Capitolo 7 - Anima e Fato

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Arrivai davanti alla porta di casa, ma invece di aprirla mi ci appoggiai con la schiena.
Chiusi gli occhi, respirai profondamente, e mi lasciai scivolare a terra.
Il buio mi collegò al Tutto e mi diede un po' di sollievo.

<<Fatèsha?>>. La voce di Alùs, era proprio dietro alla porta.

<<Nostro padre è morto>> dissi in un soffio. <<E' morto per colpa mia>> specificai.

<<Non darti la colpa>> disse. <<Nostra madre ha detto di non darci la colpa>>.

<<Nostra madre!>> ripetei ad alta voce, spalancando gli occhi.

La quiete trasmessa dal Tutto cessò all'istante, ma anche ad occhi aperti era buio.
Che ore erano?
I fuochi delle torce a gli angoli delle strade non erano ancora stati spenti dalle guardie della ronda notturna, ma a parte quei focolai il Villaggio arcano era immerso nell'oscurità.
La Luna era assente dal cielo, e le stelle, che in genere approfittavano della sua assenza per risplendere maggiormente, erano invece fioche come nei giorni di Luna Nuova, se non di più.
Che stava succedendo al Cielo? Era in lutto anche lui?

<<Anche nostra madre è morta>> m'informò Alùs. <<L'ho portata a letto e l'ho avvolta nelle lenzuola>>.

Come me, cercava di non piangere. Non era la Morte in sé per sé ad appesantirmi il cuore, ma il senso di colpa. Non mi ero accorto che stesse così male.

Sei cieco, Fatèsha! Mi dissi. Cieco! Il Dissiparo poteva almeno cavarti gli occhi, tanto non li usi!

<<Fatèsha... >> disse Alùs, riscuotendomi dai miei pensieri. << ...nostra madre ha espresso un ultimo desiderio prima di morire>>.

<<Qualunque cosa>> dissi subito.

<<Dobbiamo andare da Anima e Fato>>.

Annuii, ma poi pensai che lui non mi stesse vedendo e dissi di sì anche verbalmente.
Mi alzai da terra ed un attimo dopo la porta di casa si aprì: mio fratello varcò la soglia e poi richiuse subito.

<<Dobbiamo seppellire nostra madre>> dissi in un soffio, pensando al tempo limite di ventiquattro ore per seppellire i defunti.

<<E' morta da poco, abbiamo tempo>> replicò lui guardando in basso.

Non insistetti e, insieme, ci dirigemmo al Tempio.
Svoltammo a destra e ci ritrovammo a percorrere la Via Principale che terminava con la scalinata che dava accesso all'edificio.
Il Tempio arcano era un ibrido architettonico di marmo bianco: l'aspetto esteriore lo faceva sembrare simile ad una cattedrale mentre le dimensioni e le funzioni erano simili a quelle di un castello, con tanto di giardino sul retro che, senza recinzioni, sfociava in un prato che non apparteneva a nessuno, se non al Tutto.
Ci avevamo svolto molte lezioni di disegno e di ginnastica in quel prato.
All'interno, il Tempio era tinteggiato con un bianco più sporco e in alcuni casi una punta di celeste per impedire che la luce riflessa desse fastidio agli occhi di coloro che vi transitavano e vi abitavano.
Gli "abitanti" del Tempio componevano il clero e la milizia arcana, ed erano rispettivamente chiamati Bianco arcani e Nero arcani, per via dei colori dei loro abiti.
Il bianco ed il nero sono da sempre i colori con la lista più lunga di attribuzioni iconografiche: bene e male, luce e ombra, vita e morte, purezza e peccato...
I Bianco arcani erano per natura estroversi, emotivi, spirituali... mentre i Nero arcani tenevano per sé i propri pensieri, celavano ai più le loro emozioni e prediligevano i fatti alle parole.
Ci imbattemmo in molti di loro e, nel farlo, mi chiesi per quale assurda ragione io e Alùs non fossimo lì già da tempo.
Era chiaro che quello era il nostro posto.
Le coppie che ci passarono accanto o che scorgemmo a parlare sottovoce erano proprio come noi. Riflessi viventi gli uni degli dell'altri differenziati solo dai due colori, che si riproponevano sia nei mantelli con il cappuccio indossati da chi si apprestava ad uscire all'esterno che in tutti gli altri capi.
Scendemmo le scale che conducevano ai sotterranei e scostammo la tenda grigia che copriva l'arco d'entrata.
La sala era circolare ed immersa nel buio rotto unicamente dalla luce di due bracieri posto vicino all'arco.
Ci posizionammo al centro della sala e subito le due metà, che dormivano separate, si svegliarono e si unirono davano a noi, formando un unica statua.
Anima era la parte di pietra bianca, femminile, giovane, e benevola mentre Fato era la parte di pietra nera, maschile, vecchia e maligna.
Come avevo previsto, fu proprio quest'ultima a darci il benvenuto.

<<Peccatori>> disse, con la sua voce secca.

Chinammo il capo.

<<Fareste meglio a guardarci in faccia, non siamo interessate ai vostri capelli>> continuò.

Ubbidimmo.

<<Siete qui per rispettare il desiderio di vostra madre>> parlò Anima con la sua voce calda.

Non capii se era una domanda o una affermazione, ma non importava, era la verità.

<<Abbiamo commesso degli errori>>.

Io ed Alùs avevamo parlato in coro. Ci guardammo e serrammo le labbra.
Fato mi indicò con una delle sue scheletriche dita.

<<Tu hai peccato d'avarizia>> disse. <<E tu hai peccato di superiorità>>.

Vidi Alùs spalancare gli occhi.

<<Credevi di poter curare tua madre, credevi di poterlo fare da solo, ma il potere non può esistere in una sola persona>> disse, citando uno dei primissimi insegnamenti del Credo.

<<Vogliamo rimediare!>> esclamai.

Sapevamo benissimo che cosa avevamo fatto, non c'era bisogno che ce lo ricordassero... noi eravamo i primi a sentirne il peso e saremmo stati gli unici a pagarne le conseguenze.

<<SILENZIO!>> urlò Fato, facendo cadere dei pezzetti d'intonaco ddl soffitto.

Tacqui.

<<Prima di sapere che fare per rimediare dovete prima sapere a cosa dovete rimediare>> spiegò Anima.

Ok, ma c'è l'avete appena detto, no? Uhm... beh, meglio non parlare.

<<Fatèsha... >> mi chiamò di nuovo Anima << ...tu devi imparare ad aspettare>> disse, scandendo bene le parole.

<<E tu, Alùs, devi aiutare tuo fratello in questo: il suo squilibrio causa il tuo, ricordalo>> proseguì Fato.

<<Lo ricorderò... >> disse mio fratello con voce timida.

<<Andate a seppellire vostra madre insieme a vostro padre, ora>> disse Anima.

<<E bruciate tutte le pelli che avete in casa... quando lo avrete fatto, prendete il denaro e dividetelo in parti uguali, un sacco per ognuno di voi>> continuò Fato.

<<Infine, lasciate casa e tornare da noi>> concluse Anima.

<<Lasciare la casa?>> chiese Alùs.

<<Sì... vivremo qui, al Tempio>> risposi io, guardando prima lui e poi Fato. <<Non l'hai capito, fatènne? Dobbiamo rinunciare a tutto: casa, averi, amici... e dedicare tutta la nostra vita al Tutto>>.

Il mezzo viso di Fato, per la prima volta da quando eravamo entrati, ci sorrise, all'unisono con il mezzo viso di Anima.

<<Sì, Fatèsha. Da questo in momento in poi voi studierete per prendere il posto degli attuali Principali. Quando sarete pronti, guiderete il popolo arcano al fine che non commetta i peccati di avarizia e superiorità che avete commesso voi... e gli Uomini delle Macchine>>.

Prologues of Arcani - FratelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora