano insegnato a non temere la Morte, perché la Morte è il Perfetto Opposto della Vita.
Se esiste l'uno deve esistere anche l'altro. Perché se un Equilibrio si spezza si trascina tutti gli altri equilibri con sé, ed il Tutto è perduto.
Gli Arcani proteggo il Tutto.
Ogni singolo arcano ha il dovere proteggere il Tutto, da chiunque e da qualunque cosa. Non importa a quale prezzo.
Anche io. Anche Fatèsha. Anche nostro padre.
Di colpo, mi bloccai.

Matrè... pensai, iniziando a collegare gli eventi.
Mia madre aveva iniziato a stare male quando Fatesha ed io avevamo iniziato ad andare a caccia e a leggere gli antichi testi.
Lui voleva sempre più prede, io sempre più conoscenza. Eravamo insaziabili.
Cupidigia.
La Madre ci aveva messo alla prova ed entrambi avevamo fallito ed ora ci apprestavamo a raccogliere la nostra punizione: avevamo perso tanto tempo lontano dai nostri genitori ed ora non ce ne restava più.
Mi bloccai di nuovo, percorso da un brivido.
Un terribile presentimento mi assalì.
Era mia madre a stare male... ma allora perché avevo pensato al plurale?
Guardai in alto.
Il cielo era di colore rosa e nuvole lunghe e sottili.
Frugai nel mio animo alla ricerca di una interpretazione di quel brivido.
Il mio cuore si fece pensante.
Mio fratello, capii. Questo è ciò che sente lui.
Un cuore triste... che si sente in colpa.
Chiusi gli occhi, svuotai la mente e poggiai la mano destra sulla maniglia della porta di casa.
Sentii tutto. Sentii il Tutto.
Una lacrima mi scese sul viso.
C'era la morte oltre quella porta, sentivo il suo freddo ed il veleno della malattia nei polmoni. Sentii anche il mio corpo dilaniato da ferite, ma fu un dolore breve.
Infine, sentii il cuore accelerato di Fatèsha ed un suo pensiero... o forse era mio, ma non importava.
Aprii la porta e trovai mia madre a terra.
Corsi da lei e la chiamai. Al terzo tentativo i suoi occhi si aprirono leggermente.

<<Alùs... >>.

<<Mamma... mi dispiace>> dissi iniziando a piangere. <<Non sono stato in grado di curarti! Mi dispiace!>>.

<<Alùs... non importa>> disse con fatica. <<Dillo anche a tuo fratello>>.

Chiusi gli occhi ed annuii.

<<Non datevi la colpa, né tra di voi né... >>.

Tossì di nuovo e questa volta sputò sangue.
Mi sentivo inutile.

<<Alùs... ho un ultimo desiderio>>.

Sapevo quell'era ed assentii con foga, ma lei aveva richiuso gli occhi chiusi.

<<Andate da Anima e Fato... >>.

<<Non ti preoccupare, lo faremo!>>.

Non feci in tempo a dirle nient'altro, che sentii il suo corpo afflosciarsi tra le mie braccia.

Fatèsha, pensai. Dove sei?

Prologues of Arcani - FratelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora