1. Trovata dalle cose

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Io ho tantissime cose. Cose di ogni tipo, forma, dimensione.
Le porto con me quando vado in viaggio, alcune le infilo prima di uscire nella borsetta. Altre le lascio a casa e sono lì ad attendermi al mio ritorno.

In un certo senso, le cose sono la mia casa. Spesso la gente mi prende in giro per questo, ma io credo sia un gesto di cura verso se stessi avere tutto ciò che ci serve. Semplicemente, io non mi faccio mancare nulla.

"Ma dove stai andando con tutta questa roba?" mi sento chiedere spesso.

Quando devo partire per un viaggio è un dramma. Più che una valigia mi ci vorrebbe un baule. È così tutte le volte. Non riesco mai a decidermi su cosa portare e cosa no e va a finire che porto sempre tutto. O quasi.
Le persone pensano che io sia un'eterna indecisa, altri mi credono superficiale o materialista. Ma non è così. In realtà io ho un segreto.

È questo segreto il motivo per cui porto quante cose con me.
Innanzitutto, perché potrebbero servire. Ma, naturalmente, non è questo il segreto. E poi perché...
Io credo che le cose abbiano un'anima. Perciò, in realtà, non sono io a sceglierle ma non sono loro che chiamano me. Mi chiamano con una voce sottile e mi tirano, come un filo, verso di sé.

"Portaci con te" dicono.
Così non sono mai sola.

Molti anni fa, quando ero piccola, i miei familiari sono morti. Mia mamma, mio papà, mia sorella e mio fratello, uno dopo l'altro, si sono ammalati e sono morti. Non ricordo molto di quel periodo e non saprei raccontare bene come si svolsero i fatti. Il mio cervello ha chiuso tutto in un cassetto e ha gettato la chiave in fondo al mare. Forse è per questo che sono attratta dallo scorrere dell'acqua e amo stare per ore sulla riva del mare.

Quando tutti furono morti ricordo di aver pensato: "Che ne sarà di me?" In fondo, avevo solo sei anni. Poi mi guardai intorno.
Non ero sola. Voglio dire, è vero, non c'era nessuno, ma non era vero che non ci fosse niente. C'erano un sacco di cose, bastava dare un'occhiata.
Anche solo il tappeto, il tavolo, la sedia. Può sembrare stupido ma ai miei occhi era qualcosa di fondamentale: capivo che, anche se non avevo nessuno, non c'era il vuoto intorno a me.

Solo il respiro dei miei genitori non emetteva più alcun suono.
Le loro bocche non avrebbero più parlato né sorriso. Con i miei fratelli non avrei più litigato. Guardai nella stanza. Sentivo la carezza delle cose, una carezza molto strana. Cosa sarebbe successo ora? Sedetti per terra e aspettai il mio destino.

L'anima delle coseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora