Capitolo 2

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Ecco, guardate: quella figura scura, seduta sul divano con le mani tra i capelli e l'aria stravolta, quello sono io. Dopo ciò che era successo in centrale tornai a casa più veloce che potei e, non appena arrivai, mi chiusi dentro e presi una bottiglia di birra dal frigo. Adesso ero lì, le dita in mezzo ai folti capelli neri come la notte più buia, gli occhi viola spalancati al massimo, una sola parola che mi rimbombava dentro la testa: perché?
Che diavolo era successo, là dentro? E perché era dovuto capitare proprio a me?
Avevo appena compiuto ventun'anni, sarebbe dovuta essere una bella serata, magari avrei potuto finalmente ottenere il numero di Beth, una delle mie colleghe più in gamba; avrei potuto passare la serata con lei, magari sarebbe nato qualcosa. E invece...
Diedi un pugno al tavolino di fronte a me all'improvviso. Restai così per qualche attimo, la mano che tremava, poi alzai lo sguardo verso il soffitto e gridai:-GRAZIE MILLE: E' IL COMPLEANNO PEGGIORE DI SEMPRE!
Sconsolato, andai in bagno a darmi una rinfrescata e mi buttai a letto.



Quella mattina decisi che avrei scoperto perché i miei poteri erano svaniti. Pensai che il primo posto in cui avrei cercato sarebbe stato l'Istituto Lincoln, l'università del paese. Permettetemi di spiegarvi il perché di questa mia scelta: quando sono nato, era accaduto qualcosa che i medici dell'epoca avevano definito "un evento straordinario e assolutamente fuori dal comune". Infatti, nella sala parto accanto a quella dove mia madre aveva partorito, era nata una bambina. Che c'è di strano?, direte voi. Avete ragione, ma aspettate di sapere il resto; quella bambina era nata nello stesso identico momento in cui ero nato io. E la cosa ancora più strana, da come mi hanno raccontato, è che la sua nascita era in anticipo di ben tre settimane. Il suo nome era Bianca Drake. Oh, a proposito, non mi sono ancora presentato: mi chiamo Noir Anderson. Nome strano, eh? Beh, sarà perché quando sono nato avevo già la testa coperta di capelli nerissimi, ma non importa. Torniamo alla nostra storia.

Mi diressi verso l'istituto con molta calma. Mi fermai il tempo necessario per vedere la gigantesca targa in ottone sulla facciata che annunciava "Istituto Universitario A. Lincoln", e più in basso, su uno striscione bianco, una scritta fatta con una bomboletta spray rossa che diceva "Iscrizioni aperte per la gara di scrittura creativa". Presi un bel respiro, come se anch'io fossi uno studente in procinto di entrare (non era vero, avevo lasciato la scuola l'anno prima), ed entrai. Il corridoio era ancora semi-deserto, ma all'inizio non ci diedi peso. Mi diressi verso la segreteria e mi fermai davanti a un'anziana signora dall'aria annoiata: aveva i capelli grigi, gli occhiali in punta di naso e rughe profonde che le segnavano il viso. Aveva in mano una copia della Settimana Enigmistica e stava risolvendo quello che, pensai poco dopo ridendo sotto i baffi, sembrava un cruciverba molto complicato.
-Salve, sono Noir Anderson. Sono della polizia- esordii.
Lei alzò lentamente lo sguardo su di me, guardandomi con sufficienza. -E allora?
-E allora, sono venuto qui per fare un controllo di sicurezza- dissi, sparando la prima cosa che mi venne in mente.
La signora continuò a fissarmi, uno sguardo a metà tra l'annoiato e il seccato.
-Non posso farla passare.
-Ah sì, e perché?
Si allungò verso di me. -Come faccio a sapere che non vuole imbrogliarmi? Potrebbe essere un approfittatore. Chi mi dice che in realtà non vuole rubare i dati degli studenti per diffonderli in maniera illegale?
Touché. Provai a fare l'unica cosa che mi sembrò opportuna: le misi una mano sulla fronte guardandola in modo truce.
Lei ricambiò il mio sguardo, disgustata. Mi concentrai sulla sua mente e dissi:-Ora tu mi farai entrare senza discutere.
La signora mantenne quell'espressione per un po', poi sgranò gli occhi. Sorrise.
-Ma certo, entri pure.
Beh, almeno questo potere mi è rimasto. -Grazie mille. Lei è davvero brava, sa? Dovrebbero darle un aumento.
-Aumento...-  rispose con tono assente e gli occhi sognanti.
Io le tolsi la mano dal viso e mi avviai verso il corridoio. In poco tempo si era riempito di decine e decine di studenti. Diedi una rapida occhiata, senza accorgermi di una ragazza che si stava avvicinando finché non mi venne addosso.
-Oh, scusa- dissi.
Lei si voltò a fissarmi. Io la guardai a mia volta, rendendomi conto poco dopo di non riuscire a distogliere lo sguardo. Pensai che fosse davvero bella: la pelle bianca come il latte, una piccola striscia di lentiggini sotto gli occhi e sul naso e gli occhi color verde chiaro. I suoi capelli arancioni erano lunghissimi da una parte, dall'altra erano stati accorciati con una macchinetta.
-Bianca, vieni!
Mi si gelò il sangue. Bianca?
Lei si voltò verso una ragazza dai capelli azzurri a caschetto e si allontanò con lei. Io ebbi giusto il tempo di vedere la piccola targa cucita sul suo zaino color beige.
"Bianca Drake"
Oh, Dio.
Rimasi lì impalato finché non sentii la campanella suonare, poi mi avviai verso la direzione in cui se ne era appena andata. Se devo scoprire cosa mi sia successo, forse lei è la persona più adatta ad aiutarmi.

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