Capitolo 3

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Chi era quel ragazzo? Perché mi fissava? Perché mi sembrava di non riuscire a distogliere lo sguardo da lui?

Cercavo di dare risposta a queste domande mentre me ne stavo stesa sul letto, con Stray Heart dei Green Day dentro le orecchie.

Avrete capito che non sono lui, vero? Piacere, io sono Bianca. Posso considerarmi piuttosto normale, se il vostro concetto di "normalità" contempla una ragazza nata da genitori londinesi che impreca in svedese praticamente da quando è nata. Seriamente: do un calcio allo spigolo di un mobile e ne tiro giù una, becco per sbaglio l'acqua calda nella doccia e ne arriva un'altra, e avanti all'infinito. I miei genitori hanno rinunciato da tempo a cercare di farmi smettere, soprattutto mia madre. Ricordo perfettamente una volta, avrò avuto più o meno sei anni, in cui ne ho sparata una particolarmente grossa e lei mi ha detto:-Bianca, tesoro, non si può andare avanti così. Una signorina per bene non dice le parolacce- e in quel momento mio nonno (svedese) è inciampato sul cavo del computer rovesciandosi il caffé bollente sui pantaloni e urlando una bestemmia che si è sentita per tutto il palazzo. A parte questo non ho nient'altro da dire su di me, se non una cosa: mi hanno detto che il giorno in cui sono nata, nello stesso reparto era venuto alla luce un altro bambino, nello stesso identico momento. Io non credo nel destino, ma porca miseria!

Tornando a quel ragazzo, chi accidenti era? E perché mi sembrava stranamente familiare?

Bah, chissenefrega, pensai. Allungai il braccio verso il cellulare e feci il numero di Dani. Rispose al terzo squillo, come sempre.

-Ehilà, cosetta! Che mi racconti?

Dani mi chiama "cosetta" da quando ci siamo conosciute. All'inizio mi dava un fastidio immane, ma ora ci ho fatto l'abitudine. D'altronde è questo che fanno le migliori amiche, giusto?

-Niente di che, mi chiedevo se ti andasse di fare un giro per i negozi.

-Certo! Dammi solo un attimo per sistemarmi e ci sono.


Poco dopo ci incontrammo davanti al cinema nell'angolo dell'incrocio che porta alla strada principale, o, come la chiamiamo noi, "la strada in cui vai quando non hai niente da fare tutto il giorno". Beh, quel giorno era venerdi, quindi andava più che bene. Alzai per un attimo lo sguardo dal cellulare e la vidi sventolare il braccio come una matta, i capelli azzurri scompigliati al vento.

-Eccoci qua! Andiamo?- mi chiese non appena mi raggiunse.

-Certo!- risposi sorridendo.

Io e Dani siamo compagne di classe, eppure ogni volta che ci vediamo sembra come se non ci incontrassimo da anni. Finimmo per girare tutti i negozi fino ad arrivare, alle sei di pomeriggio circa, in quello dove compro praticamente tutte le poche cose che indosso.

-Non smetterò mai di dirti quanto stai bene con quei capelli- mi disse mentre teneva in mano due grucce.

-Sei sicura? Guarda qui- presi in mano una ciocca di capelli per fargliela vedere -E' solo da una settimana che me li sono tagliati e ho già le doppie punte.

-Viva le doppie punte!- esclamò con le braccia in alto. Adoro il suo entusiasmo, tirerebbe su chiunque.

-Hai sentito la notizia alla tv?
Da circa vent'anni, per quanto ne so, sono sparite un bel po' di persone: è iniziata con un vecchietto ed è continuata fino ad ora. Mi pareva si chiamasse Trevor o roba del genere.
-Ah, sì, le due gemelle. E' strano, però: chissà chi c'è dietro a questa storia.
-Dici che non sia una caso?- chiesi stupita.
Lei si voltò a guardarmi. -Bianca, forse tu non ti rendi conto di avere una mente un po' troppo...innocente per questa età. E' ovvio che ci sia qualcuno dietro, è troppo sospetto. Vedrai- iniziò a gesticolare furiosamente -Prima o poi arriveranno a rapire tutta la popolazione presente in città e ci trasferiranno in un mondo parallelo al nostro!
Non potei fare a meno di scoppiare a ridere; un altro tratto fondamentale di Dani era la sua convinzione che ci fosse un complotto dietro qualunque cosa. Probabilmente guardava un po' troppi film.
-Quella non è la trama di "La profezia"?
-Non vuol dire che non possa avverarsi!- rispose infervorata -"La normalità porta alla tristezza", sai?
-Sì, sì, okay, ora possiamo tornare alla realtà, per favore?
Non che non ci credessi, capiamoci, ma avendo aspettato invano la mia lettera da Hogwarts per così tanto tempo iniziavo a chiedermi se ne valesse davvero la pena. Mi fece provare qualche centinaio di vestiti tra magliette, abiti eleganti e pantaloni e poi uscimmo dal negozio, lei piena di borse e io portando solo quella della libreria. Ci salutammo poco prima di dirigerci verso le nostre case. Ironia della sorte, abitiamo anche nella stessa strada, ma agli angoli opposti.

-Ci vediamo domani, okay?

-Sicuro- risposi.

Mentre mi avviavo sentii improvvisamente una presenza alle mie spalle. Non mi voltai subito per non destare sospetti, comunque andai un po' più veloce. I passi dietro di me accelerarono. Pochi secondi dopo stavo praticamente correndo verso l'ingresso, ma proprio quando ero sul punto di dirmi al sicuro una mano sulla mia spalla mi fece voltare di scatto. Vidi un uomo grasso di mezza età che mi fissava, un ghigno inquietante stampato sul viso.

-Dove te ne vai tutta sola, bella signorina? Vuoi che ti insegni la strada?

-No grazie- dissi cercando di divincolarmi. La sua presa si spostò sul mio gomito.

-Andiamo, non ti mordo mica, non aver paura.

-Mi lasci stare!- iniziai ad avere paura sul serio.

-Ora tu verrai con me- disse avvicinandosi a me tanto che potei sentire il suo alito. Sapeva di birra e sigarette.

Smisi di lottare per un attimo e quello che feci dopo mi sembrò quasi naturale. Lo guardai fisso negli occhi in modo serio. Dopo poco, la sua espressione cambiò.

-Non è possibile...ha funzionato- mormorò.

Io continuai a fissarlo, totalmente indifferente. Lui lasciò la presa dal mio braccio e scappò via.

Che è successo? Non ne avevo idea. Sospirai e riuscii finalmente ad entrare in casa. Quello che non sapevo, però, era che qualcun altro era lì quella notte, osservando la porta che si chiudeva dietro di me con sguardo torvo.

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