Capitolo 7

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Lui cercò di insistere sul doverci sedere sul divano, ma io risposi di no. E poi non avevo la minima intenzione di svenire di nuovo.

-Allora, come prima cosa: perché mi hai chiesto quella cosa del 13 ottobre?

Il ragazzo mi guardò intensamente. Non sembrava avere fretta di concludere.

-Beh, quindi?- lo incalzai.

-Dovrò partire dall'inizio per arrivarci.

Prese un profondo respiro: il suo alito puzzava di fumo. Davvero tanto.

-Dunque, per prima cosa è giusto che tu sappia chi sia io: mi chiamo Noir Anderson, e sono un poliziotto.

-Fino a qui ci eravamo arrivati- lo interruppi beffarda.

-Niente interruzioni, altrimenti facciamo notte. Il motivo per cui ti ho seguita è a causa di uno strano legame tra di noi, che credo abbia a che fare con il 13 ottobre del 1995- a quel punto si interruppe, sembrava incerto se continuare o no.

-Che tipo di legame?

-Beh, io ho...- gesticolava, cercando di trovare le parole adatte -Cavolo, non so come spiegarlo per fartelo capire. Vabbé, insomma: io ho dei poteri paranormali.

Mi guardò, le mani ancora alzate. A quanto pareva aveva scelto la via più diretta. Non passò molto, comunque, prima che io scoppiassi a ridere.

-Sì, come no, e io sono Angelina Jolie!- dissi quando finalmente riuscii a trattenermi -Scusa, ma non ho tempo da perdere con queste cose. Seriamente, lascia perdere.

-E' la verità- rispose Noir con fermezza, anche se potei notare una punta di nervosismo nella sua voce -So cosa pensi: in questo momento una parte di te vorrebbe cacciarmi via a calci, ma l'altra spera davvero che tutto questo sia vero.

Esitai. -Questo non vuol dire niente- dissi duramente.

-Ah, no? E allora che mi dici di questo? Frequenti la facoltà di disegno artistico, per ora non hai intenzione di impegnarti seriamente perché ti piace la vita da single e vuoi spassartela con la tua migliore amica...Dani?- mi guardò con uno strano sorrisetto stampato sulle labbra. Raggelai.

-Ma il motivo non è solo questo: il fatto è che sei una fangirl e hai una cotta segreta per Benedict Cumberb...

-Va bene, può bastare!- gli agitai una mano davanti alla faccia per farlo smettere -Ti credo, ti credo.

-Bene. Comunque dicevo, il 13 ottobre, a quanto pare, siamo nati entrambi nello stesso momento (tu con qualche settimana di anticipo, ho sentito). Il caso ha voluto che proprio l'altroieri, alla mezzanotte dei nostri ventun'anni, la maggior parte dei miei poteri sia sparita.

-E tu pensi davvero che ora possa averli io?- mi indicai incredula.

Lui fece spallucce: "In fondo anche lui è giovane", pensai.

-Oltre a questa non penso esistano altre opzioni.

-Come fai a dirlo?- ripetei.

-Ho visto la scena con quel grassone qui ieri sera- si sporse verso di me -Che cosa hai provato quando l'hai guardato?

Ci pensai: effettivamente non ci avevo dato peso, ma avevo visto delle cose, dei...frammenti. Cominciai a mettere insieme i pezzi.

-Sì, ho visto...ricordi. Una ragazzina in un vicolo, mi pare.

Lui batté le mani. Il rumore si sparse per tutta la stanza.

-Lo sapevo! Bravissima.

Lo guardai. -E adesso?

-Vogliamo fare la prova del nove?

-Che vuol dire?

-Prova a leggere me.

Mi scostai. -Non posso.

-Sì che puoi, l'hai già fatto. Mi sembra strano che tu abbia questo potere, ma...ora non conta.

Mi concentrai, lo guardai dritto negli occhi e lo vidi: un bambino dai capelli neri come la notte piangeva mentre degli uomini mettevano fuori combattimento i suoi genitori. Li riempivano di lividi; la donna aveva cercato fino all'ultimo di tenersi stretto il piccolo, mentre l'uomo teneva testa agli intrusi. Alla fine li portarono via, prima la madre, poi con più fatica il padre. Il bambino urlava, piangeva...

Mi ripresi di colpo e lo guardai; non aveva battuto ciglio, eppure immaginai che quella fosse un'esperienza che toglieva dieci anni di vita.

-Mi dispiace- mormorai.

-Tu che c'entri? Ormai non fa più così male. Tuttavia- si portò le dita sulla fronte -Se chiudo gli occhi li sento ancora. Va avanti così all'infinito. Per questo sono diventato un poliziotto- tornò a guardarmi -Voglio scoprire chi sia stato e perché. Smascherare quella dannata organizzazione ed eliminarla una volta per tutte.

"Mi sembra giusto".

-Ho ragione di credere che siano loro i responsabili di ciò che è successo stamattina; immagino tu non voglia che una cosa del genere si ripeta. Se deciderai di collaborare, prometto che farò di tutto per proteggerti. Quando tutto sarà finito tornerai alla tua vita normale. Come sempre. Potrai anche laurearti in disegno artistico- Sorrise e io ridacchiai.

-Allora, ci stai?

Pensai a quello che avevo visto, alla sua espressione sconvolta. Volevo piangere. "Avrà avuto sei o sette anni, allora...". Gli allungai la mano e gliela strinsi. -Ci sto.

Ci guardammo per qualche attimo; poi, senza dire una parola, armeggiai un po' nella mia tasca e tirai fuori un anello con due piccole chiavi.

-Sapevo che le avresti avute- commentò Noir.

Io non dissi nulla. Girai un po', sganciai le manette e gliele passai. Lui si massaggiò il polso e si alzò.

-Grazie. Ora credo che...

-Dovresti tornare a casa.

-Già.

Silenzio.

-Grazie. Davvero- dissi, sinceramente grata.

-E' il mio lavoro, tutto qui. Bene, ora vado davvero- attraversò l'ingresso e aprì la porta.

-Noir?

-Sì?- si voltò.

-Somigli davvero tanto a Sherlock Holmes.

Mosse un passo verso di me. -Davvero?

-Davvero. Il modo in cui ragioni, l'atteggiamento, persino la sua arroganza- conclusi con un sorrisetto.

Lui non si scompose. -Sì, immagino di sembrarlo, sì.

-E somigli a Benedict Cumberbatch.

Inaspettatamete, lui rise. La sua dolce risata riempì l'ingresso e mi scaldò il cuore. Forse non era poi così arrogante, dopotutto.

-Beh, allora lo prendo come un complimento. Mi ero sempre reso conto di avere una fisionomia decisamente...particolare.

Stavolta fui io a ridacchiare. Il suo eneusiasmo si attenuò.

-Allora, arrivederci, Bianca.

-Arrivederci, Agente Anderson.

Lui scosse la testa, tornando a sorridere, e finalmente chiuse la porta. Mi alzai dal divano, andai verso la portafinestra e la aprii.

"Non ha raccolto la sua dannatissima sigaretta" pensai, lanciando un'occhiata alla pianta di girasoli lì vicino: i girasoli sono i miei fiori preferiti, perché sono gialli e allegri. Nel giardino c'erano anche una pianta di lavanda, delle rose, i non-ti-scordar-di-me (i preferiti di Dani) e un arancio. Il prato era sempre tagliato cortissimo, come piaceva a me. Presi l'oggetto incriminato con la punta delle dita, pregando che non avesse fatto danni, e rientrai in casa.

Il club segreto dei superpoteriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora