Capitolo 13

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Osservai impotente mentre il corpo di Noir crollava a terra. Lanciai un'occhiata a Marine: era terrorizzata quanto me.
-VAI!- senza perdere tempo, alzai il braccio e la liberai.

-Che fai, stupida ragazzina!- Victor cercò di sparare anche a me, ma io mi voltai di scatto e lo disarmai. La pistola volò oltre il tetto e sparì nel buio. L'uomo mi guardava con il labbro che tremava per la rabbia.

-Non importa, ti ucciderò a mani nude- strillò impazzito, gettandosi su di me.
-Sei un BUGIARDO!- usai di nuovo il guanto e lo scaraventai qualche metro più in là. Lui cercò di alzarsi, poi si bloccò: una grande ombra nera si stava allungando su di lui. Voltandosi vide un traliccio dell'alta tensione che precipitava per lungo verso di lui. Victor cercò di strisciare verso di me, ma era troppo tardi; il gigantesco palo gli crollò addosso, schiacciandolo e, giusto perché non era ancora abbastanza, folgorandolo. Rimasi lì a guardare per un po', poi mi voltai e vidi che Marine aveva sistemato Chad, che ora giaceva a terra svenuto e con delle grosse catene che lo bloccavano interamente. Un lamento lontano mi fece ricordare di Noir.

-Oddio no, no!- gridai precipitandomi verso di lui. Si stava tenendo la ferita cercando di bloccare il sangue; provai a farlo anch'io, anche se dubitavo che sarebbe servito a molto.

-Non ti preoccupare, adesso chiamiamo qualcuno- mi voltai verso la ragazza, disperata -Fa' qualcosa!

-Corro in ospedale a chiamare un elicottero- rispose, poi corse verso il bordo del tetto e si buttò di sotto. Io mi voltai di nuovo verso di lui.

-Starai bene, vedrai- più che dirlo lo stavo singhiozzando, e una parte di me non era neanche convinta che sarebbe andato effettivamente tutto bene. Lui mi mise una mano sulla guancia.

-Ecco perché stava armeggiando con l'orologio quando l'ho interrogato...Bianca, voglio che tu mi prometta una cosa- disse, facendo una gran fatica per rimanere sveglio -Voglio che tu ora vada di sotto, nel sotterraeo, e trovi la documentazione di questo posto. Una volta che l'avrai fatto salvala da qualche parte e vai via. La gente deve sapere quello che è successo.

-E tu come farai?- dissi piano.

-NON PENSARE A ME!- esclamò -Inoltre assicurati che tutti gli altri tornino a casa. Fallo per me.

-Lo farò- mi chinai verso di lui -E io voglio chiederti solo una cosa: quello che hai detto...Lo pensavi davvero?

Lui rimase in silenzio per un attimo. -Sì, e tu?

Esitai. Alla fine mi sforzai di sorridere. -Sì. Certo.

Lui ricambiò, poi gli si offuscò la vista e chiuse gli occhi. Io lo scossi, spaventata.

-Noir, no! Resta con me! Ti prego!

Ma Noir non mi rispose.







Non sentivo più dolore, non provavo assolutamente nulla. Ero in un luogo molto luminoso e una voce mi stava dicendo:"Andrà tutto bene adesso, devi solo lasciarti andare".

Io lo feci.




Stavo urlando. Avevo il viso rivolto verso il cielo e gridavo con tutte le mie forze.

-PERCHE'? PERCHE' E' DOVUTO SUCCEDERE TUTTO QUESTO??- chiedevo alle stelle, ma ovviamente quelle non potevano rispondermi. Guardai il viso di Noir; aveva gli occhi chiusi, si sarebbe detto che stesse dormendo. Solo io sapevo che non era così.

Ad un certo punto mi resi conto di una cosa: l'edificio era senza corrente! L'ambulanza non avrebbe mai potuto vederci lassù, anche se Marine li avesse guidati. Mi guardai la mano e decisi di usare il guanto un'ultima volta. Lo alzai verso il cielo. Sembrava la notte di San Lorenzo: piccole copie delle stelle scesero sulla terra e un centinaio di lampadine comparve ai bordi del tetto. Rimasi al fianco di Noir per molti interminabili minuti, finché non sentii un inconfondibile rumore di pale.

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