Seppellimmo nostra madre accanto a nostro padre, nella foresta, e assieme a loro lasciammo in quel luogo una parte di noi; distruggemmo le pelli con il fuoco, e abbandonammo la casa in cui eravamo nati e cresciuti per trasferirci al Tempio, per prepararci a diventare i nuovi Principali.
Il Sommo Sacerdote ascoltò la nostra storia e ciò che ci era stato ordinato da Anima e Fato, assieme agli attuali Principali, Osha e Olùs.
Sapevo, dai libri che avevo letto, che era estremamente raro avere dei Principali che fossero di sesso diverso a guida del popolo arcano... c'erano stati pochissimi casi in tutta la storia arcana da quando questa era stata scritta.
Proprio i due Principali, come da tradizione, ci consegnarono i mantelli con il cappuccio: il bianco spettò a me ed il nero a Fatèsha.
Da quel giorno, il tempo ci giocò uno strano scherzo, iniziando a correre velocemente.
Quel giorno rimase inchiodato nelle nostre menti e tutto quel che io e mio fratello facemmo da alloro in avanti fu per porvi rimedio.
Ogni parola detta o appresa, ogni frase scritta o pensata, ogni azione compiuta o evitata.
Olùs mi insegnò tutto quel che dovevo sapere per diventare il Bianco arcano Principale: la storia del nostro popolo e quella del popolo della Città, l'arcano antico, quello attuale e la lingua degli Uomini delle Macchine. La medicina arcana ed i poteri legati ad essa dalla fede.
Sentire la voce della Madre era privilegio che spettava unicamente a me, così come la capacità di purificare oggetti e di esorcizzare luoghi e persone.
Fatèsha divenne un combattente senza uguali: Osha, usò il pungo di ferro con lui fin dal primo giorno.
Combattimento corpo a corpo, spada, lancia, arco e frecce, nuoto, corsa e arrampicata, anche senza fune.
In quei sette anni, mio fratello si ferì, contuse e fratturò praticamente ogni parte del corpo ed alcune cicatrici non abbandonarono più il suo torace e le sue tibie.Allo scoccare della mezzanotte che divideva il giorno del ventiduesimo compleanno di Fatèsha da quello del mio, lasciammo il Villaggio e ci dirigemmo al limitare della foresta: le cose era molto cambiate nel frattempo.
Nostra madre non era stata l'unica a pagare per i danni recati al Tutto da parte degli Uomini delle Macchine: altre persone erano morte avvelenate dall'aria o dall'acqua.
Quest'ultimo, orrendo, spettacolo, ci si era parato davanti quella mattina: l'acqua del nostro bacino di pesca era diventata nera come il mantello di mio fratello.
Avevo subito purificato l'acqua, ma nulla potevo fare per i pesci che, privi di vita e immangiabili, erano venuti a galla su un fianco.
I pescatori li avevano raccolti e bruciati.<<Ti rendi conto?>> disse a denti stretti Fatèsha con la sua voce che era diventata calda e possente. <<Non avremmo pesce per un anno, forse due>>.
Annuii silenziosamente, osservando le Mura delle Città, una altissima cinta di cemento che proteggeva gli abitanti della Città dalle creature che si erano scagliate contro, risvegliate dal Tutto per proteggerlo dalla minaccia nata dalla Lacrima di Sangue che il Cielo aveva pianto anni addietro: l'Alieno.
Quell'essere io lo potevo vedere nei miei sogni, grazie all'intercessione della Madre.
Occhi vermigli e senza pupille, lunghi capelli biondi, corpo piccolo e bluastro... niente che appartenesse al Tutto.<<Questo è l'inizio. L'Equilibrio inizia a rompersi>> dissi.
<<Non essere così tranquillo!>> mi rimproverò Fatèsha.
Mi girai ed iniziai ad incamminarmi verso la foresta. <<Non lo sono, fatènne. Parlo con la Madre, e lei non fa che ripetermi quanto questo sia inevitabile e... necessario>>.
<<Necessario?>>.
<<Le cose peggioreranno a breve... >>.
<< ...prima di migliorare?>> azzardò.
<<No, Fatèsha... ci siamo>>.
<<Cos-?>>. Silenzio. <<Alùs... non parli dell'Epilogo, vero?>>.
<<Uno dei due popoli verrà distrutto, per sempre>> risposi, ripetendo quanto mi diceva la Madre. <<Forse saranno gli Arcani o forse gli Uomini delle Macchine... non lo so>>.
<<Dobbiamo fermarli!>> gridò indignato. <<Radunerò tutti i Nero arcani che ci sono e chiameremo gli Espirit come contro la Regina Oscura e... >>.
<< ...e a quel punto saremmo certi che l'Epilogo sarà scritto!>> gridai di ramando, voltandomi per guardarlo negli occhi. <<Diamine, Fatèsha! Una guerra? Con cosa credi che si distruggano i popoli? L'Umanità è stata quasi annientata in quel decennio, te lo ricordi? Possiamo considerarci fortunati se l'Epilogo non fu scritto all'epoca, e tutti sappiamo bene che, se non è successo, è stato proprio grazie al fatto che gli Espirit si siano dissociati dalle faccende degli umani!>>.
Mio fratello chinò il capo. <<Quindi... aspettiamo e basta?>>.
<<"Si colpisce quando è il momento di colpire, mai prima">> dissi, citando Osha.
Mio fratello mi guardò duramente. Aveva pianto sulla tomba di Osha almeno quanto aveva pianto sulla tomba di nostra madre.
<<"Attacchiamo adesso o dopo potrebbe essere troppo tardi">> replicò, citando un'altra frase della sua maestra, più recente.
Schioccai la lingua tra i denti.
<<Fatèsha, con tutto il rispetto per Osha, ma lo sai come la penso: non mi piaceva affatto che incitasse alla guerra contro la Città, e negli ultimi tempi non pensava ad altro!>>.
<<Questo perché la Città ci ha portato via troppe cose e troppi affetti>>.
<<Uccidere chi abita nella Città non restituirà niente e nessuno, e ti ricordo che noi due siamo ancora sotto esame>> replicai, usando la frase con cui Olùs mi riportava sulla retta via tutte le volte in cui anche io, come Osha, venivo tentato dal desiderio di vendetta.
<<Io non voglio uccidere le persone, voglio la testa della Falsa Divinità!>> disse spavaldo.
<<Ma saranno le persone a perdere la vita per proteggere quella testa e... no, Fatèsha!>> dissi, alzando la mano per zittirlo prima che replicasse ancora. <<Se l'Epilogo verrà scritto, non sarà per colpa degli Arcani>>.
<<Alùs... >> disse, superandomi ed entrando nella foresta << ...ora sei tu a parlare come Osha e simili ed a non ricordarti una cosa importante: un tempo, eravamo tutti Arcani>>.
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Prologues of Arcani - Fratelli
Science FictionSulla Terra le porte della guerra sembrano essere sul punto di spalancarsi. Nella Città, gli Uomini delle Macchine iniziano a considerare l'Alieno venuto dal cielo come la manifestazione terrena della Madre, la dea la cui venuta è attesa da tutti, a...